Pagamento a semplice richiesta scritta: è sufficiente la semplice richiesta dal comune al fideiussore per ottenere il pagamento
ove una società, per il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di un impianto industriale abbia corrisposto la metà del contributo dovuto per oneri di urbanizzazione, mentre la parte residua sia stata rateizzata in due anni e sia stata consegnata al comune una fideiussione con espressa rinuncia al “beneficium excussionis” e l’obbligo del fideiussore di versare quanto richiesto in termini brevi previo semplice avviso, sussiste una obbligazione di garanzia del tutto autonoma rispetto al rapporto creditore-debitore principale; pertanto, è sufficiente la semplice richiesta dal comune al fideiussore per ottenere il pagamento, con la conseguenza che l’inerzia del comune va interpretata, in caso di controversia sul punto dell’applicabilità dell’art. 3 legge n. 47 del 1985, quale volontà da parte del comune di rinunziare alla clausola predetta e la successiva pretesa da parte dell’amministrazione degli interessi per ritardato pagamento costituisce violazione dei doveri di correttezza cui è tenuto il creditore per rendere meno gravosa la posizione del debitore nell’adempiere ad un’obbligazione”
Nella specie, come da delibera di Giunta n. 748 dell’1.9.1992, il Comune ha accettato la garanzia fideiussoria assicurativa, ma ha ritenuto di non escutere il garante e, quindi, non può essere sanzionato un inadempimento non imputabile all’obbligato, bensì al comportamento proprio tenuto in vicenda dall’amministrazione.
a cura di Sonia Lazzini
riportiamo qui di seguito la decisione numero 1357 del 2 marzo 2011 pronunciata dal Consiglio di Stato
Sentenza integrale
N. 01357/2011REG.PROV.COLL.
N. 06294/2007 06294/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6294 del 2007, proposto dalla società Ricorrente II s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Cocco, Roberto Invernizzi, Cesare Ribolzi e Maria Alessandra Sandulli, con domicilio eletto presso Maria Alessandra Sandulli in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 349;
contro
Comune di Rescaldina, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Mariotti e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14, scala A/4;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO: SEZIONE II n. 01780/2007 01780/2007 , resa tra le parti, concernente SANZIONE PECUNIARIA PER RITARDATO PAGAMENTO CONTRIBUTO CONCESSORIO.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 novembre 2010 il Cons. Vito Carella e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Cocco, Giovanni Mariotti e Gabriele Pafundi;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- In primo grado, la società odierna appellante ha impugnato l’ingiunzione datata 3 agosto 1995 (prot. n. 10136), con la quale il Sindaco del Comune di Rescaldina ha intimato ad essa ricorrente il pagamento della somma di £. 626.118.740 quale sanzione pecuniaria pari al 20% del debito complessivo (£ 3.130.593.700), applicata a’ termini dell’art. 3, comma 2, lett. a), della legge 28 febbraio 1985 n. 47, per il ritardato pagamento della 2^ rata del contributo oneroso relativo alla concessione edilizia n. 298/91, in scadenza il 2 luglio 1995, ma pagata il successivo 26 luglio, ancorché con valuta fissa al 30 giugno 1995.
L’adito Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, con la gravata sentenza, disattese le doglianze relative alla notifica dell’ingiunzione, ha accolto il ricorso proposto dalla società interessata quanto all’applicazione della sanzione pecuniaria anche sugli interessi legali, anziché sul solo importo capitale del rateo, mentre lo ha respinto relativamente agli altri motivi di censura, con condanna alle spese, come svolgendo le considerazioni come appresso riassunte: il pagamento effettuato il 21 (o il 26) luglio 1995 (ancorché con valuta retroattiva al 30.6.1995) era stato tardivo rispetto alla scadenza del termine stabilito per il pagamento, scadenza al cui verificarsi il debitore sarebbe in mora senza necessità di intimazione o richiesta scritta (art. 1219, secondo comma, cod. civ.); sussistevano pertanto i presupposti per l’applicazione dell’art. 3 della legge 28 febbraio 1985 n. 4; non era fondato il richiamo alla delibera consiliare 18 marzo 1978 n. 78, prevedente un previo “invito scritto con assegnazione di un termine non superiore a 10 giorni… in caso di inadempienza da parte del concessionario”, in quanto si versava, secondo il TAR, in ipotesi di sollecitazione ultimativa a debitore già inadempiente; non rilevava né il pagamento effettuato con valuta retrodatata, nè la determinazione sindacale 19 luglio 1995, intestata “saldo contributo oneri del costo di costruzione”, perché essa si configurava come atto meramente ricognitivo della pregressa obbligazione, i cui elementi essenziali (importo e termine di pagamento) erano già individuati in precedenza e dovevano perciò ritenersi noti dalla società debitrice; erano inammissibili (in quanto introdotti con memoria non notificata) ed infondati i profili di doglianza relativi: a) al termine di computo della ultimazione dei lavori (dal rilascio del titolo e non dall’inizio effettivo di essi); b) alla mancata attivazione da parte del Comune della polizza fideiussoria a garanzia del pagamento (che potrebbe incidere solo sull’aumento di ulteriori oneri concessori, non anche sull’applicazione della sanzione pari al 20%); c) alla mancanza di una disciplina comunale per gli interessi nel caso di rateizzazione del contributo (vigendo il normale principio di fecondità del denaro).
2.- Con il gravame in esame, ulteriormente illustrato da numerose successive memorie, l’appellante, precisato che la natura della controversia rientrerebbe nell’ambito della giurisdizione esclusiva, come previsto dall’art. 16 della legge n. 10 del 1977, e contestata la condanna alle spese, tramite due ordini di motivi a loro volta articolati rispettivamente in quattro ed otto censure, ha chiesto la riforma della sentenza impugnata e l’integrale accoglimento del ricorso di primo grado, denunziando la non corretta applicazione dei principi e delle norme che regolano la fattispecie, nonché l’erroneo apprezzamento come “motivi nuovi” delle ulteriori motivazioni addotte.
Il Comune di Rescaldina si è costituito in giudizio per resistere, con la memoria insistendo sulla tardività degli ulteriori fatti costitutivi del diritto fatto valere dalla società ricorrente e contrastando gli altri motivi di appello, il quale sarebbe da rigettare perché inammissibile, improponibile e comunque infondato in fatto ed in diritto.
3.- L’appello è fondato e la sentenza merita di essere riformata.
In linea preliminare, va disattesa l’eccezione riproposta dal Comune di Rescaldina circa il contenuto della memoria depositata dalla società ricorrente in primo grado, sotto la data del 30 marzo 2007, come introducente “motivi nuovi” e, di conseguenza, non vanno condivise le conclusioni sul punto cui sono pervenuti i primi giudici.
Al riguardo, giova considerare che la questione controversa attiene a sanzione pecuniaria irrogata per ritardato pagamento della 2^ rata del contributo relativo a concessione edilizia assentita, avverso la quale sanzione la società ricorrente ne ha addotto l’illegittimità sostanziale per avere il Comune irrogato la stessa senza preventivamente trasmettere l’invito di pagamento previsto dalla delibera consiliare 18 marzo 1978 n. 78, che stabilisce termini e modalità di versamento del contributo afferente al costo di costruzione.
I nuovi profili di illegittimità dedotti contro l’ingiunzione consistono nelle censure seguenti: a) il termine di ultimazione dei lavori, fissato dall’art. 4, comma quarto, della legge n. 10 del 1977 in misura non superiore a tre anni, decorrerebbe dall’inizio effettivo dei lavori, e non dal rilascio (o dalla comunicazione di rilascio) della concessione edilizia; b) il Comune avrebbe potuto attivare immediatamente la polizza fideiussoria rilasciata a garanzia del pagamento, ottenendo quanto di sua spettanza senza aggravare la posizione della debitrice; c) la rateizzazione del contributo non doveva essere subordinata al pagamento di interessi, non previsti dalla disciplina comunale della materia.
Orbene, secondo Cassazione Civile (sez. II, 28 marzo 2007, n. 7579) si ha “mutatio libelli” quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un “petitum” diverso e più ampio oppure una “causa petendi” fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice “emendatio” quando si incida sulla “causa petendi”, sicché risulti modificata soltanto l’interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul “petitum”, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere.
Nella specie, è evidente come gli asseriti “motivi nuovi” consistano in semplici specificazioni della domanda iniziale volta all’accertamento della mancanza dei presupposti ai fini dell’applicazione della sanzione pecuniaria per il ritenuto ritardato pagamento, senza introdurre un nuovo tema d’indagine e restando immutato il fatto costitutivo iniziale.
4.- Nel merito, le questioni controverse possono essere trattate congiuntamente secondo criteri di prevalenza e continenza, in quanto tutte riconducibili all’unitarietà della pretesa fatta valere dalla società ricorrente, secondo la quale non sussisteva il ritardo addebitato, per le varie ragioni prima indicate.
Il Comune ha sostenuto che il pagamento della 2^ rata andava effettuato entro il 2 luglio 1995, di scadenza del termine triennale per l’ultimazione dei lavori assentiti, come da comunicazione a suo tempo avvenuta, e non entro i tre anni dal rilascio materiale della concessione edilizia (22 luglio 1995); il TAR ha affermato che la sanzione da ritardato pagamento sia automatica e non fosse onere del Comune escutere la fideiussione, conseguentemente non essendo necessario alcun previo avviso per applicare la sanzione del 20%.
Queste tesi non sono convincenti e vanno disattese.
La citata delibera comunale n. 78 del 18 marzo 1978, dopo aver previsto l’obbligo di cauzione pari all’intero del contributo dovuto a garanzia del pagamento della rata, così si esprime al punto successivo del deliberato: “In caso di inadempienza da parte del concessione (recte: concessionario), l’Amministrazione comunale, previo invito scritto e con l’assegnazione di un termine non superiore a 10 giorni, incamererà la cauzione, attuando le procedure di legge per l’incameramento del Buoni del Tesoro o Titoli di Stato, della polizza fideiussoria, oppure per l’esecuzione dell’ipoteca sull’area e su quanto sulla stessa costruito e si avvarrà delle procedure coattive per la riscossione di quanto ancora dovuto, dell’importo delle eventuali sanzioni amministrative così come previsto all’art. 15 della legge 10/77, e delle spese procedurali”.
Al riguardo va considerato, dovendo essere l’art. 1219 c.c. letto in combinazione al precedente 1182 ed avendo il Comune fatto oggetto di espressa regolamentazione l’ipotesi di ritardo nel pagamento degli oneri concessori, che la mora non riveste natura reale (“portable”) e che il Comune non poteva prescindere dalle fasi procedurali scandite in autolimite e, quindi, l’invito scritto con l’assegnazione del termine di dieci giorni era atto dovuto.
Inoltre, come affermato da questo Consiglio in caso consimile (sez. V, 5 febbraio 2003, n. 571), “ove una società, per il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di un impianto industriale abbia corrisposto la metà del contributo dovuto per oneri di urbanizzazione, mentre la parte residua sia stata rateizzata in due anni e sia stata consegnata al comune una fideiussione con espressa rinuncia al “beneficium excussionis” e l’obbligo del fideiussore di versare quanto richiesto in termini brevi previo semplice avviso, sussiste una obbligazione di garanzia del tutto autonoma rispetto al rapporto creditore-debitore principale; pertanto, è sufficiente la semplice richiesta dal comune al fideiussore per ottenere il pagamento, con la conseguenza che l’inerzia del comune va interpretata, in caso di controversia sul punto dell’applicabilità dell’art. 3 legge n. 47 del 1985, quale volontà da parte del comune di rinunziare alla clausola predetta e la successiva pretesa da parte dell’amministrazione degli interessi per ritardato pagamento costituisce violazione dei doveri di correttezza cui è tenuto il creditore per rendere meno gravosa la posizione del debitore nell’adempiere ad un’obbligazione”.
Nella specie, come da delibera di Giunta n. 748 dell’1.9.1992, il Comune ha accettato la garanzia fideiussoria assicurativa, ma ha ritenuto di non escutere il garante e, quindi, non può essere sanzionato un inadempimento non imputabile all’obbligato, bensì al comportamento proprio tenuto in vicenda dall’amministrazione.
5.- Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’appello dev’essere accolto con riforma della sentenza appellata ed accertamento della infondatezza della pretesa sanzionatoria di specie del Comune di Rescaldina, cui si collega l’obbligo di restituzione delle pertinenti somme, ove già versate.
Sussistono, tuttavia, motivi per la compensazione delle spese di lite relative al doppio grado di giudizio dalla società appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR Lombardia n. 1780 del 2007, accoglie integralmente il ricorso di primo grado.
Dichiara l’inesistenza del ritardo addebitato ed accerta la non debenza della pretesa sanzionatoria pecuniaria applicata dal Comune di Rescaldina, obbligato alla restituzione delle corrispondenti somme ingiunte, ove già incassate.
Compensa tra le parti le spese di lite relative al doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Anna Leoni, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Vito Carella, Consigliere, Estensore
Raffaele Greco, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/03/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)