mercoledì , 29 Marzo 2023

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L’impresa ricorrente non ha nessuna possibilità di subentrare nel contratto

Vero che la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto può essere proposta anche nel giudizio di ottemperanza, intesa quale una delle possibili modalità di attuazione del giudicato ed anche se non vi sia stata alcuna domanda in tal senso nel giudizio di cognizione. 

Tuttavia, la domanda di inefficacia del contratto, quand’anche ammissibile per la prima volta nel giudizio di ottemperanza, presuppone pur sempre la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto e l’interesse della parte, essendo la declaratoria di inefficacia sempre strumentale all’interesse del ricorrente di poter subentrare nel contratto o partecipare ad una nuova procedura di affidamento. 

Una tale situazione nel caso in esame non è nemmeno ipotizzabile, atteso che il contratto è stato integralmente eseguito ed eventuali residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore originario. 

Insomma, l’impresa ricorrente non ha nessuna possibilità di subentrare nel contratto o di vedersi affidare i lavori, atteso che il contratto ha esaurito ogni effetto e non sarebbe consentito attivare una procedura di gara per lavori che sono già stati realizzati 

(…) 

l’impresa ricorrente dall’inefficacia del contratto non potrebbe ricevere alcun vantaggio non potendo subentrare in un contratto che ha esaurito gli effetti, in disparte la dubbia legittimazione al subentro, avendo azionato il solo interesse strumentale all’affidamento dell’opera a mezzo gara pubblica, a fronte del quale la posizione del ricorrente è identificata come mera change . 

Peraltro, la vigente disciplina in materia di contratti pubblici (art. 121, comma 2 c.p.a.) prevede che il contratto resti efficace anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tanto più non può essere dichiarata l’inefficacia di un contratto che ha esaurito i suoi effetti 

a cura di Sonia Lazzini 

passaggio tratto dalla decisione numero 4752  del 26 settembre  2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

Sentenza integrale

N. 04752/2013REG.PROV.COLL.
N. 01059/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1059 del 2013, proposto da:
Impresa Edile Giorgio Ricorrente , in persona del titolare in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Spinelli, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.173;
contro
Comune di Cattolica, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Berti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
Consorzio del Parco s.r.l.;
per l’esecuzione
del decreto del PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA pronunciato in data 21 luglio 2011, su parere n. 4238 del 2008 della seconda sezione del Consiglio di Stato, con cui si è deciso il ricorso straordinario concernente l’autorizzazione alla realizzazione di un parcheggio interrato e il diritto di superficie sul sottosuolo dell’area

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cattolica;
Viste le memorie difensive;
Visto l ‘art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 il Consigliere Doris Durante;
Uditi per le parti gli avvocati Spinelli e Bonaccio, per delega dell’avvocato Berti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso notificato al Comune di Cattolica il 5 febbraio 2013, l’impresa edile Giorgio Ricorrente ha adito il Consiglio di Stato nella qualità di giudice dell’ottemperanza del decreto del Presidente della Repubblica del 21 luglio 2011, emesso su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
L’impresa ricorrente premette che:
con delibera G.M. n. 235 del 23 marzo 1994, il Comune di Cattolica affidava al Consorzio del Parco, impresa risultata aggiudicataria della gara all’uopo indetta, la concessione della costruzione e gestione di alcuni parcheggi di un centro ricreativo e di un centro sportivo in area sita tra la Piazza della Pace e la Piazza Mentana, stipulando la relativa convenzione con cui il Consorzio si obbligava a realizzare le opere oggetto della gara e il Comune trasferiva al Consorzio il diritto di superficie delle aree destinate a parcheggio;
il progetto convenzionato veniva modificato ed integrato con la realizzazione di ulteriori edifici commerciali e residenziali, di ulteriori aree destinate a parcheggio e di altre opere di urbanizzazione, con estensione del diritto di superficie in favore del Consorzio del Parco (atti integrativi del 20 gennaio 1997 e del 9 gennaio 2001);
da ultimo, con delibera consiliare n. 41 del 28 agosto 2003 il Comune approvava il progetto di ampliamento del parcheggio interrato, stipulava con il Consorzio in data 22 ottobre 2003 la relativa convenzione e rilasciava la concessione edilizia;
la suddetta delibera n. 41 del 2003, da essa impresa ricorrente impugnata con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica notificato al Comune di Cattolica in data 19 gennaio 2004, veniva annullata in accoglimento del ricorso (con parere n. 3787 del 13 agosto 2010, la seconda sezione consultiva del Consiglio di Stato si esprimeva nel senso dell’accoglimento del ricorso e del conseguente annullamento della deliberazione impugnata, ritenendo trattarsi di “opera pubblica della quale è illegittimo l’affidamento in concessione senza il ricorso alla procedura della licitazione privata, ai sensi di quanto disposto dagli articoli 19 e 20 della l. n. 1209 del 1994”, precisando che “l’attribuzione dell’estensione al sottosuolo del diritto di superficie, già esistente in capo al concessionario, non altera la natura pubblica dei lavori da realizzare, né consente di sottrarsi alla normativa sugli appalti pubblici”) ed il Presidente della Repubblica con decreto del 21 luglio 2011, recepiva il suddetto parere, accogliendo il ricorso;
il Comune di Cattolica, in esecuzione della suddetta decisione, sollecitata da essa ricorrente con istanza del 6 dicembre 2011, con atto di consiglio n. 35 del 6 agosto 2012, deliberava: 1) di prendere atto che il decreto del Presidente della Repubblica del 21 luglio 2011 ha disposto l’annullamento della delibera di consiglio comunale n. 41 del 28 agosto 2003 con cui era stato approvato il progetto ed era stata autorizzata la concessione del diritto di superficie nel sottosuolo dell’area del Parco della Pace; 2) di dare atto che il contratto rep. n. 19637 del 22.10.2003 stipulato con il Consorzio del Parco srl rimane efficace tra le parti per tutti i motivi esposti in premessa…”.
Ciò premesso essa impresa ricorrente assume che il Comune di Cattolica con la citata delibera n. 35 del 2012 non avrebbe dato esecuzione alla decisione del Presidente della Repubblica del 21 luglio 2011 ed anzi avrebbe eluso il contenuto di tale decisione.
Chiede in conseguenza che questo giudice ordini al Comune di Cattolica di dare esecuzione alla citata decisione del 21 luglio 2011, prescrivendo le relative modalità anche mediante la determinazione del provvedimento amministrativo o l’emanazione dello stesso in luogo dell’amministrazione ed anche a mezzo nomina di un commissario ad acta, fissandosi, altresì la somma di denaro dovuta per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato. In via gradata, per il caso fossero ritenuti sussistenti gli estremi per l’applicazione dell’art. 121 c.p.a. a tutela del mantenimento dell’efficacia degli atti stipulati successivamente alla delibera di consiglio comunale n. 41 del 28 agosto 2003, l’applicazione alternativamente o cumulativamente delle sanzioni previste dal combinato disposto di cui agli articoli 121, comma 4 e 123 c.p.a.
2.- Il Comune di Cattolica, costituitosi in giudizio, ha rappresentato che i parcheggi interrati in questione sono stati ultimati nel 2006 e ceduti a terzi ed ha concluso per il rigetto della domanda attrice perché inammissibile e infondata in ogni sua parte.
3.- Alla camera di consiglio, parte ricorrente si è riportata agli scritti difensivi ed ha chiesto anche la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni ad essa ricorrente derivati dal suo comportamento illegittimo.
Il Comune si è riportato alle memorie difensive e su queste precisazioni, il giudizio è stato assunto in decisione.
4.- Il ricorso è infondato e va respinto.
5.- Assume l’impresa ricorrente che il Comune di Cattolica avrebbe eluso quanto statuito dal d.p.r. del 21 luglio 2011, avendo dato atto del permanere dell’efficacia del contratto stipulato con il Consorzio del Parco.
L’assunto non è fondato.
La decisione di cui si chiede l’esecuzione ha annullato la delibera di consiglio comunale che aveva approvato il progetto di ampliamento dei parcheggi interrati in favore del Consorzio del Parco, ma nulla ha statuito in ordine al contratto stipulato con il Consorzio del Parco (atto di rep. n. 19637 del 22.10.2003).
Orbene, nell’ordinamento vigente, la caducazione del contratto non è una conseguenza automatica ed ineluttabile della sentenza di annullamento dell’atto presupposto, essendo rimessi al giudice l’accertamento e la relativa dichiarazione (cfr. art. 245 bis del codice dei contratti pubblici, introdotto dal d. lgs. 20 marzo 2010, n. 53 e dall’art. 121 del codice del processo amministrativo).
In assenza di una statuizione sul punto, l’amministrazione non poteva, quindi, dichiarare autonomamente il contratto inefficace.
L’amministrazione vincolata da un rapporto negoziale, invero, non può dichiarare in autotutela l’inefficacia del contratto, incidendo unilateralmente sul rapporto contrattuale stipulato con la controparte, essendo tale misura rimessa solo al giudice (cfr. Cass. sezioni unite, 18 gennaio 2012, n. 17842).
Insomma non è nemmeno ipotizzabile che l’amministrazione decida la sorte del contratto in assenza di una decisione giurisdizionale.
Non ricorre, in conclusione, l’asserita elusione alla statuizione di cui al d.p.r. del Presidente della Repubblica del 21 luglio 2011.
5.1- Vero che la domanda di declaratoria di inefficacia del contratto può essere proposta anche nel giudizio di ottemperanza, intesa quale una delle possibili modalità di attuazione del giudicato ed anche se non vi sia stata alcuna domanda in tal senso nel giudizio di cognizione.
Tuttavia, la domanda di inefficacia del contratto, quand’anche ammissibile per la prima volta nel giudizio di ottemperanza, presuppone pur sempre la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto e l’interesse della parte, essendo la declaratoria di inefficacia sempre strumentale all’interesse del ricorrente di poter subentrare nel contratto o partecipare ad una nuova procedura di affidamento.
Una tale situazione nel caso in esame non è nemmeno ipotizzabile, atteso che il contratto è stato integralmente eseguito ed eventuali residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore originario.
Insomma, l’impresa ricorrente non ha nessuna possibilità di subentrare nel contratto o di vedersi affidare i lavori, atteso che il contratto ha esaurito ogni effetto e non sarebbe consentito attivare una procedura di gara per lavori che sono già stati realizzati.
E’ indubbio, come rappresentato nella delibera del Consiglio comunale di Cattolica di presa d’atto della decisione su ricorso straordinario, che i parcheggi interrati sono stati realizzati già dal 2006 e quelli destinati all’uso privato sono stati ceduti dal Consorzio del Parco a soggetti privati in diritto di superficie per 99 anni rinnovabili previo pagamento al Comune di una somma pari al 30% del valore catastale e il parcheggio a raso e le altre opere di urbanizzazione sono state destinate da tempo al pubblico utilizzo e, quindi, già poste a servizio della collettività.
La declaratoria di inefficacia del contratto in una situazione del genere sarebbe di danno al soggetto pubblico costretto a notevoli esborsi indennitari ed alle parti private per gli effetti a cascata sulle posizioni dei terzi acquirenti dei parcheggi privati, che si vedrebbero esposti alla perdita del titolo, malgrado l’estraneità alla controversia e la ignoranza della stessa, mancando nel processo amministrativo adeguate forme di pubblicità delle domande giudiziali che incidono sui diritti reali.
D’altro canto, l’impresa ricorrente dall’inefficacia del contratto non potrebbe ricevere alcun vantaggio non potendo subentrare in un contratto che ha esaurito gli effetti, in disparte la dubbia legittimazione al subentro, avendo azionato il solo interesse strumentale all’affidamento dell’opera a mezzo gara pubblica, a fronte del quale la posizione del ricorrente è identificata come mera change .
Peraltro, la vigente disciplina in materia di contratti pubblici (art. 121, comma 2 c.p.a.) prevede che il contratto resti efficace anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tanto più non può essere dichiarata l’inefficacia di un contratto che ha esaurito i suoi effetti.
6.- Quanto all’applicabilità alla fattispecie della disposizione di cui all’art. 121 c.p.a., (articolo erroneamente richiamato anche nella delibera del consiglio comunale di Cattolica), non ne sussistono i presupposti.
Le ipotesi considerate dalla citata disposizione (il mancato rispetto del termine dilatorio per la stipula del contratto di cui alle lettere c) e d), ovvero quelle di cui alle lettere a) e b), relative all’aggiudicazione definitiva con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dei casi consentiti con omissione della pubblicità del bando nelle forme prescritte dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) fanno riferimento a prescrizioni del d. lgs. n. 163 del 2006 che non era in vigore alla data dell’affidamento in favore del Consorzio delle opere di cui si discute.
Quanto alla disciplina vigente al tempo, le forme di pubblicità del bando erano quelle previste dall’art. 80 del d.p.r. n. 554 del 1999, in base al quale integrerebbe grave violazione delle forme di pubblicità, l’affidamento di lavori di importo pari o superiore a un milione di euro, fattispecie che non ricorre nel caso.
La domanda principale per quanto esposto deve essere respinta.
7.- Infondata è anche la domanda formulata dall’impresa ricorrente in via gradata, con cui si chiede l’applicazione delle sanzioni alternative di cui all’art. 123 c.p.a.
In disparte ogni questione sull’ammissibilità di siffatta domanda nel giudizio di ottemperanza, allorquando il giudizio di cognizione sia di mero annullamento e il decisum meramente demolitorio senza alcuna statuizione in ordine al contratto, la funzione afflittiva – punitiva delle sanzioni alternative introdotte dal codice del processo amministrativo ne preclude l’applicazione retroattiva a fatti avvenuti prima dell’introduzione nell’ordinamento di tali misure.
Come affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 196 del 4 giugno 2010, nel nostro ordinamento non è consentita la retroattività delle misure latu sensu sanzionatorie, sia in forza degli articoli 6 e 7 della CEDU, per cui tutte le misure di carattere punitivo – afflittivo sono soggette alla medesima disciplina della sanzione penale in senso stretto, sia in forza dell’art. 25, comma 2 della Costituzione la cui formulazione ampia “Nessuno può essere punito…” ne consente l’interpretazione estensiva con riferimento ad ogni intervento sanzionatorio. Peraltro il principio di cui all’art. 25 della Costituzione è applicato in materia di sanzioni amministrative anche dall’art. 1, comma 1 della legge n. 689 del 1981.
8.- Quanto alla domanda risarcitoria formulata verbalmente in udienza, essa è inammissibile per violazione delle norme sostanziali (art. 112, comma 3 prevede la domanda di risarcimento dei danni per il caso di mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato, mentre nel caso non si è in presenza di giudicato), nonché per violazione delle norme processuali in materia di forma e termini per la proposizione delle domande giudiziali.
Per le ragioni esposte, il ricorso per l’ottemperanza deve essere respinto.
La condanna al pagamento delle spese di giudizio segue la soccombenza, nell’importo indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) respinge il ricorso in epigrafe.
Condanna l’Impresa Edile Giorgio Ricorrente al pagamento in favore del Comune di Cattolica delle spese di giudizio che liquida nell’importo di euro 5.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente FF
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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