passaggio tratto dalla sentenza numero 341 del 5 febbraio 2013 pronunciata dal Tar Lombardia,Milano
Sentenza integrale
N. 00341/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01081/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1081 del 2011, proposto da:
Ricorrente Spa e Ricorrente 2 Srl, rappresentate e difese dagli avv. Liberto Losa, Fiorella Losa, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Aurelio Saffi n. 10;
contro
Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Rita Surano, Maria Teresa Maffey, Danilo Parvopasso, con domicilio eletto in Milano, via Andreani n. 10;
nei confronti di
Controinteressata Spa, non costituita;
per la condanna
del comune di Milano al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittimità, accertata in sede giurisdizionale, dei provvedimenti concernenti l’aggiudicazione ad Controinteressata S.p.a., della procedura indetta per la fornitura, installazione, allacciamento ai servizi pubblici, gestione e manutenzione di servizi igienici automatizzati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2013 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso le società istanti hanno chiesto la condanna del comune di Milano al risarcimento del danno subito in conseguenza dell’illegittimità degli atti relativi ad una gara di appalto svoltasi nel 2002 per l’aggiudicazione a trattativa privata della fornitura, installazione, allacciamento ai servizi pubblici, gestione e manutenzione di servizi igienici automatizzati, provvedimenti dei quali prima questo Tribunale (per due volte, con sentenze nn. 7227/2001 e 6230/2009 della terza sezione, di cui la seconda emessa in seguito alla parziale rinnovazione della procedura e di un nuovo ricorso giurisdizionale) e poi il giudice di appello (Cons. Stato, sez. V, n. 8623/2010), avevano statuito l’illegittimità in considerazione della predeterminazione da parte della commissione giudicatrice dei sub-criteri di valutazione delle offerte con i relativi sub-punteggi in una fase successiva a quella di apertura delle offerte.
In particolare, parte ricorrente, premettendo di essersi posizionata seconda in graduatoria su tre concorrenti, assume di aver perso l’aggiudicazione della procedura concorsuale, o, almeno, una rilevante possibilità di aggiudicazione, in virtù delle illegittimità compiute dall’amministrazione, chiedendo, per tali motivi, oltre che per la sussistenza di tutti i presupposti della responsabilità extracontrattuale in capo al comune di Milano (antigiuridicità della condotta della stazione appaltante, elemento soggettivo – sebbene non più necessario in relazione ai recenti pronunciamenti della Corte di Giustizia – e nesso di causalità tra condotta antigiuridica ed evento lesivo) la condanna del medesimo al risarcimento del danno per equivalente, nelle singole componenti del danno emergente, del lucro cessante e del danno curriculare, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi dal dovuto al saldo.
Parte ricorrente non avrebbe, infatti, potuto ottenere l’esecuzione in forma specifica, in considerazione dell’immediato avvio dell’esecuzione della fornitura da parte di Controinteressata, prima ancora della stipula del contratto, avvenuta il 10 maggio 2002 (di ciò questo Tribunale dava atto con l’ordinanza n. 801/2002 del 22 aprile 2002, a motivo del rigetto dell’istanza cautelare).
Si è costituito il Comune intimato, che ha chiesto la reiezione del ricorso per infondatezza nel merito, contestando la pretesa risarcitoria in relazione alla mancata sussistenza del diritto all’aggiudicazione della gara da parte delle ricorrenti e, comunque, alla mancata prova dell’effettivo pregiudizio economico subito e della quantificazione del medesimo.
Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.
All’udienza pubblica del 23 gennaio 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato, essendo configurabili nella fattispecie all’esame del collegio tutte le componenti dell’illecito extracontrattuale della pubblica amministrazione nei seguenti termini.
Riguardo all’elemento soggettivo, con sentenza in data 30 settembre 2010, C-314/09, la Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che la vigente normativa europea che regola le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi non consente che il diritto ad ottenere il risarcimento del danno da un’amministrazione pubblica che abbia violato le norme sulla disciplina degli appalti sia subordinato al carattere colpevole di tale violazione.
Di conseguenza, al fine della configurabilità della risarcibilità dei danni per equivalente in materia di appalti pubblici, si può prescindere dall’accertamento della sussistenza della colpa (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 31 gennaio 2012, n. 482; sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686).
Con riferimento all’antigiuridicità, l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione è stata accertata prima da questo Tribunale e, successivamente, dal giudice di appello, che, con le decisioni citate in fatto, hanno disposto l’annullamento dei provvedimenti concernenti l’aggiudicazione della gara in questione in relazione alla predeterminazione da parte della commissione giudicatrice dei sub-criteri di valutazione delle offerte con i relativi sub-punteggi in una fase successiva a quella di apertura delle offerte e della conseguente violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa.
Dalle premesse descritte in fatto si desume, inoltre, che tale comportamento antigiuridico della stazione appaltante ha certamente costituito la causa della lesione subita dalle ricorrenti, consistente nella perdita in capo alle medesime della possibilità di aggiudicarsi la gara.
La perdita di chance si configura, infatti, quale possibilità di conseguire un risultato favorevole, non potendo considerarsi risarcibile ex se, quale entità patrimoniale a sé stante, ma dovendo essere caratterizzata da un quid pluris che la differenzi e la qualifichi rispetto alla posizione di chi possa vantare una mera aspettativa di fatto non giuridicamente apprezzabile. In particolare, la chance meritevole di riconoscimento presuppone che risulti concretamente provata la perdita della possibilità di conseguire un risultato utile e, nella specie, vertendosi in tema di responsabilità extracontrattuale, l’onere della prova incombe sul danneggiato.
Ed invero, la discrezionalità amministrativa elimina nella maggior parte dei casi la possibilità di compiere un giudizio prognostico in termini di preciso calcolo percentuale, ma non esclude di poter riconoscere una perdita di chance, sulla base del grado di approssimazione al bene della vita raggiunto dal ricorrente (cfr. TAR Campania, sez. VIII, 19 dicembre 2012, n. 5254), come nel caso di specie, in cui le società istanti, posizionatesi seconde in graduatoria su tre concorrenti, hanno dimostrato certamente la perdita della possibilità di conseguire l’aggiudicazione della procedura concorsuale in questione.
Con riferimento, infine, al concreto profilo della quantificazione del danno, la somma da liquidarsi deve comporsi di una percentuale del mancato utile conseguito dalle ricorrenti, che non hanno potuto godere della possibilità di aggiudicarsi la gara, e che, in relazione al numero dei partecipanti (tre), si ritiene di quantificare in un terzo del medesimo mancato utile.
Ed invero, in sede di determinazione del quantum risarcitorio, esclusa la pretesa di ottenere l’equivalente del 10% dell’importo a base d’asta, non essendo oggetto di applicazione automatica e indifferenziata, è necessaria la prova, a carico dell’impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell’appalto, prova desumibile in primis dall’esibizione dell’offerta economica presentata al seggio di gara; tale principio trova, infatti, conferma nell’art. 124 del codice del processo amministrativo che, nel rito degli appalti, prevede il risarcimento del danno subito e provato.
Occorre, quindi, verificare se parte ricorrente abbia o meno rispettato il principio basilare sancito dall’art. 2697 c.c., secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda: come noto, il diritto entra nel processo attraverso le prove, che devono avere ad oggetto circostanze di fatto precise, e si debbono disattendere le domande risarcitorie formulate in maniera del tutto generica, senza alcuna allegazione degli elementi presupposti.
Il Collegio ritiene, dunque, di sciogliere positivamente il quesito, poiché gli elementi prodotti in giudizio sono sufficienti ad emettere una pronuncia che statuisca sul quantum spettante a titolo di riparazione pecuniaria, ai fini della formulazione della proposta risarcitoria da parte del Comune e l’eventuale raggiungimento di un accordo con la ricorrente ex art. 34, comma 4, c.p.a. (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686).
In particolare, la stazione appaltante dovrà:
– attenersi all’offerta economica presentata dall’appellante in sede di gara;
– valorizzare l’elaborato contenente le giustificazioni delle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo esibito;
– determinare il margine di guadagno che residua dopo l’applicazione del ribasso indicato in sede di gara;
– determinare la percentuale di un terzo del suddetto margine di guadagno, in relazione al numero di offerte presentate.
Non si ritiene, invece, che possano entrare a far parte delle componenti della somma da risarcire nè le spese sostenute per la partecipazione alla procedura concorsuale, né il cosiddetto danno curriculare.
Con riferimento alle prime, il collegio si riporta alla costante giurisprudenza in base alla quale, nella somma liquidata a titolo di risarcimento dell’utile di impresa perduto, è già ricompresa la remunerazione del capitale impiegato per la partecipazione alla gara; in tal modo si evitano, infatti, ingiustificate locupletazioni derivanti dalla duplicazione della medesima posta di danno. Del resto, l’impresa che risulti vincitrice di una gara ed esegua il contratto, non potrebbe mai ottenere il rimborso dei costi sostenuti per la partecipazione alla gara medesima (cfr., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2008, n. 2967).
Riguardo al danno curriculare, parte ricorrente non ha dimostrato di essere stata nell’impossibilità di utilizzare, durante il tempo di esecuzione del servizio per cui è giudizio, mezzi e maestranze per l’espletamento di altri e diversi servizi. E’ da ritenere ragionevole, dunque, che, in conseguenza della mancata aggiudicazione della procedura concorsuale di specie, le società ricorrenti abbiano partecipato ad altre gare, conseguendone il corrispondente arricchimento del curriculum professionale.
Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va accolto, sussistendo l’obbligo del Comune intimato di risarcire a parte ricorrente la somma che sarà determinata con i suddetti criteri, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., oltre a rivalutazione monetaria da calcolarsi dal momento dell’illegittima aggiudicazione fino alla presente decisione ed agli interessi per il periodo successivo, fino al saldo.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, come in motivazione.
Condanna il comune di Milano alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti di parte ricorrente, che si liquidano in euro 3.000, compresi gli oneri di legge, oltre al rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Elena Quadri, Consigliere, Estensore
Maurizio Santise, Referendario
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)