Infine, non deve sottacersi che, secondo la Commissione UE, anche nei casi in cui non trova applicazione la direttiva sugli appalti di servizi (in particolare, nel caso delle concessioni di pubblici servizi) la scelta del contraente incontra i limiti indicati dalle norme del Trattato in materia di libera prestazione di servizi e dai principi generali del diritto comunitario, tra cui la non discriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza. Si impone così una scelta fatta con criteri obiettivi e trasparenti, tali da assicurare in ogni caso la concorrenza tra i soggetti interessati (v. i progetti di comunicazione interpretativa della Commissione del 24.2.1999 e del 12.4.2000; v. anche, per l’affermazione dei medesimi principi e per la rilevanza generale degli obblighi di trasparenza nella scelta dei contraenti, specie quando si tratta di servizi pubblici, Corte di Giustizia CE, 7 dicembre 2000, C-324/98).
Questo richiamo agli orientamenti degli organi UE consente di puntualizzare due dati: che norme comunitarie vincolanti ben possono imporsi oltre il ristretto ambito applicativo delle direttive sugli appalti; che i sistemi di scelta del contraente ispirati alla par condicio presentano sempre i medesimi requisiti strutturali e richiedono, sul fronte del contenzioso, le medesime tecniche di indagine e giudizio
La società appaltante, non solo nella veste attuale (di società per azioni “mista”, affidataria della gestione di un pubblico servizio), ma anche nella veste assunta al tempo (ente pubblico economico) in cui erano stati compiuti gli atti impugnati in primo grado, era comunque compresa tra i soggetti tenuti ad applicare le norme comunitarie sui pubblici appalti e, tra di esse, le disposizioni sull’evidenza pubblica, appartenendo sia alla figura generale dell’amministrazione aggiudicatrice sia a quella dell’organismo di diritto pubblico.
decisione numero 934 del 5 febbraio 2002, emessa dal Consiglio di Stato
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