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Non vi è spazio per alcuna richiesta risarcitoria


La sentenza del T.A.R. merita conferma nella parte in cui ha respinto la domanda risarcitoria formulata dalla soc. Ricorrente.
Ed invero – una volta espunto dal mondo giuridico l’atto di indizione della gara per motivi di legittimità che resistono alla censure dell’appellante – non può essere avanzata nessuna pretesa di ristoro per equivalente del lucro cessante (indicato nell’utile del 10 % sul valore dell’appalto) per la lesione della posizioni soggettive inerenti alla qualità di soggetto aggiudicatario con diritto all’esecuzione del contratto, evento che resta in radice precluso in assenza una valida ed efficace iniziativa dell’ amministrazione per la selezione del contraente.
Quanto alla richiesta di risarcimento del danno correlato all’interesse negativo a non partecipare alla gara la stessa è stata correttamente dichiarata inammissibile dal primo giudice, perché articolata nel corso del giudizio di primo grado solo in memoria non notificata alla controparte.
La statuizione del T.A.R. non ha formato oggetto di contestazione in appello e sul punto si è formato giudicato. Quanto al merito la conclusione del primo giudice trova conferma nell’articolazione dell’atto introduttivo del giudizio che, nelle conclusioni, limita la pretesa risarcitoria alla liquidazione in via equitativa del danno da recesso contrattuale.
L’effetto caducante del contratto a seguito del provvedimento di autotutela rende inammissibile la domanda di pagamento di corrispettivi previsti nelle clausole negoziali.
a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla  decisione numero 2802 del 23  maggio  2013  pronunciata dal Consiglio di Stato

 

Sentenza integrale

 

N. 02802/2013REG.PROV.COLL.

N. 09152/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9152 del 2004, proposto da:
Ricorrente S.p.A. in proprio e quale capogruppo Ati, rappresentato e difeso dall’avv. Valerio Zimatore, con domicilio eletto presso Valerio Zimatore in Roma, via Angelo Secchi, 9; Ati Cooper. Europa Srl;

contro

Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio”, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Pesce, Marcella Mamone, con domicilio eletto presso Giovanni Pesce in Roma, p.zza Borghese, 3;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO :SEZIONE I n. 01781/2004, resa tra le parti, concernente caducazione contratto per servizio stoccaggio – ris. danno

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 marzo 2013 il Cons. Bruno Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Zimatore e Pesce;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

 

1. Con delibera n. 1095 del 2001 l’ Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio indiceva una gara nella forma del pubblico incanto per i servizi di stoccaggio, prelevamento, trasporto, distribuzione, consegna, gestione dinamica ed informatica, di tutto il materiale sanitario di grande ingombro, nonché del materiale per dialisi, soluzioni, prodotti farmaceutici e sanitari, ed ancora del materiale tecnico ed economale.

All’esito della procedura selettiva i servizi de quibus erano aggiudicati alla Ricorrente s.p.a., unica partecipante alla gara, con stipula del contratto in data 11.4.2002 ed immissione in servizio.

A seguito di vicende penali che vedevano coinvolto il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera, veniva attivata una verifica interna sulla legittimità dei contratti aggiudicati durante la gestione del predetto amministratore.

Quanto alla procedura de qua emergevano anomalie nella fissazione del prezzo posto a base di gara, atteso che dagli atti procedimentali non era possibile risalire alle modalità della sua determinazione.

Conferito incarico di consulenza alla s.r.l. Alfa, le stime rassegnate in esito al suo espletamento sul valore dell’appalto, pari ad € 180.000,00, non apparivano conciliabili con il prezzo offerto dall’ a.t.i. aggiudicataria ( € 816.518,35 ) e con quello posto a base d’asta ( € 877.977,00).

Sulla base di dette emergenze istruttorie l’Azienda Ospedaliera annullava la deliberazione n°1095 del.2001 di indizione dell’appalto e dichiarava, in conseguenza, risolto il contratto stipulato in data 11.4.2002 con la ditta Ricorrente.

Contro tale ultimo provvedimento la soc. Ricorrente insorgeva avanti al T.A.R. per la Calabria, assumendone l’illegittimità per articolati motivi di violazione di legge ed eccesso di potere in diversi profili.

Con sentenza n. 1781 del 2004 il T.A.R. adito respingeva il ricorso.

Il T.A.R. in particolare:

– riconosceva indenne da vizi di legittimità la potestà di autotutela esercitata dall’ Amministrazione, stante l’accertato notevole scostamento del prezzo base d’asta dai valori di congruità correttamente verificati dalla soc. Alfa in esito all’incarico conferito;

– dichiarava l’effetto caducante dell’efficacia del contratto di appalto in prosieguo stipulato a seguito dell’annullamento della delibera di indizione della gara;

– dichiarava inammissibili le censure dedotte avverso la delibera di conferimento dell’incarico alla predetta società per l’omessa notifica alla società medesima, nella qualità di controinteressata, della domanda di annullamento:

– respingeva ed in parte dichiarava inammissibili le domande risarcitorie formulate dalla soc. Ricorrente con riguardo sia all’interesse positivo all’esecuzione dell’appalto, sia a quello negativo inerente al ristoro delle spese di partecipazione alla gara.

Avverso detta sentenza ha proposto appello la soc. Ricorrente che ha contrastato le conclusioni del primo giudice ed ha, in particolare, insistito sulla permanenza degli effetti vincolanti del contratto, restato non eseguito, e nelle pretese risarcitorie articolate in prime cure.

Resiste l’ Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciaccio che ha contraddetto i motivi di impuntiva e chiesto al conferma della sentenza appellata.

All’udienza del 1° marzo 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. Con ordine argomentativo sviluppato sia nel primo che nel secondo mezzo di impugnazione la società Ricorrente sostiene l’inidoneità delle scelta unilatere dell’amministrazione, con la quale è stato disposto il ritiro, in via di autotutela, dell’atto di indizione e della gara per la prestazione di servizi di gestione e trasporto di materiale sanitario, a porre nel nulla gli effetti vincolanti del contratto appalto in prosieguo stipulato.

Assume l’appellante che, in presenza di vizi incidenti sia sul processo di formazione della volontà dell’ente, sia sulla fase preparatoria ad essa antecedente, il negozio stipulato viene a versare in condizione di annullabilità, da farsi valere con azione avanti l’autorità giudiziaria ordinaria rimessa alla sola iniziativa dell’ ente pubblico.

Quanto precede in contrario a quanto statuito dal primo giudice, che ha riconosciuto l’effetto risolutivo caducante del contratto, una volta venute meno le condizioni di legalità ed efficacia del contratto stesso, che si riconducono alla corretta osservanza delle fasi di evidenza pubblica preordinate alla stipula, poste a tutela degli interessi ordinamentali di carattere oggettivo e prevalente, inerenti alla concorrenza ed all’accesso ai pubblici appalti secondo la normativa comunitaria e nazionale.

Osserva il collegio che le conclusioni cui è pervenuto il T.A.R. e la stessa determinazione dell’amministrazione di non dare esecuzione al contratto, indipendentemente dall’esercizio di ogni azione di annullamento, trovano sostegno e conforto nel quadro normativo e giurisprudenziale esistente al momento delle decisione del contenzioso introdotto e che, in base al fenomeno del c.d. overruling, non sono inficiate da ogni diverso indirizzo interpretativo che possa essere ricondotto allo jus superveniens.

Come posto in rilievo dalla resistente Azienda sanitaria venute meno le condizioni di regolare selezione del contraente si verifica in tale ipotesi una caducazione automatica degli effetti, o inefficacia sopravvenuta del contratto, che può ricondursi ai diversi presupposti del venir meno di un antecedente provvedimentale o condizione di efficacia del contratto (cfr. Cons. St., sez. V, n. 490 del 12 febbraio 2008; n. 3465 del 28 maggio 2004; sez. VI^, n. 2332 del 5 maggio 2003) o alla mancanza del requisito di legittimazione ad esprimere la volontà contrattuale (Cons. St., sez. VI, n. 6666 del 27 ottobre 2003; sez. VI, n. 2992 del 30 maggio 2003).

La giurisprudenza di questo Consiglio ha più di recente ribadito detti principi in tema di annullamento dell’aggiudicazione sottolineando che “…in virtù della stretta consequenzialità tra l’aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, l’annullamento giurisdizionale ovvero l’annullamento a seguito di autotutela della procedura amministrativa comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali atti” (Cons. St.., sez. V, n. 11 del 14 gennaio 2011; n. 7578 del 20 ottobre 2010). Si verifica, quindi, di un collegamento tra i due atti, l’aggiudicazione e il contratto, i quali simul stabunt, simul cadent, qualunque sia la sede dell’annullamento (illegittimità dichiarata dal giudice a seguito di ricorso, ovvero illegittimità o inopportunità conseguente dell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’amministrazione) (cfr. Cons. St., sez. V, n. 5032 del 7 settembre 2011).

La permanenza del vincolo contrattuale trova, quindi, la sua necessaria presupposizione nella corretta osservanza delle regole dell’evidenza pubblica, poste a presidio sia degli interessi sia di rilievo pubblico inerenti alla corretta gestione delle risorse economiche di cui l’ente dispone, sia delle imprese operanti nel segmento di mercato, che non devono subire pregiudizio o discriminazione quanto alla possibilità di accedere ai pubblici appalti.

Detti interessi, di cui il primo giudice ha correttamente sottolineato il valore ordinamentale, ricevono, quindi, tutela oggettiva anche nella fase afferente all’esecuzione del contratto. Segue che la permanenza del vincolo contrattuale non è rimesso alla libera scelta della stazione appaltante di esercitare o meno l’azione di annullamento, secondo l’indirizzo giurisprudenziale cui fa richiamo la società appellante, che, ove non esercitata, manterrebbe in vita oneri di gestione del rapporto contrattuale e di impegno economico che non trovano sostegno nelle norme che regolano l’ azione degli enti ed organismi pubblici. dettata da

L’inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni, ha trovato poi disciplina nell’art. 9 del d.lgs. n. 53 del 2010, poi tradotto nell’art. 121 cod. proc. amm., quale effetto consequenziale dell’annullamento degli atti gara indipendentemente all’esperimento da parte della stazione appaltante dell’azione di annullamento avanti all’ autorità giudiziaria ordinaria.

Si enuclea, quindi, il principio che l’autonomia negoziale degli enti pubblici non è rimessa alla libera scelta degli organi chiamati a manifestare la volontà dell’ente, ma si collega allo svolgimento di procedure definite in dettaglio dal legislatore, con riflesso sul successivo rapporto contrattuale che resta inderogabilmente condizionato, quanto all’efficacia, dal regolare svolgimento delle fasi di evidenza pubblica.

2.1. Quanto alle ragioni che hanno indotto il Commissario straordinario dell’ Azienda ospedaliera ad annullare la delibera di indizione della gara – fondate sul grave scostamento del prezzo base d’asta rispetto al valore di mercato delle prestazioni da rendere in favore dell’ente e, quindi, a prevenzione di una perdita economica per l’ente per tutto il periodo di sei anni di durata dell’appalto – la società appellante insiste sull’inidoneità della metodologia osservata dalla stazione appaltante per pervenire all’adozione della misura di autotutela con ricorso ad una società di consulenza senza osservare una procedura di selezione garante del livello di qualificazione professionale.

Si osserva al riguardo che appartiene alla più ampia discrezionalità dell’ Amministrazione di ricorrere a soggetti terzi per acquisire apporti in via consultiva ai fini della soluzione di questioni di merito tecnico. Nella specie la scelta effettuata in tali termini si configura maggiormente garante dell’azione amministrativa, in un procedimento finalizzato al riesame di legittimità di un atto adottato dalla stessa Azienda ospedaliera.

Non sono, inoltre, introdotti elementi idonei ad inficiare, sul piano della capacità professionale, l’idoneità della società Alfa ad esprimere la valutazione richiesta. Né il difetto di detta qualità soggettiva può essere ricondotto, in astratto, alla mancata indizione di una procedura di valutazione comparativa ai fini della scelta del consulente.

2.2. La sentenza del T.A.R. merita conferma nella parte in cui ha respinto la domanda risarcitoria formulata dalla soc. Ricorrente.

Ed invero – una volta espunto dal mondo giuridico l’atto di indizione della gara per motivi di legittimità che resistono alla censure dell’appellante – non può essere avanzata nessuna pretesa di ristoro per equivalente del lucro cessante (indicato nell’utile del 10 % sul valore dell’appalto) per la lesione della posizioni soggettive inerenti alla qualità di soggetto aggiudicatario con diritto all’esecuzione del contratto, evento che resta in radice precluso in assenza una valida ed efficace iniziativa dell’ amministrazione per la selezione del contraente.

Quanto alla richiesta di risarcimento del danno correlato all’interesse negativo a non partecipare alla gara la stessa è stata correttamente dichiarata inammissibile dal primo giudice, perché articolata nel corso del giudizio di primo grado solo in memoria non notificata alla controparte.

La statuizione del T.A.R. non ha formato oggetto di contestazione in appello e sul punto si è formato giudicato. Quanto al merito la conclusione del primo giudice trova conferma nell’articolazione dell’atto introduttivo del giudizio che, nelle conclusioni, limita la pretesa risarcitoria alla liquidazione in via equitativa del danno da recesso contrattuale.

L’effetto caducante del contratto a seguito del provvedimento di autotutela rende inammissibile la domanda di pagamento di corrispettivi previsti nelle clausole negoziali.

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre i.v.a. e c.a.p, in favore della intimata Azienda ospedaliera.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in motivazione in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre i.v.a. e c.a.p.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore

Angelica Dell’Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

 

 

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