passaggio tratto dalla decisione numero 493 del 24 maggio 2013 pronunciata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale
Sentenza integrale
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso in appello n. 885 del 2012, proposto da
ASSESSORATO REGIONALE BENI CULTURALI E DELL’IDEN-TITÀ SICILIANA e SOPRINTENDENZA BENI CULTURALI E AMBIENTALI DI SIRACUSA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via De Gasperi n. 81, sono per legge domiciliati;
c o n t r o
CONTROINTERESSATA LUIGI, rappresentato e difeso dall’avv. Raffaele Leone ed elettivamente domiciliato in Palermo, via G. Oberdan n. 5, presso lo studio dell’avv. Girolamo Rubino;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania (sez. IV) – n. 904 del 29 marzo 2012.
Visto il ricorso in appello di cui in epigrafe;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 27 marzo 2013, il Consigliere Guido Salemi e uditi, altresì, l’avv. dello Stato Pignatone per le amministrazioni appellanti e l’avv. R. Leone per l’appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O e D I R I T T O
1)- L’Assessorato regionale ai beni culturali, ambientali e identità siciliana e la Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Siracusa hanno proposto appello contro la sentenza n. 904 del 29 marzo 2012 con la quale il T.A.R. della Sicilia, Catania, sez. IV, ha accolto in parte qua il ricorso proposto dal sig. Luigi Controinteressata, condannando l’Amministrazione a risarcire il danno subito dal ricorrente.
Le Amministrazioni appellanti hanno sintetizzato come segue i tratti salienti della vicenda in controversia, inerente al premio di rinvenimento nel fondo della sig.ra Anna Cesira Controinteressata (dante causa del ricorrente in primo grado) dei resti della c.d. Villa Romana del Tellaro.
Il sig. Luigi Controinteressata, erede della sig.ra Controinteressata, dopo avere avviato nel 1989 un giudizio civilistico innanzi al Tribunale di Catania (dichiaratosi nel 1995 privo di giurisdizione) proponeva innanzi al T.A.R. Sicilia – Catania ricorso avverso il silenzio serbato dall’Ammi-nistrazione sull’istanza di liquidazione del premio di rinvenimento formulata dall’interessata nel marzo 1974 e poi, in più occasioni, sollecitata.
Il ricorso era accolto con sentenza n. 11 del 7 gennaio 2002.
Con nota del 23 gennaio 2003, l’Amministrazione proponeva, come premio, la somma di € 48.856,82, oltre agli interessi che sarebbero dovuti decorrere dal momento in cui, a seguito della stima del valore dei reperti (€ 200.000.000), il credito era divenuto certo, liquido ed esigibile.
Con nota del 17 febbraio 2004 il sig. Controinteressata comunicava di non accettare la proposta e chiedeva che fosse attivata la procedura di stima e la nomina di un terzo stimatore ai sensi dell’art. 93, d.lgs. n. 42/2004.
A procedura avviata, il terzo stimatore comunicava le proprie valutazioni con nota del 18 maggio 2007, ove si effettuava una stima dei reperti per € 2.385.191,00, con conseguente quantificazione del premio spettante al sig. Controinteressata in € 596.297,00.
Quest’ultimo chiedeva la liquidazione degli ulteriori importi dovutigli a titolo di interessi con decorrenza dal 6 gennaio 1974.
L’Amministrazione pagava gli interessi maturati con decorrenza dalla valutazione del terzo stimatore del 18 maggio 2007 per l’importo di € 17.886, 87.
Il sig. Controinteressata proponeva ricorso al T.A.R., sezione staccata di Catania, chiedendo la condanna dell’Amministrazione al pagamento degli interessi moratori sull’importo di € 586.525,80 dalla data della richiesta (5.1.1974) o da quella di costituzione in mora (12.3.1974).
Con la summenzionata sentenza n. 904 del 2012, il T.A.R., dopo aver qualificato l’azione proposta in termini di azione da ritardo ex art. 2-bis, l. n. 241/1990, connessa alla responsabilità dell’amministra-zione nella “conclusione del procedimento di propria competenza”, ravvisava la sussistenza degli elementi costitutivi della suddetta responsabilità (assumendo a indice della colpa della p.a. il periodo di 34 anni impiegato per il pagamento delle somme) e, dopo aver identificato il danno sofferto dall’interessato nel mancato godimento delle somme tardivamente percepite, utilizzava, ai fini della quantificazione del lucro cessante ex art. 1223 cod. civ., il parametro costituito dalla rivalutazione monetaria e dagli interessi compensativi computabili sulla citata obbligazione pecuniaria, identificando il danno da ritardo con quello “conseguente alla mancata disponibilità della somma di denaro poi riconosciuta”.
Ai fini, poi, della concreta quantificazione di tale danno, il T.A.R. richiamava il parametro degli “interessi legali sull’importo non attualizzato dalla scadenza del termine entro cui il procedimento avrebbe dovuto concludersi fino all’effettivo soddisfo, detratto ovviamente quanto già pagato”, all’uopo considerando come periodo di ritardo (sul quale computare gli interessi) quello decorrente dallo scadere del termine di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di liquidazione del premio (e dunque dal 2 novembre 1975) e sino al 30 ottobre 2008 (data di avvenuto pagamento della somma di € 586.525,80, decurtato l’importo di € 9.771,20, corrisposto a titolo di acconto il 18 aprile 2005.
2)- Ciò posto, le Amministrazioni hanno dedotto i seguenti motivi di appello:
A)- Sul periodo di ritardo risarcibile ex art. 2-bis, L. n. 241/1990.
Il T.A.R. avrebbe errato nel considerare quale “ritardo” imputabile all’Amministrazione ai fini risarcitori anche il periodo successivo alla conclusione dell’attività diretta alla stima dei reperti e di formulazione dell’offerta all’avente diritto al premio, ossia oltre il 23 gennaio 2003 (data di comunicazione della stima avvenuta il 22 giugno 1989).
B)- Sulla “colpa” dell’Amministrazione – Sulla compensatio lucri cum damno.
Al momento del rinvenimento risultavano visibili soltanto alcune parti di mosaici e scarsissimi resti murari, mentre la reale consistenza dei resti della villa si è potuta appurare soltanto quando, completato l’iter espropriativo, che ha riguardato il fondo, si sono potuti avviare, successivamente 1989, i lavori, ancora oggi non completati, necessari per rimettere in luce il monumento nel suo complessivo e altissimo valore.
Pertanto, delle due l’una: o la stima avrebbe dovuto essere forfettariamente effettuata sui resti per come visibili al momento del loro rinvenimento, oppure se la stima doveva riguardare i beni nel loro assetto definitivo, nessuna “colpa” risultava imputabile alla p.a. per il periodo antecedente al completamento dei lavori medesimi.
L’appellante chiede, pertanto la riforma della sentenza nel senso che andrebbe dichiarata l’assenza di colpa della p.a. per il periodo di ritardo maturato sino al 2007, ovvero che il risarcimento del danno spettante all’appellato andrebbe decurtato del guadagno derivato al medesimo dal prolungarsi del procedimento sino al compimento dei lavori che hanno consentito una stima dei beni effettuata sul valore finale degli stessi.
C)- Errato accoglimento della domanda di risarcimento per il periodo di ritardo antecedente al decesso della dante causa dell’appellato.
Per il periodo antecedente al decesso della sig.ra Cesira Controinteressata, avvenuto il 21 febbraio 1981, non sarebbe possibile riconoscere all’appellante alcun risarcimento per i danni patiti dalla de cuius, avendo il sig. Controinteressata agito esclusivamente iure proprio e non anche nella qualità di erede.
D)- Errata quantificazione, sotto ulteriori profili del danno risarcibile spettante a controparte.
Per costante giurisprudenza, il diritto del privato alla corresponsione del premio di rinvenimento insorge soltanto con la stima del premio medesimo, donde la non spettanza – prima di tale momento – di interessi moratori per il periodo antecedente al maggio 2007.
3)- Resiste al ricorso l’appellato.
4)- Alla pubblica udienza del 27 marzo 2013, l’appello è stato trattenuto in decisione.
5)- L’appello è parzialmente fondato nei sensi e limiti che qui di seguito si espongono.
6)- Nell’ordine logico delle questioni vanno anzitutto esaminati il terzo e il quarto motivo di appello.
6.1)- Il terzo motivo di appello è infondato.
Non è, dato, infatti, comprendere la ragione per la quale il sig. Controinteressata avrebbe agito iure proprio e non anche nella qualità di erede della precedente proprietaria del fondo.
Come rettamente eccepito dall’appellato, la successione a titolo universale, accettata puramente e semplicemente (come è accaduto nella fattispecie) determina l’automatico e incondizionato subentro dell’erede nel patrimonio del suo dante causa e in tutti i rapporti, attivi e passivi, a lui facenti capo.
6.2.)- Pure infondato è il quarto motivo di appello.
Come esposto nella sentenza impugnata, il sig. Controinteressata aveva proposto alternativamente due azioni: la prima diretta al conseguimento degli interessi moratori sull’ammontare del premio riconosciutogli (€ 586.525,80) dalla data della richiesta (5.1.1974); la seconda diretta al “risarcimento del danno ingiusto arrecatogli, da liquidarsi nella misura degli interessi legali sulla sorte capitale con le decorrenze e le scadenze sopra indicate ovvero nella misura del tasso medio di rendimento dei titoli del debito pubblico di durata non superiore all’anno, qualora e per i periodi in cui esso stato maggiore degli interesse legali”.
Tenendo conto della causa petendi e delle ragioni fatte valere in ricorso, il T.A.R. ha ritenuto che il ricorrente avesse propriamente fatto valere un’azione extracontrattuale e, quindi, riferita al ”danno ingiusti” da lui illecitamente subito per effetto del ritardo nella conclusione del procedimento.
La qualificazione giuridica data dal TAR è corretta, in quanto la pretesa fatta valere in giudizio attiene alla lesione di un interesse pretensivo, ossia dell’interesse del ricorrente a ottenere in tempi ragionevoli il soddisfacimento del bene della vita.
Può pure soggiungersi che il diritto alla riscossione del premio sorge solo al momento dell’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento con cui l’Amministrazione determina il prezzo definitivo, sicché di interessi moratori può propriamente parlarsi con rifermento alla data di messa in mora successiva al sorgere del diritto (cfr. Cass. Civ., sez. I, 7 giugno 2005, n. 11796).
7)- Per contro è fondato il primo motivo di appello.
Dai fatti di causa risulta che il procedimento di stima formalmente avviato nel 1987 si è concluso il 23 gennaio 2003, data di comunicazione della stima in ragione di € 48.856,22.
L’ambito della responsabilità da ritardo attribuibile all’Ammi-nistrazione non può, quindi, essere esteso al periodo successivo in cui si apre una nuova fase del procedimento di stima per effetto del rifiuto dell’offerta da parte del ricorrente.
Per tale periodo non può, infatti, sostenersi che vi sia stato ritardo imputabile all’Amministrazione, perché la fase di stima si è aperta a seguito di richiesta dell’interessato e i relativi tempi sono giustificati in considerazione della complessità delle operazioni di stima, anche a causa della circostanza che gli scavi erano in itinere e che solo a conclusione degli stessi è stato possibile comprendere l’esatto valore dei reperti.
Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che questo Collegio condivide, va esclusa la responsabilità della p.a. per danno da ritardo quando la durata del procedimento è dovuta ai necessari tempi tecnici, alla complessità del caso, alla interlocuzione tra parte pubblica e privata ( C.d.S., Sez.IV, 7 marzo 2013, n. 1406).
Va, pertanto, esclusa nella specie la responsabilità della p.a. e conseguentemente la spettanza del risarcimento del danno per il periodo successivo al 23 gennaio 2003.
8)- Pure fondato è, nei sensi e limiti che qui di seguito si espongono, il secondo motivo di appello.
Il giudice di prime cure, nel ritenere che “il criterio equitativamente da preferire fosse quello di calcolare gli interessi legali sull’importo non attualizzato”, non ha tenuto conto del macroscopico divario esistente tra la prima e la seconda quantificazione della stima.
Ad avviso del Collegio, che concorda con la valutazione dell’Amministrazione, tale divario è dipeso dal fatto che l’entità e il valore della “Villa del Tellaro” è stato compiutamente apprezzato con il, decorso del tempo, via via che procedevano i lavori di scavo.
Questo implica che non è affatto detto che se la liquidazione della somma fosse stata tempestiva, la somma sarebbe stata liquidata nello stesso importo liquidato a distanza di 34 anni; e tanto perché il valore pieno dei reperti è emerso con ragionevole certezza dopo il 2003, e non era invece ab initio emerso nella sua integralità.
Ne consegue anche che, se il ricorrente fosse stato pagato tempestivamente, verosimilmente avrebbe conseguito una somma inferiore a quella effettivamente ottenuta, anche se in ritardo; per l’effetto, il danno da ritardo consistente nel mancato tempestivo godimento della somma capitale, non può avere come base la somma capitale effettivamente liquidata, perché non vi è prova che è questa la somma di cui avrebbe avuto la disponibilità se fosse stato pagato tempestivamente.
Pertanto, nella specie il danno da ritardo allegato non è comprovabile nel suo preciso ammontare, sicché lo stesso, facendo applicazione dell’art. 1226 cod. civ., può essere equitativamente stabilito in € 150.000 per l’intero periodo decorrente (come statuito dal T.A.R.) dal 2 novembre 1975 e fino al 23 gennaio 2003 (come statuito nel par. 7 della presente decisione).
9)- In conclusione, nei sensi e limiti sopra esposti l’appello è fondato e deve essere accolto; conseguentemente, in riforma dalla sentenza appellata, va dichiarato il diritto dell’appellato a percepire la somma complessiva come sopra specificata.
10)- Ogni altro motivo o eccezione può essere assorbito in quanto ininfluente e irrilevante ai fini della decisione.
11)- La complessità e novità delle questioni e la soccombenza parziale reciproca giustificano l’integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello nei sensi e limiti indicati in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna le Amministrazioni appellanti al pagamento in favore dell’appellato della somma complessiva di € 150.000.
Compensa tra le parti le spese, le competenze e gli onorari dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, il 27 marzo 2013, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizione, in camera di consiglio, con l’intervento dei Signori: Rosanna De Nictolis, Presidente, Antonino Anastasi, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.
F.to Rosanna De Nictolis, Presidente
F.to Guido Salemi, Estensore
Depositata in Segreteria
24 maggio 2013