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Risarcimento e penali_condanna risarcimento danno non generiche “opportune modalità esecutive”

Come più volte ha avuto modo di rilevare il Consiglio di Stato, risarcimento del danno e penalità di mora sono istituti connotati da struttura e funzioni diverse. 

Infatti, le c.d. astreintes, derivate da ordinamenti stranieri, rappresentano misure coercitive indirette a carattere pecuniario, con finalità sanzionatoria e non risarcitoria, nella misura in cui non sono finalizzate a riparare il pregiudizio cagionato dalla mancata esecuzione della sentenza, ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e a stimolare il debitore all’adempimento (cfr. per tutte sez. V, 20 dicembre 2011, n. 6688; C.G.A.R.S., 22 gennaio 2013, n. 26; in questa decisione si legge un dettagliato raffronto fra risarcimento del danno, pene private, sanzioni civili indirette, danni punitivi, che conclude inquadrando l’istituto disciplinato dall’articolo 114, comma 4, lett. e), c.p.a. tra le sanzioni civili indirette). 

Né può essere utilmente invocato, a sostegno della tesi dell’appellata, l’art. 112, comma 4, c.p.a., il quale, a prescindere dal suo contenuto normativo e dall’influsso che potrebbe spiegare sulla decisione della presente controversia, all’epoca della sentenza era stato abrogato dal decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195, con effetto dal successivo 8 dicembre. 

Segue da ciò che il T.A.R., nell’accordare il risarcimento del danno a fronte di una richiesta di una penale da maggior ritardo, ha pronunciato in difformità da quanto dispone l’art. 112 c.p.c., anche perché – diversamente da quanto assume la Società appellata – la condanna al risarcimento del danno non può certo ricondursi a quelle generiche “opportune modalità esecutive” evocate dalla Controinteressata nel proprio ricorso, in termini peraltro ben distinti da quelli relativi alla richiesta di penalità di mora. 

Se dunque il Tribunale territoriale ha ecceduto nel pronunciare una condanna che non gli era stata richiesta, per altro verso ha omesso di decidere sulla espressa richiesta di fissazione di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della precedente sentenza. 

Senonché, sotto tale riguardo, l’appello incidentale non può essere accolto. In quanto la penalità di mora ha una funzione sollecitatoria e nella fattispecie le Amministrazioni competenti risultano avere rilasciato la documentazione controversa, sussiste una evidente ragione ostativa a che il Collegio accolga (ora per allora) la richiesta della Società, con conseguente reiezione – ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), secondo inciso, c.p.a. – della relativa domanda. 

Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello principale è fondato: l’accoglimento che ne segue comporta l’annullamento in parte qua della sentenza impugnata. 

a cura di Sonia Lazzini 

passaggio tratto dalla decisione numero 4217 del  21 agosto  2013  pronunciata dal Consiglio di Stato

Sentenza integrale

N. 04217/2013REG.PROV.COLL.
N. 08130/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8130 del 2012, proposto da:
Agenzia delle Entrate, Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Controinteressata S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Valentina Guzzanti, Antonino Galletti, Francesco Giuliani, con domicilio eletto presso Antonino Galletti in Roma, via Lucrezio Caro, 63;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA sez. II n. 05617/2012, resa tra le parti, concernente condanna al risarcimento danni in sede di esecuzione sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA sez. II n.8820/2011 – pagamento somma per ritardo nell’esecuzione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Controinteressata S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 il Cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti l’Avvocato dello Stato Elefante e l’ Avv. Masini, per delega dell’Avv. Galletti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con sentenza 18 giugno 2012, n. 5617, il T.A.R. per il Lazio, sez. II, ha accolto il ricorso proposto dalla Controinteressata s.r.l. per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla precedente sentenza del medesimo T.A.R. n. 8820 del 2011.
Per l’effetto, ha ordinato all’Agenzia delle entrate e al Ministero dell’economia e delle finanze di esibire, anche mediante estrazione di copia e salva la corresponsione del costo di riproduzione, gli atti richiesti dalla ricorrente (in relazione all’istanza di accesso da questa a suo tempo presentata circa un procedimento di rogatoria internazionale), nominato un commissario ad acta e condannato le Amministrazioni al risarcimento del danno da ritardo, determinato equitativamente in euro 1.000.
Le Amministrazioni hanno interposto appello contro la sentenza, nella parte in cui le ha condannate al risarcimento del danno.
In primo luogo, la decisione violerebbe il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in quanto la Società, nel proprio ricorso in ottemperanza, si sarebbe limitata a chiedere il pagamento della penale per l’eventuale ulteriore ritardo (c.d. “astreintes”).
Nel merito, peraltro, sarebbero violati gli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2697 c.c.: la Società ricorrente non avrebbe dato dimostrazione, anzi neppure indizio, del danno sofferto, laddove anche il pregiudizio da puro ritardo postulerebbe la prova della lesione di un bene giuridicamente protetto diverso e ulteriore rispetto alla mera perdita del tempo.
La Controinteressata si è costituita in giudizio per resistere all’appello, sostenendo che il capo impugnato della sentenza di primo grado costituirebbe il riscontro alla domanda di determinazione delle “opportune modalità esecutive” richieste dalla Società stessa nel proprio ricorso. D’altronde, penale (ex art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.) e risarcimento del danno (ex art. 112, commi 4 e 5 c.p.a.) avrebbero la stessa natura risarcitoria. In definitiva il T.A.R. non avrebbe espressamente respinto la domanda di fissazione di una somma per ogni giorno di maggior ritardo, ma l’avrebbe implicitamente accolta sotto forma di domanda risarcitoria una tantum. Ne farebbe anche fede la circostanza che, se si fosse trattato di risarcimento in senso proprio, il processo avrebbe dovuto passare dalla camera di consiglio al rito ordinario, ai sensi dell’art. 112, comma 4, c.p.a.
In via subordinata, la Controinteressata propone appello incidentale, per non avere la sentenza impugnata pronunziato sulla specifica domanda proposta. A questo proposito, la Società afferma di aver potuto accede al documento solo a seguito della nomina del commissario ad acta. Chiede pertanto che le Amministrazioni siano condannate a pagare quanto dovuto in ragione del ritardo nell’adempimento dal 19 giugno al 9 ottobre 2012.
L’Agenzia delle entrate e il Ministero dell’economia e delle finanze hanno in seguito depositato una memoria di replica.
Alla camera di consiglio del 2 luglio 2013, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
L’appello delle Amministrazioni è fondato.
Come più volte ha avuto modo di rilevare il Consiglio di Stato, risarcimento del danno e penalità di mora sono istituti connotati da struttura e funzioni diverse.
Infatti, le c.d. astreintes, derivate da ordinamenti stranieri, rappresentano misure coercitive indirette a carattere pecuniario, con finalità sanzionatoria e non risarcitoria, nella misura in cui non sono finalizzate a riparare il pregiudizio cagionato dalla mancata esecuzione della sentenza, ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e a stimolare il debitore all’adempimento (cfr. per tutte sez. V, 20 dicembre 2011, n. 6688; C.G.A.R.S., 22 gennaio 2013, n. 26; in questa decisione si legge un dettagliato raffronto fra risarcimento del danno, pene private, sanzioni civili indirette, danni punitivi, che conclude inquadrando l’istituto disciplinato dall’articolo 114, comma 4, lett. e), c.p.a. tra le sanzioni civili indirette).
Né può essere utilmente invocato, a sostegno della tesi dell’appellata, l’art. 112, comma 4, c.p.a., il quale, a prescindere dal suo contenuto normativo e dall’influsso che potrebbe spiegare sulla decisione della presente controversia, all’epoca della sentenza era stato abrogato dal decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 195, con effetto dal successivo 8 dicembre.
Segue da ciò che il T.A.R., nell’accordare il risarcimento del danno a fronte di una richiesta di una penale da maggior ritardo, ha pronunciato in difformità da quanto dispone l’art. 112 c.p.c., anche perché – diversamente da quanto assume la Società appellata – la condanna al risarcimento del danno non può certo ricondursi a quelle generiche “opportune modalità esecutive” evocate dalla Controinteressata nel proprio ricorso, in termini peraltro ben distinti da quelli relativi alla richiesta di penalità di mora.
Se dunque il Tribunale territoriale ha ecceduto nel pronunciare una condanna che non gli era stata richiesta, per altro verso ha omesso di decidere sulla espressa richiesta di fissazione di una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della precedente sentenza.
Senonché, sotto tale riguardo, l’appello incidentale non può essere accolto. In quanto la penalità di mora ha una funzione sollecitatoria e nella fattispecie le Amministrazioni competenti risultano avere rilasciato la documentazione controversa, sussiste una evidente ragione ostativa a che il Collegio accolga (ora per allora) la richiesta della Società, con conseguente reiezione – ai sensi dell’art. 114, comma 4, lett. e), secondo inciso, c.p.a. – della relativa domanda.
Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello principale è fondato: l’accoglimento che ne segue comporta l’annullamento in parte qua della sentenza impugnata.
L’appello incidentale, infondato, deve essere respinto.
Apprezzate le circostanze, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello principale e respinge l’appello incidentale; per l’effetto, annulla in parte qua la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione.
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/08/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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