passaggio tratto dalla sentenza numero 27 del 13 gennaio 2015 pronunciata dalla Corte dei Conti Prima Sezione Centrale Di Appello
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alcuni importanti passaggi
non può sfuggire al Direttore Generale la violazione delle norme sull’evidenza pubblica, essendo egli il responsabile dell’andamento gestionale complessivo dell’Azienda di cui gli è stata affidata la direzione generale.
Se anche, alla base delle scelte dell’ASL di acquistare dalla ditta *, ci siano stati fatti corruttivi (per cui è stato promosso, dalla competente Procura penale, un giudizio a carico di tale S_, dipendente dell’ASL non chiamato nel presente giudizio), non poteva – non doveva – sfuggire al DG – e agli altri convenuti, odierni appellanti, ciascuno per le proprie competenze – l’illegittimità delle procedure adottate per procedere all’acquisto dei beni e servizi di cui si tratta. Anzi, i comportamenti, anche omissivi, possono maggiormente apprezzarsi nella loro qualità dannosa, in quanto il rispetto delle regole dell’evidenza pubblica avrebbe anche contribuito a frustrare l’attività corruttiva.
Quanto al Presidente del Collegio dei revisori dei conti (U__) la sua responsabilità non nasce dall’avere omesso controlli preventivi, non previsti dalla normativa, ma dal fatto di non avere mai rilevato che le delibere venivano assunte in violazione di legge e di normativa comunitaria.
La sentenza di primo grado ha ritenuto – correttamente – la violazione delle regole dell’evidenza pubblica. Sono le regole dettate per i contratti pubblici, i quali devono sottostare ad esse, a garanzia dell’interesse preminente alla legalità, all’imparzialità, al buon andamento, alla trasparenza, all’economicità, all’efficienza e all’efficacia dell’azione amministrativa.
Nel caso in esame esse sono state ampiamente violate con l’assunzione delle delibere per cui è la presente azione di responsabilità amministrativa. Non solo sono state violate le norme che prevedono l’espletamento di gare per l’appalto di forniture e servizi, al superamento di determinate soglie (importi di gara) e le soglie avrebbero imposto una gara a livello europeo, ma anche quelle sulla trattativa privata che, a parte i limiti da cui la procedura è circondata, richiede, comunque, almeno una gara informale sia pure con un limitato numero di imprese.
Neppure può ammettersi l’urgenza degli acquisti, come ben ha detto il primo Giudice, in un contesto in cui nessuno si era curato di una qualche programmazione degli interventi [pag.24 della sentenza], per tacere delle mendacità delle dichiarazioni più volte operate da funzionari e dirigenti, in merito all’effettuazione di ricerche di mercato di cui non esiste alcuna traccia.
Quanto alla valutazione delle prove, il primo Giudice ha spiegato che la valutazione del Giudicante non trova base fondamentale… nella perizia allegata dalla procedente Procura: tale relazione va valutata, al pari degli atti depositati dai convenuti (in particolare dalla perizia dell’ing. Manganelli), nella ricerca di tutti gli indizi utili a chiarire gli elementi di fatto dedotti nel presente giudizio. Quindi il Giudice territoriale spiega ch’egli ha tenuto conto di quanto poco sopra già riferito.
Si tratta di argomentazioni sufficienti, sorrette da logicità, congruenza e completezza.
sentenza integrale
PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 27 2015 RESPONSABILITA’ 13/01/2015
REPUBBLICA ITALIANA 27/2015 A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO,
LA CORTE DEI CONTI
PRIMA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
Composta dai Signori:
Dott. Martino COLELLA Presidente
Dott. Nicola LEONE Consigliere relatore
Dott. Mauro OREFICE Consigliere
Dott.ssa Rita LORETO Consigliere
Dott.ssa Emma ROSATI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi d’appello riuniti, in materia di responsabilità amministrativa, iscritti ai nn. 45908, 46003 e 46203 del registro di Segreteria, proposti, rispettivamente dai signori:
(45908) Giuseppe Maria Antonio A__, nato a Campofiorito il 23 settembre 1950, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Diddi, presso il quale è elettivamente domiciliato, in Roma, via della Scrofa, n. 14, giusta procura speciale in calce all’atto d’appello;
(46003) Anselmo C__, nato a Montefiascone (VT) il 19 gennaio 1957,
Alfredo Giglio T__, nato in Jugoslavia (EE) il 1° giugno 1942;
Andrea B__, nato a Roma il 7 aprile 1950, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Ettore Travarelli (cod. fisc, fax e pec in atto d’appello), ed elettivamente domiciliati presso lo stesso, in Roma, via Alberico II, n. 5, giusta procura in calce all’atto d’appello; appellanti
(46203), Claudio U__, nato a Viterbo il 15 ottobre 1959, rappresentato e difeso dall’avvocato Maurizio Giovanforte (cod. fisc., fax e pec in atto d’appello) e presso lo steso elettivamente domiciliato in Roma, via Tuscolana, n. 339, giusta procura speciale in calce all’atto d’appello incidentale; appellante incidentale e adesivo
CONTRO
Procuratore generale presso la Corte dei conti, con sede in Roma, Via Baiamonti n. 25 e Procuratore regionale rappresentante del Pubblico Ministero presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio appellato
nonché (appellanti C__, T__ e B__) nei confronti di:
Cisbani Bruno, Della Gatta Antonio, Caruso Claudio;
U__ Claudio;
A__ Giuseppe Antonio Maria;
nonché (appellante U__) nei confronti di:
Cisbani Bruno, Della Gatta Antonio, Caruso Claudio;
Anselmo C__, Alfredo Giglio T__ e Andrea B__;
A__ Giuseppe Antonio Maria;
Alessandro Compagnoni;
avverso
la sentenza n. 264/2013 del 14 marzo 2013 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio.
Visti la sentenza impugnata, gli atti d’appello, le memorie del Procuratore generale e gli atti e documenti tutti della causa;
uditi nella pubblica udienza del 6 novembre 2014 il relatore, consigliere Nicola Leone, gli avvocati Diddi per A__, Giacomo Augenti per delega verbale dell’avvocato Travarelli, per C__, B__ e T__; Giovanforte per U__ e il rappresentante del Pubblico Ministero, nella persona del Vice Procuratore generale dott.ssa Paola Briguori.
Ritenuto in
FATTO
Con la sentenza impugnata, gli odierni appellanti sono stati condannati al pagamento, rispettivamente, di euro 115.680,00 (A__), 96.240,00 (T__), 49.210,00 (B__), 49.210,00 (C__) e 2.400,00 (U__) per il danno arrecato all’ASL di Viterbo in relazione all’acquisizione di servizi e forniture informatiche.
Gli appellanti sono stati condannati al pagamento delle spese del giudizio.
Si dà atto che la sentenza della cui impugnazione si tratta ha assolto altro convenuto e per alcuni altri ha dichiarato la prescrizione del diritto dell’ASL al risarcimento del danno.
L’appellante iscritto al numero 45908 (A__), generalizzato in epigrafe, lamenta che la sentenza è ingiusta e propone i seguenti motivi d’appello.
1: Errata ricostruzione della posizione di responsabilità del Direttore Generale, nonché con riferimento: 2 al danno.
Conclusioni: assolvere Giuseppa Maria Antonio A__ dall’incolpazione a lui elevata; in subordine e previa acquisizione delle seguenti nuove prove che comunque si allegano [omissis] condannare il dott. … A__ al pagamento di una somma di denaro meramente simbolica tenuto conto del minimo contributo causale e psicologico dallo stesso fornito alla verificazione del danno.
Gli appellanti iscritti al numero 46003 (Chircotto, T__, B__), generalizzati in epigrafe, propongono motivi d’appello:
1. In ordine alla nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza dell’oggetto.
2. In ordine alla prescrizione dei diritti azionati.
3. In ordine alla violazione delle regole di evidenza pubblica in sede di affidamento di appalto.
4. In ordine alla valutazione dei mezzi di prova ed al difetto di motivazione della sentenza.
5. In ordine al danno alla concorrenza.
6. In ordine alla ripartizione del danno.
Conclusioni: voglia la Corte, in considerazione e accoglimento dei suesposti motivi, … riformare integralmente la sentenza impugnata n. 264/2013, resa inter partes nell’ambito del giudizio contraddistinto dal G. 72178/PCC… accogliendo le conclusioni rassegnate in primo grado…: “Voglia l’Ecc.ma Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per il Lazio, in considerazione ed accoglimento dei suesposti motivi, reiectis contrariis, rigettare tutte le domande ed eccezioni proposte dalla Procura in quanto infondate in fatto ed in diritto oltreché sfornite di prova” ed in particolare assolvendo tutti gli odierni appellanti.
L’appellante iscritto al numero 46203 (U__), generalizzato in epigrafe, propone i seguenti motivi d’appello.
Preliminarmente si puntualizza che il signor U__ ha depositato un atto denominato comparsa di costituzione e risposta con contestuale appello incidentale e contestuale appello incidentale adesivo ex art. 66 R.D. 1038/1933.
L’appellante – ripercorsa in fatto la vicenda processuale (pagg.1-3 del suo atto) – riferisce che in data 29 maggio 2013 gli veniva notificato, nel domicilio eletto, l’appello del dottor Giuseppa Maria Antonio A__ e in data 3 giugno 2013 gli veniva notificato l’atto d’appello dei signori C__, B__ e T__.
Questi ultimi spiegavano, con il loro atto d’appello, un’eccezione di prescrizione, già svolta in primo grado, che pretende di far retroagire, nel caso specifico, il dies a quo sulla decorrenza ad un periodo antecedente a quello indicato dalla Corte nella sentenza di prime cure.
A tale eccezione, in punto di diritto, l’odierno appellante-convenuto, sig., Claudio U__ ritiene di aderire con motivazione che sarà svolta nel presente atto.
La memoria dell’U__ continua (pag. 3): l’U__ ritiene di poter impugnare con il presente atto anche capi autonomi della sentenza n. 264/20913, il che appare coerente con la “logica” della disciplina dell’impugnazione incidentale così come interpretata dalla giurisprudenza che, sulla scia della nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 4640 del 1989, ritiene che l’appello incidentale non sia sottoposto a limiti oggettivi e sia quindi possibile contro qualsiasi capo della sentenza, anche autonomo rispetto a quello dell’impugnazione incidentale.
I motivi dell’appellante incidentale e adesivo vengono, qui di seguito, compendiati.
1. Assenza di eventus damni erariale.
2. Assenza di responsabilità del Presidente del Collegio di Revisione dei Conti sull’economicità ed opportunità dell’azione amministrativa. Applicabilità dell’Art. 2 D. lgs 286/1999.
3. Assenza di responsabilità in capo all’U__ e carenza di prova.
4. Prescrizione del presunto danno erariale.
Conclusioni: voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita: nel rito: 1. Acertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione del presunto danno erariale,…; Nel merito: 1 Accertare e dichiarare l’assenza di responsabilità del sig. Claudio U__ nel presunto e prodotto danno erariale contestato dal P.M. regionale con l’atto di citazione in primo grado e per l’effetto riformare la sentenza n. 264/2013 resa nell’ambito del giudizio contraddistinto al n.72178/PCC della Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio e per l’ulteriore effetto assolvere l’U__ per non aver causato alcun danno erariale. 2. Rigettare le domande proposte dal P.M. di primo grado in quanto infondate in fatto e in diritto e comunque non provate.
Il Procuratore generale si è costituito con memoria depositata il 17 ottobre 2014 con cui, riassunto il fatto, esaminati puntualmente i motivi d’appello, chiede, previa riunione in rito degli appelli, il rigetto dei gravami, la conferma della sentenza impugnata e la condanna alle spese del grado e, per gli appellanti C__ e B__, anche alle spese del giudizio camerale.
All’udienza pubblica odierna, l’avvocato Ditti per l’A_ richiama il processo penale che ha visto il coinvolgimento del dipendente S_, non evocato in questo giudizio. Si è ritenuto che il DG risponde più di tutti gli altri perché è al vertice dell’Azienda. Espone l’organizzazione dell’ASL; afferma non esser vero che la Pubblica Amministrazione debba sempre effettuare i suoi acquisti mediante procedure ad evidenza pubblica. Il DG era un medico, come può rispondere in materia di acquisti di materiali informatici. Non si comprende come si possa affermare che il DG, medico, che si occupa di altre cose, versi in colpa grave. La colpa grave, oltre tutto, non può concorrere con il fatto doloso altrui. Insiste per l’accoglimento dell’appello.
L’avvocato Augusti, precisa che il C__ non è mai stato funzionario responsabile del procedimento, in quanto non era dirigente. Per quanto riguarda la procedura negoziata, sarebbe stato onere del B__ che, al contrario del DG,, medico, era un esperto. Il contratto deriva da altro contratto precedente; la gara avrebbe comportato costi molto più elevati. Il Collegio sindacale nulla osservava sulla procedura di cui si tratta. In ogni caso, manca la colpa grave. Il quantum è stato determinato con riferimento alla perizia di CT della Procura ordinaria. I calcoli sono viziati e non si è tento conto che il contratto con la * era un contratto full risk, avente natura aleatoria.
L’avvocato Giovanforte, per l’U__ si riporta a quanto già detto dagli altri difensori e agli atti scritti. Il Presidente del Collegio dei revisori non ha una delega di funzioni. Nel caso di specie si trattava della continuazione di un contratto risalente al 2004. Richiama ancora la prescrizione.
Il rappresentante del Pubblico Ministero, vice Procuratore generale dottoressa Briguori richiama l’atto scritto e conferma le conclusioni ivi assunte.
Considerato in
DIRITTO
Gli appelli, per essere rivolti avverso la stessa sentenza, devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 cpc.
Gli appelli non meritano accoglimento e la sentenza impugnata deve essere confermata.
1. Il Collegio esamina preliminarmente il motivo d’appello riguardante la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza dell’oggetto (motivo d’appello proposto dagli appellanti iscritti al numero 46003).
La sentenza impugnata ha spiegato sinteticamente perché ha ritenuto l’insussistenza di tale motivo difensivo. L’atto di citazione spiega chiaramente quale sia l’addebito mosso ai convenuti in relazione alle loro rispettive posizione nell’ambito organizzativo dell’ASL.
Il danno discende dalla violazione delle norme sull’evidenza pubblica, (non versandosi in una delle ipotesi pur prevista dalla normativa sui contratti pubblici, in cui si può prescindere dalla gara: per esempio: esistenza di privative); la violazione anche delle norme che, a certe condizioni, ammettono il ricorso alla trattativa privata; l’atto di citazione indica quali sono le delibere la cui attuazione ha realizzato il danno; chi ha concorso all’assunzione delle delibere di cui si tratta; i criteri di determinazione del danno.
La Sezione territoriale ha ritenuto che i convenuti – odierni appellanti – fossero in grado di comprendere perché erano chiamati a giudizio e di difendersi adeguatamente.
Il Collegio, per quanto evidenziato, concorda con la decisione assunta sul punto dal primo Giudice e ritiene il motivo d’appello affatto infondato.
2. Il Collegio ritiene di dovere ora esaminare il motivo d’appello concernente la prescrizione, proposto dagli appellanti iscritti al numero 46003, nonché dall’appellante iscritto al n. 46203.
Per quanto riguarda quest’ultimo (U__) la sentenza ha già considerato maturata la prescrizione fino al 13 giugno 2006, essendo stata effettuata la costituzione in mora nei suoi confronti il 13 giungo 2011 e, quindi, gli ha imputato una quota di danno con riferimento ai pagamenti derivanti dalla deliberazione n. 417 del 6 marzo 2006: pagamenti successivi alla data del 13 giugno 2006.
La Sezione territoriale ha ritenuto – correttamente, secondo il Collegio e coerentemente con la giurisprudenza dl questa Corte – che non vi sia danno fino a quando non si verifica la diminuzione patrimoniale; diminuzione patrimoniale che, nel caso di specie, si verifica solo al momento del pagamento degli impegni assunti con le varie deliberazioni.
La difesa degli appellanti di cui all’atto n. 46003 sostiene che il primo Giudice ha male applicato le norme sulla prescrizione. Infatti, ai sensi dell’art. 2935 cc la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lega n. 20/1994, il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso ovvero, in caso di occultamento doloso del danno dalla data della sua scoperta.
La Sezione territoriale avrebbe ingiustamente spostato in avanti il termine iniziale del decorso della prescrizione, facendolo coincidere non con il momento del compimento della presunta condotta antidoverosa, ma con il momento del presunto depauperamento patrimoniale dell’amministrazione.
La difesa dell’appellante n. 46203, nei cui confronti la sentenza impugnata ha già fatto applicazione della prescrizione, ritiene che essa doveva essere applicata anche all’unico fatto contestato: il danno derivante dalla deliberazione n. 417 del 6 marzo 2006.
La norma di cui all’art. 2935 cc deve essere correttamente interpretata, alla luce anche di quanto deciso dalla SS.RR. di questa Corte con la sentenza n. 7/2000/QM secondo cui In caso di danno per erogazione di una somma di denaro la prescrizione inizia a decorrere dal pagamento e che, pertanto, nell’ipotesi di inquadramenti illegittimi del personale il danno si realizza con i singoli esborsi dei non dovuti aumenti stipendiali, soggetto ciascuno a un proprio termine prescrizionale.
Si tratta, d’altronde, della corretta applicazione della norma secondo cui, come espone la difesa degli appellanti, la prescrizione decorre solo dal momento in cui il diritto può essere fatto valere.
Il diritto fatto valere nel giudizio di responsabilità amministrativa è il diritto di un’amministrazione pubblica, danneggiata dal comportamento di soggetti ad essa legati (almeno) da rapporto di servizio, ad ottenere il risarcimento del danno. Se non c’è danno non c’è diritto che possa essere esercitato. Se c’è una delibera, ancorché illegittima (ma ben può essere legittima, il danno discendendo non dalla deliberazione, ma dalla sua attuazione), ma non vi è stato esborso di denaro, non vi è ancora danno azionabile; quindi, non corre neppure la prescrizione.
Sono queste le ragioni per cui le SS.RR., con la sentenza citata, hanno modificato un orientamento giurisprudenziale che, nella materia del danno derivante da inquadramenti illegittimi di personale, faceva decorrere la prescrizione dall’assunzione della delibera di inquadramento, e non dai singoli pagamenti.
Un’azione giudiziale perché è stata assunta una deliberazione potenzialmente dannosa – ma cui non ha fatto seguito alcun pagamento, alcun esborso – sarebbe facilmente paralizzata con l’eccezione ai sensi dell’art. 100 cpc.
Si tratta di concetti chiaramente esposti dalle Sezioni riunite di questa Corte nella sentenza n. 14/2011/QM che si trascrive.
L’esistenza di un’obbligazione risarcitoria e, quindi, di un debito costituente passività patrimoniale, non può dirsi che per la P.A. integri un danno certo ed attuale, tutelabile, quindi, in termine di azione di rivalsa o, rectius, di azione di responsabilità per danno indiretto, almeno
fino a quando tale obbligazione non trovi essa stessa concreta attuazione nel soddisfacimento del terzo e, quindi, nella destinazione di risorse finanziare pubbliche (elettivamente da considerarsi sempre acquisite e destinate al soddisfacimento di interessi ed esigenze pubbliche) a finalità di ristoro privato connesso, quest’ultimo, ad un comportamento illecito della P.A. medesima, sottraendole così alla loro naturale vocazione di perseguimento di un interesse pubblico.
Questo, ovviamente, per quanto riguarda l’obbligazione di pagamento tout court, poiché non può escludersi (ma l’ipotesi appare più calzante per i soggetti privati operanti sul mercato e la cui posizione patrimoniale
assume una valenza determinante nelle interrelazioni commerciali da essi intessute) che l’esistenza di una consistente posta debitoria nello stato patrimoniale possa, di per sé, essere causa di specifici ulteriori danni in termini di danno emergente (minore valore dell’impresa) e lucro cessante (contrazione del volume d’affari), laddove il mercato apprezzi con immediatezza e negatività la suddetta appostazione contabile.
Come già affermato da queste Sezioni Riunite, prima del pagamento, quindi, “vi è solo una situazione di danno potenziale, che proprio perché
tale, può anche non attualizzarsi” (sentenza n. 7/QM/2000), a dispetto
della attualità e concretezza dell’obbligazione risarcitoria.
Inoltre, il definire “evenienze”, peraltro “eventuali e sostanzialmente teoriche” (SS.RR. n. 3/QM/2003), quelle del non pagamento o della rinuncia da parte del creditore, non da contezza del perché dovrebbe ritenersi ammissibile un’azione di responsabilità nei confronti del presunto responsabile in assenza del materiale pagamento da parte della P.A. al terzo danneggiato, ponendo, così, in essere i presupposti (non solo teorici) di una situazione di oggettivo ingiustificato arricchimento dell’Amministrazione, ancorché il soggetto condannato abbia poi a disposizione idonei strumenti processuali per far valere innanzi al giudice civile tale situazione.
La soluzione alla quale queste Sezioni Riunite ritengono di dovere pervenire appare, peraltro, costituzionalmente orientata dall’art. 111 Cost. e dal principio del “giusto processo” ivi consacrato, nonché dai principi elaborati dalla giurisprudenza di Strasburgo e dall’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. (…) un soggetto deve essere sottoposto a processo, per quanto riguarda la giurisdizione di responsabilità amministrativa, solo quando si siano realizzate tutte le condizioni di certezza, concretezza ed attualità del danno, che sono gli elementi alla cui tutela è posto il presidio della giustizia contabile, poiché non si vede per quali ragioni un soggetto debba essere costretto a subire un processo ed una condanna per poi, eventualmente, doversi nuovamente rivolgere ad un altro giudice (e quindi “subire”, sia pure come parte attiva, un altro processo) per ricondurre il tutto alla situazione quo ante in ipotesi di constatato ingiustificato arricchimento.
Da tale iter argomentativo scaturisce che, per la regola generale dell’art. 2935 c.c. (richiamata nella sentenza n. 5/QM/2007 di queste Sezioni Riunite), la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere (cioè quando il danno è divenuto certo, concreto ed attuale) e che l’individuazione del dies a quo della prescrizione non può essere effettuata con riguardo al momento in cui è insorto il semplice obbligo giuridico di pagare, con l’ulteriore conseguenza che la diminuzione del patrimonio dell’ente danneggiato – nel che consiste l’evento dannoso – assume i caratteri della concretezza, attualità ed irreversibilità solo con l’effettivo pagamento.
Per quanto esposto e considerato che i signori C__, T__ e B__ furono costituito in mora anche nel 2009, il motivo deve essere respinto, avendo il Collegio di primo grado correttamente applicato le norme in materia.
3. Possono essere trattati congiuntamente gli altri motivi d’appello che riguardano tanto la violazione delle regole dell’evidenza pubblica, quanto la valutazione dei mezzi di prova e il danno alla concorrenza.
La sentenza di primo grado ha ritenuto – correttamente – la violazione delle regole dell’evidenza pubblica. Sono le regole dettate per i contratti pubblici, i quali devono sottostare ad esse, a garanzia dell’interesse preminente alla legalità, all’imparzialità, al buon andamento, alla trasparenza, all’economicità, all’efficienza e all’efficacia dell’azione amministrativa.
Nel caso in esame esse sono state ampiamente violate con l’assunzione delle delibere per cui è la presente azione di responsabilità amministrativa. Non solo sono state violate le norme che prevedono l’espletamento di gare per l’appalto di forniture e servizi, al superamento di determinate soglie (importi di gara) e le soglie avrebbero imposto una gara a livello europeo, ma anche quelle sulla trattativa privata che, a parte i limiti da cui la procedura è circondata, richiede, comunque, almeno una gara informale sia pure con un limitato numero di imprese.
Neppure può ammettersi l’urgenza degli acquisti, come ben ha detto il primo Giudice, in un contesto in cui nessuno si era curato di una qualche programmazione degli interventi [pag.24 della sentenza], per tacere delle mendacità delle dichiarazioni più volte operate da funzionari e dirigenti, in merito all’effettuazione di ricerche di mercato di cui non esiste alcuna traccia.
Quanto alla valutazione delle prove, il primo Giudice ha spiegato che la valutazione del Giudicante non trova base fondamentale… nella perizia allegata dalla procedente Procura: tale relazione va valutata, al pari degli atti depositati dai convenuti (in particolare dalla perizia dell’ing. Manganelli), nella ricerca di tutti gli indizi utili a chiarire gli elementi di fatto dedotti nel presente giudizio. Quindi il Giudice territoriale spiega ch’egli ha tenuto conto di quanto poco sopra già riferito.
Si tratta di argomentazioni sufficienti, sorrette da logicità, congruenza e completezza.
Quanto al danno alla concorrenza, esso, afferma il primo Giudice (e questo Collegio d’appello pienamente condivide) deriva dalla violazione delle norme sull’evidenza pubblica individuato nel vulnus alla concorrenza e al correlativo interesse pubblico alla più ampia partecipazione possibile all’attività dei provati nei procedimenti di contrattualistica pubblica.
Segue, poi, la quantificazione del danno alla concorrenza, secondo le indicazioni offerte dalla giurisprudenza della Corte.
Il Collegio vuole, preliminarmente, ricordare che la Corte di cassazione, con sentenza n. 11031/2008, ha statuito che “nel contratto di appalto pubblico l’omissione della gara prescritta dalla legge per l’individuazione del contraente privato – omissione cui deve equipararsi l’espletamento meramente apparente delle formalità previste dalla legge – comporta la nullità del contratto per contrasto con norme imperative, da individuarsi nel complesso della disciplina, nella specie individuata dalla l. n. 584 del 1977, l. n. 741 del 1981 e l. n. 14 del 1973”.
Il Collegio, ritiene, quindi, che, conformemente alla giurisprudenza consolidata della Corte (Prima Sezione centrale d’appello, sentenze nn. 1116, 871 e 535/2014; Terza Sezione centrale d’appello, sentenze nn. 494/2014, 786/2013), il Giudice territoriale ha correttamente applicato i principi che indicano nell’utile d’impresa, equitativamente determinato nel dieci per cento del valore dell’appalto, il danno di cui si tratta, calcolandolo sugli importi fatturati.
Per quanto esposto non sussiste la lamentata nullità della sentenza per omessa indicazione dei motivi su cui la decisione si fonda.
4. Il Collegio esamina ora il motivo d’appello concernente la posizione del direttore generale (A__), quanto quello riguardante la responsabilità del Presidente del Collegio dei revisori dei conti (U__). Quest’ultimo eccepisce anche in ordine all’insindacabilità delle scelte amministrative.
La difesa del direttore generale dell’ASL di Viterbo (dottor A_) contiene affermazioni quantomeno singolari.
Essa ricorda che il direttore generale (DG) è coadiuvato nell’esercizio delle proprie funzioni dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario; questi ultimi, oltre a partecipare unitamente al direttore generale, che ne ha la responsabilità, alla direzione dell’azienda, assumono diretto responsabilità delle funzioni attribuite allo loro competenza e concorrono, con la formulazione di proposte e pareri, alla formulazione delle decisioni del direttore generale.
La difesa poi ricorda che la struttura organizzativa dall’ASL prevedeva, oltre le due figure appena sopra ricordate, anche il dirigente dell’UOC approvvigionamento e logistica nonché il responsabile dell’U.O. Elaborazione dati, nelle persone dei signori B__ e S_.
Ancora, espone l’A_, il direttore amministrativo ha il compito di dirigere i servizi amministrativi e di fornire i pareri obbligatori sugli atti di competenza del direttore generale.
Non si poteva dire meglio in ordine alla responsabilità in capo al DG. Egli è coadiuvato, ottiene pareri (non certo vincolanti), ma si tratta di concorso di altri nella formulazione delle decisioni del direttore generale.
Nel caso di specie, si può affermare che, mentre il DG certo deve poter fare affidamento sulla bontà delle richieste che provengono dagli uffici e dei pareri intorno alle necessità di attrezzature informatiche resi dai responsabili delle unità organizzative attributarie delle funzioni di cui si tratta, non può sfuggire al DG la violazione delle norme sull’evidenza pubblica, essendo egli il responsabile dell’andamento gestionale complessivo dell’Azienda di cui gli è stata affidata la direzione generale.
L’articolo 3 del d. lgs. 502/1992 (richiamato anche dalla difesa del DG), recita: … 1-bis. In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità ‘giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione ed il funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato, nel rispetto dei principi e criteri previsti da disposizioni regionali….
… 1-quater. Sono organi dell’azienda il direttore generale, il collegio di direzione e il collegio sindacale. Il direttore generale adotta l’atto aziendale di cui al comma 1-bis; è responsabile della gestione complessiva…
Il comma 6, poi, dispone: Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell’unità sanitaria locale, sono riservati al direttore generale.
Al direttore generale compete in particolare, … verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa.
Non può sfuggire il significato della trasformazione delle ASL in Aziende operata dal d. lgs 502 (non a caso, anche struttura del bilancio è di tipo economico patrimoniale, anziché finanziario) e, quindi, la visione della figura del DG quale “manager” (quasi un imprenditore), che deve in particolare curarsi del risultato.
Ecco che, in siffatta situazione, affermare che il DG può non essere un esperto in materie giuridiche (ed anzi, vertendosi in materia di governo di un0’azienda sanitaria dovrebbe essere auspicabile che il direttore generale sia, come nella specie, un medico) se può essere astrattamente condivisibile, almeno nella parte in cui il DG può non essere un esperto in materie giuridiche, poiché tuttavia l’attività imprenditoriale e dell’azienda sanitaria si svolge in un mondo regolato da norme giuridiche, è essenziale che il DG non sia digiuno in materia e sia, almeno, in grado, di comprendere e conoscere le regole del mondo in cui opera, avvalendosi di esperti (quali il direttore amministrativo, quello sanitario e i dirigenti dei singoli settori di amministrazione; in siffatta situazione, l’affermazione che il dottor A_, in quanto medico, era a digiuno di conoscenze giuridiche vale affermazione di colpa grave, per avere l’A_ assunto consapevolmente il compimento di un’attività per la quale non possedeva la necessaria esperienza e preparazione.
Non a caso, l’articolo 3-bis del citato d.lgs. 502/1992 dispone (comma 3): La regione provvede alla nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, attingendo obbligatoriamente all’elenco regionale di idonei… Alla selezione si accede con il possesso di laurea magistrale e di adeguata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel campo delle strutture sanitarie o settennale negli altri settori, con autonomia gestionale e con diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, nonché di eventuali ulteriori requisiti stabiliti dalla regione…
comma 4: I direttori generali nominati devono produrre, entro diciotto mesi dalla nomina, il certificato di frequenza del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria.
Se anche, alla base delle scelte dell’ASL di acquistare dalla ditta *, ci siano stati fatti corruttivi (per cui è stato promosso, dalla competente Procura penale, un giudizio a carico di tale S_, dipendente dell’ASL non chiamato nel presente giudizio), non poteva – non doveva – sfuggire al DG – e agli altri convenuti, odierni appellanti, ciascuno per le proprie competenze – l’illegittimità delle procedure adottate per procedere all’acquisto dei beni e servizi di cui si tratta. Anzi, i comportamenti, anche omissivi, possono maggiormente apprezzarsi nella loro qualità dannosa, in quanto il rispetto delle regole dell’evidenza pubblica avrebbe anche contribuito a frustrare l’attività corruttiva.
Quanto al Presidente del Collegio dei revisori dei conti (U__) la sua responsabilità non nasce dall’avere omesso controlli preventivi, non previsti dalla normativa, ma dal fatto di non avere mai rilevato che le delibere venivano assunte in violazione di legge e di normativa comunitaria.
Il d.lsg. 502/1992 dispone che il Collegio dei revisori a) verifica l’amministrazione dell’azienda sotto il profilo economico; b) vigila sull’osservanza della legge; c) accerta la regolare tenuta della contabilità e la conformità del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, ed effettua periodicamente verifiche di cassa; d) riferisce almeno trimestralmente alla regione, anche su richiesta di quest’ultima, sui risultati del riscontro eseguito, denunciando immediatamente i fatti se vi è fondato sospetto di gravi irregolarità…
Il problema quindi non è che l’U__ non ha svolto non richiesti controlli preventivi, ma che non ha vigilato sull’amministrazione dell’azienda sotto il profilo economico e sull’osservanza delle leggi.
Quanto alla così detta insindacabilità delle scelte amministrative, la sentenza di primo grado ha ben spiegato perché il Giudice può, invece, a certe condizioni, sindacare il merito delle scelte amministrative, quando queste non sono funzionali ai fini e non sono ispirate a criteri di economicità ed efficacia e, in particolare, quando contrastano con il fondamentale principio di legittimità dell’azione amministrativa.
Si tratta di giudizio che il Collegio condivide pienamente ed è conforme alla giurisprudenza della Corte in materia di discrezionalità delle scelte amministrative. Ex multis, si possono vedere le sentenze di questa Sezione nn. 249, 174/2014; 670, 568, 376/2013.
5. Da ultimo, il Collegio esamina la problematica, sollevata dalle difese in ordine alla ripartizione del danno.
Supra (n. 3) il Collegio ha esaminato il problema della quantificazione del danno. Ora prende in esame la problematica della ripartizione del danno tra i diversi convenuti ed osserva, preliminarmente che, con estrema correttezza, il primo Giudice ha sottolineato che nella produzione dei pregiudizi erariali in questione concorrono altri soggetti che non risultano chiamati nell’odierno giudizio… La mancata chiamata in giudizio di alcuni soggetti e l’avverarsi della prescrizione nei confronti di altri… comporta la detrazione, dal quantum effettivamente risarcibile, delle quote astrattamente addossabili a tali soggetti.
La ripartizione degli addebiti, tenuto conto della personalità della responsabilità e della mancanza di addebiti a titolo di dolo, ha valutato -sia pure in via equitativa – l’apporto causale di ciascuno dei chiamati nella produzione del danno.
Motivatamente e con giudizio condiviso dal Collegio, la Sezione territoriale ha ritenuto che responsabilità maggiori debbano essere attribuite all’A_, nella sua qualità di DG, per il suo potere decisorio di ultima istanza e per l’adozione in prima persona delle delibere del 2006 e del 2007.
Per l’attribuzione della responsabilità agli altri dipendenti dell’ASL, la Sezione territoriale si riferisce alla documentazione in atti. In particolare, per il C__, il Collegio osserva che è smentita dalla delibera n. 417 la sua affermazione di non essere mai stato funzionario responsabile del procedimento: in tale veste la deliberazione è sottoscritta dal C__.
All’U__, proprio perché la sua qualifica lo fa giungere per ultimo all’esame delle deliberazioni, la Sezione ha attribuito la percentuale, invero assai modesta, del due per cento limitatamente alla deliberazione n. 417/2006, (avendo la Sezione territoriale ritenuto la prescrizione per poste di danno riferibili a deliberazione precedente).
Al difensore del T__ che si chiede quale sia la documentazione cui si riferisce la Sezione di primo grado, il Collegio ritiene di poter indicare gli atti allegati al fascicolo d’ufficio, dal quale risulta il concorso del T__ – di cui si può ricordare che era il direttore amministrativo dell’ASL – nell’assunzione delle deliberazioni produttive di danno erariale.
* * * * *
Per quanto esposto, riuniti i giudizi, gli appelli devono essere respinti e la sentenza impugnata deve essere quindi integralmente confermata; i convenuti devono essere condannati, in ragione della soccombenza, al pagamento delle spese di questa fase del giudizio, liquidate come in dispositivo. I signori C__ e B__ presentarono istanza di definizione agevolata, ai sensi dell’art. 1, commi 231-233 della legge 266/2005; con decreto n. 4/2014 della Sezione, depositato l’11 marzo 2014 l’istanza è stata respinta e, pertanto gli stessi devono anche pagare le spese della procedura camerale, conclusasi con il diniego del provvedimento richiesto. In conseguenza della soccombenza, le spese di difesa restano a carico degli appellanti.
P.Q.M.
la Corte dei conti
Prima Sezione giurisdizionale d’appello
definitivamente pronunciando, riuniti i giudizi iscritti ai nn. 45908, 46003 e 46203 avverso la sentenza n. 264/2012 della Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, ogni contraria eccezione disattesa, nel merito respinge gli appelli e per l’effetto conferma la sentenza impugnata. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, per tutti gli appellanti, in euro 176,00 (centosettantasei/00)
e per gli appellanti C__ e B__ si aggiungono le spese del procedimento camerale che si liquidano in euro 96,00 (novantasei/00).
Le spese di difesa restano a carico degli appellanti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 novembre 2014.
L’estensore Il Presidente
f.to Nicola Leone f.to Martino Colella
Depositata in Segreteria il 13 gennaio 2014
IL DIRIGENTE
f.to Dott. Massimo Biagi