passaggio tratto dalla decisione numero 3398 del 21 giugno 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato
Sentenza integrale
N. 03398/2013REG.PROV.COLL.
N. 09359/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9359 del 2011, proposto da:
Ricorrente s.p.a., Ricorrente 2 s.r.l. e Ricorrente 3. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv. Galileo Omero Manzi e Lucio Anelli, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, alla via della Scrofa, n. 47;
contro
Gaia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Cristiana Carcelli, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, p.za Capo di Ferro, n. 13;
nei confronti di
Controinteressata Ecologia s.r.l. e Controinteressata 2. s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv. Carlo Lazzarini e Natale Giallongo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Toscana – Firenze, Sezione I, n. 1584/2011, resa tra le parti, di reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti proposti per l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione della gara indetta dalla Gaia s.p.a. per l’affidamento del servizio di smaltimento fanghi, grigliati, sabbie ed ogni altro materiale di risulta provenienti dagli impianti di depurazione gestiti da detta società e da Sea Risorse s.p.a.; nonché di assorbimento del ricorso incidentale.
Inoltre per la declaratoria della inefficacia del contratto eventualmente stipulato e per il riconoscimento alla parte appellante del diritto a conseguire l’aggiudicazione di cui si controverte; in subordine per la condanna al risarcimento dei danni, con riserva di quantificazione dell’ammontare nel corso del giudizio.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Gaia S.p.a., di Controinteressata Ecologia S.r.l. e di Controinteressata 2. S.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visto il decreto cautelare monocratico 29 novembre 2011, n. 5197;
Vista la propria ordinanza 20 dicembre 2011, n. 5197;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2013 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Manzi, Carcelli e Giallongo;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:.
FATTO
Le società appellanti, facenti parte di un costituendo raggruppamento di imprese con altra società (la mandataria società Aquaser s.p.a.), hanno partecipato alla gara d’appalto per il servizio di caricamento, prelievo, trasporto e smaltimento finale di fanghi, grigliati, sabbie ed ogni altro materiale di risulta provenienti dagli impianti di depurazione gestiti da Gaia S.p.A. e da Sea Risorse S.p.a., indetta a seguito di deliberazione del consiglio di amministrazione della Gaia s.p.a. del 16.11.2010.
Con ricorso giurisdizionale al T.A.R. Toscana dette società hanno chiesto l’annullamento della determinazione n. 54 del 23 giugno, del Dirigente del Settore Personale, Acquisti ed Appalti della società Gaia s.p.a., di aggiudicazione di detta gara nella parte in cui è stato disposto il suo affidamento alla A.T.I. composta da Controinteressata 2 s.r.l. e Controinteressata Ecologia s.r.l., nonché degli atti presupposti.
Detto T.A.R. con la sentenza in epigrafe indicata ha respinto il ricorso principale ed i motivi aggiunti dichiarando assorbito il ricorso incidentale.
Con il ricorso in appello in esame la Ricorrente s.p.a., la Ricorrente 2 s.r.l. e la Rari s.r.l. hanno chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
1.- Violazione e falsa applicazione dell’art. 75 del d. lgs. n. 163/2006. Violazione e falsa applicazione della “lex specialis” di gara ed in particolare del paragrafo rubricato “Garanzie dei concorrenti riuniti”. Violazione e falsa applicazione dell’art. 86 del R.D. n. 1736/1933, recante la disciplina degli assegni bancari. Eccesso di potere per violazione della “par condicio” dei concorrenti, per difetto, perplessità ed illogicità della motivazione del provvedimento impugnato ed erroneità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata.
Il T.A.R. ha erroneamente ritenuto corretta e regolare la prestazione della garanzia provvisoria a mezzo di assegno circolare intestato ad una sola delle imprese associate, pur rinviando il bando di gara all’art. 75 del d. lgs. n. 163/2006, che stabilisce che essa garanzia può essere prestata sotto forma di fideiussione bancaria o assicurativa, ovvero di cauzione.
2.- Illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 48 del d. lgs. n. 163/2006; violazione e falsa applicazione del bando di gara ed in particolare del paragrafo rubricato “Requisiti minimi di capacità tecnico organizzativa”. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, falso presupposto in fatto e diritto, erroneità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata.
Erroneamente con la sentenza impugnata è stato ritenuto sussistente il requisito minimo di capacità organizzativa previsto dal capitolato e consistente nell’obbligo di effettuare lo smaltimento dei fanghi di depurazione con le modalità ed i sistemi più economici per la stazione appaltante.
3.- Illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 86, commi 3 e 4, del d. lgs. n. 163/2006 e dei principi generali in tema di congruità dell’offerta. Violazione e falsa applicazione della “lex specialis” di gara e segnatamente del paragrafo rubricato “valutazione delle offerte anomale” del bando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del capitolato d’oneri e dell’allegato 1 al capitolato stesso. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità, carenza e contraddittorietà della motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Il T.A.R. ha erroneamente disatteso i motivi di ricorso con i quali era stato denunciato il mancato assoggettamento a procedura di verifica di anomalia della offerta dell’A.T.I. Controinteressata 2..
Con decreto monocratico 29 novembre 2011, n. 5197 è stata respinta la istanza di adozione di misure cautelari urgenti.
Con atto depositato il 16.12.2011 si è costituita in giudizio GAIA s.p.a., che ha eccepito la inammissibilità del secondo motivo di appello, per essere stato censurato il mancato accoglimento di un motivo di ricorso che era stato rinunciato in primo grado, nonché ha dedotto la infondatezza del gravame; ha altresì riproposto la eccezione svolta in primo grado di carenza di interesse al ricorso dell’appellante, per carenza del requisito di capacità tecnico organizzativa consistente nella disponibilità di aziende agricole e di compostaggio e di discariche per lo smaltimento fanghi. Ha quindi concluso per la declaratoria di inammissiblità, ovvero di irricevibilità o di improcedibilità, e comunque di infondatezza dell’appello.
Con memoria depositata il 17.12.2011 si sono costituite in giudizio la Controinteressata 2. s.r.l. e la Controinteressata Ecologia s.r.l., che hanno chiesto la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza del gravame.
Con ordinanza 20 dicembre 2011, n. 5197, la Sezione ha respinto la istanza di sospensione della sentenza impugnata.
Con memoria depositata il 18.12.2012 la parte appellante ha confutato gli avversi argomenti difensivi ed ha ribadito tesi e richieste. Ha altresì quantificato il pregiudizio economico assuntamente subito nel 10% del prezzo offerto per la esecuzione del contratto corrispondente al mancato utile di impresa o nella diversa somma stabilita equitativamente al riguardo.
Con memoria difensiva depositata il 21.12.2012 la Controinteressata 2. s.r.l. e la Controinteressata Ecologia s.r.l. hanno ribadito le doglianze dedotte in primo grado con ricorso incidentale e dichiarate assorbite dal T.A.R., riguardanti la mancata esclusione dalla gara della costituenda A.T.I. con mandataria Acquaser s.p.a. per carenza dei requisiti minimi di partecipazione previsti dalla “lex specialis”, che avrebbero dovuto essere delibate in via prioritaria, stante la loro efficacia paralizzante. Hanno inoltre eccepito la inammissibilità della censura di violazione del dato letterale dell’art. 75 del d. lgs. n. 163/2006, perché nuova, e ne hanno dedotto la infondatezza; hanno ipoi dedotto la infondatezza del secondo motivo di appello ed eccepito la tardività (perché il termine per la formulazione della censura di incongruità della offerta decorreva dalla conoscenza della offerta tecnica e della aggiudicazione definitiva) e la infondatezza del terzo motivo. Hanno quindi concluso per la declaratoria di inammissibilità o per la reiezione dell’appello.
Con memoria depositata il 27.12.2012 la GAIA s.p.a. ha ribadito tesi, eccezioni e richieste e, con memoria depositata il 28.12.2012, ha replicato alle argomentazioni contenute nella memoria difensiva della appellante.
Con memoria depositata il 28.12.2012 la Controinteressata 2. s.r.l. e la Controinteressata Ecologia s.r.l. hanno replicato a loro volta a detta memoria difensiva.
Alla pubblica udienza dell’11.1.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
DIRITTO
1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata da Ricorrente s.p.a., Ricorrente 2 s.r.l. e Ricorrente 3. s.r.l., di annullamento o di riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata, con la quale è stato respinto (con conseguente assorbimento del ricorso incidentale) il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione della gara indetta dalla Gaia s.p.a. per l’affidamento del servizio di smaltimento di vari materiali provenienti dagli impianti di depurazione gestiti da Gaia s.p.a. e Sea Risorse s.p.a. e degli atti presupposti, nonché per la declaratoria del diritto e per il risarcimento dei danni in epigrafe indicati.
2.- Innanzi tutto va ritenuto ammissibile il deposito della memoria, effettuato dalla GAIA s.p.a. in data 27.12.2012, nel termine di quindici giorni liberi prima della udienza, secondo il combinato disposto dell’art. 73, comma 1, e dell’art. 120, comma 3, del c.p.a..
3.- In secondo luogo vanno valutate le deduzioni effettuate dalla Controinteressata 2. s.r.l. e dalla Controinteressata Ecologia s.r.l., che hanno ribadito le doglianze dedotte in primo grado con ricorso incidentale e dichiarate assorbite dal T.A.R., riguardanti la mancata esclusione dalla gara della costituenda A.T.I. con mandataria Acquaser s.p.a. (per carenza dei requisiti minimi di partecipazione previsti dalla “lex specialis”), asserendo che esse avrebbero dovuto essere delibate in via prioritaria, stante la loro efficacia paralizzante.
Osserva la Sezione che, ai sensi dell’art. 101, comma 2, del c.p.a., si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite nella sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio.
Nel caso che occupa dette società, costituitesi in data 17.12.2011, hanno riproposto il ricorso incidentale di primo grado con memoria depositata il 21.12.2012, quindi oltre detto termine, con conseguente inammissibilità della riproposizione dei motivi posti a base del ricorso incidentale di primo grado.
Aggiungasi che, ai sensi della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 2011, n. 4, dette deduzioni devono considerarsi comunque assorbite anche in questa sede, perché l’esame del ricorso incidentale diretto a contestare la legittimazione del ricorrente principale attraverso l’impugnazione della sua ammissione alla procedura di gara può non precedere quello del ricorso principale, per ragioni di economia processuale, quando, come nel caso che occupa, qualora quest’ultimo risulti manifestamente infondato.
4.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R. avrebbe erroneamente ritenuto corretta e regolare la prestazione della garanzia provvisoria a mezzo di assegno circolare intestato ad una sola delle imprese associate, pur rinviando il bando di gara all’art. 75 del d. lgs. n. 163/2006, che stabilisce che essa garanzia può essere prestata, a scelta dell’offerente, sotto forma di fideiussione bancaria o assicurativa, ovvero di cauzione, nel qual caso può essere costituita in contanti o in titoli del debito pubblico garantiti dallo Stato a titolo di pegno a favore dell’Amministrazione aggiudicatrice.
Poiché detta disposizione, che trova il suo presupposto nell’art. 54 del R.D. n. 827/1924, indica chiaramente e tassativamente le modalità di costituzione della garanzia a mezzo cauzione, non potrebbe essere interpretata nel senso che è consentito avvalersi di modalità di garanzia diverse da quelle richieste a pena di inammissibilità dal legislatore, mediante una interpretazione della norma di tipo estensivo.
Se il legislatore avesse voluto favorire la utilizzazione di mezzi di pagamento diversi da quelli tassativamente indicati in detto art. 75 avrebbe potuto farlo all’atto della revisione di alcune disposizioni del d. lgs. n. 163/2006.
Peraltro detta norma non prevede la possibilità di versare direttamente alla stazione appaltante le somme di denaro ed i titoli offerti in garanzia, ma impone il loro versamento a titolo di pegno presso una tesoreria provinciale oppure presso la banca che gestisce il servizio di tesoreria per conto della stazione appaltante, senza possibilità di versamento diretto alla Amministrazione aggiudicatrice di quanto detenuto in deposito.
La soluzione interpretativa cui ha fatto ricorso il primo Giudice sarebbe viziata anche da eccesso di potere, avendo dato luogo ad elusione del principio di “par condicio” dei concorrenti a danno dei ricorrenti, che si sono scrupolosamente attenuti a quanto stabilito dal bando di gara.
In subordine con il motivo è dedotto che, poiché l’assegno circolare conserva la natura di titolo di credito, la sua consegna non equivarrebbe al pagamento, essendo l’estinzione dell’obbligazione subordinata al buon fine dell’assegno stesso, potendo obbligato opporre le eccezioni fondate sui suoi rapporti personali con il girante; a tanto conseguirebbe la incondivisibilità della tesi che detto assegno si qualificabile quale garanzia reale e che la banca emittente non può eccepire alcunché o frapporre ostacoli alla corresponsione di quanto dovuto.
Inoltre anche all’ipotesi di garanzia prestata mediante assegno circolare dovrebbe essere applicato il principio che la cauzione provvisoria deve essere necessariamente intestata non solo alla società capogruppo designata ma anche alle mandanti, con contraddittorietà della tesi che, non essendo stato fatto riferimento nell’allegare detti assegni alla offerta né all’ATI costituende né alla mandante, la cauzione non poteva che essere riferita ad eventuali inadempimenti di entrambe le associande ed era chiaramente determinata in tutte le sue componenti soggettive. Peraltro nella successiva procedura concorsuale le controparti hanno tratto congiuntamente gli assegni costituenti la cauzione provvisoria.
4.1.- Osserva la Sezione che la censura non è nuova, come eccepito dalle Controinteressata 2. s.r.l. e Controinteressata Ecologia s.r.l. nell’assunto che in primo grado era stata dedotta la illegittimità della loro ammissione alla gara solo nell’assunto che gli assegni erano inidonei a coprire l’eventuale inadempimento della impresa essendo stati tratti da una sola mandataria.
Il motivo è infatti volto a contestare l’assunto del primo Giudice che, con riguardo a detta censura, ha affermato che l’assegno circolare costituisce una sorta di garanzia reale, in virtù della quale l’eventuale inadempimento dell’ATI è garantito dalla possibilità di riscuoterlo indipendentemente dalla impresa associanda che lo ha tratto.
4.2.- Nel merito va rilevato che l’assegno circolare, a differenza di quello bancario, costituisce un ordinario strumento di pagamento delle obbligazioni pecuniarie, in tutto e per tutto equivalente al versamento in contanti delle somme dovute; pertanto, in sede di gara per l’aggiudicazione di lavori pubblici, la presentazione delle cauzioni mediante assegno circolare deve ritenersi ritualmente effettuata rispetto alla previsione del bando che faccia riferimento al versamento per numerario o in titoli di Stato o garantiti dallo Stato (Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 4 luglio 2000, n. 328).
Infatti, se si considera la natura dell’assegno circolare, per giunta non trasferibile (la cui emissione ai sensi dell’art. 82 del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736 è consentita soltanto agli Istituti di credito appositamente autorizzati, i quali sono tenuti a costituire apposita cauzione a garanzia degli assegni emessi e sulla quale i portatori dei titoli hanno un privilegio speciale), deve ritenersi sul piano sostanziale che la consegna di esso equivalga per il prenditore alla percezione di denaro contante, attesa la sicura solvibilità della banca emittente.
Va, ancora, osservato che anche la giurisprudenza più recente è orientata nello stesso senso, avendo chiaramente ribadito che l’assegno circolare è un idoneo strumento di pagamento delle obbligazioni pecuniarie, in tutto equivalente al versamento in contanti delle somme dovute (cfr., fra le tante: Consiglio di Stato, Sezione IV, 28 aprile 2006 n. 2399), in quanto la stessa natura dell’assegno circolare assicura al legittimo portatore la sicurezza di conseguire la somma di danaro in esso indicata, così che (salvo che non vi siano dubbi sulla sua regolarità o autenticità ovvero salvo che non vi sia un apprezzabile interesse a ricevere il danaro in contanti, anziché in titoli) è idoneo ad estinguere l’obbligazione.
Ciò tanto più se si tiene conto che “la norma generale in materia, contenuta nell’articolo 54 del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, prevede che la cauzione possa essere prestata alternativamente in numerario, in titoli di stato o garantito dallo Stato o a mezzo di fideiussione” e che le norme di settore “non escludono assolutamente la possibilità di costituire depositi cauzionali con modalità diverse da quelle stabilite nella lettera d’invito” (Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 2399/2006 cit.).
Di conseguenza, per quanto riguarda le finalità che con il deposito cauzionale l’Amministrazione che ha indetto la procedura ad evidenza pubblica ha inteso perseguire, ritiene il Collegio che l’acquisizione dell’assegno circolare a titolo di deposito cauzionale sia sicuramente in grado di garantire l’impegno assunto con l’offerta, in vista della successiva stipula del contratto in caso di aggiudicazione della gara, nel senso che l’incasso dell’assegno consentirà di imputare la relativa somma in conto del prezzo di aggiudicazione, come pure di procedere al suo incameramento nell’ipotesi di successiva mancata stipula del contratto o di omesso pagamento del prezzo di vendita nel termine stabilito dall’avviso d’asta.
Nelle obbligazioni aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, il pagamento effettuato mediante corresponsione di un assegno circolare, secondo gli usi negoziali, come è prassi per i pagamenti delle società di assicurazione o comunque ove accettato dal creditore, è quindi da ritenersi idoneo ad estinguere l’obbligazione, senza che occorra un preventivo accordo delle parti in tal senso o il rilascio di una quietanza liberatoria e senza che un tale effetto possa farsi discendere dal giorno dell’incasso del titolo, ossia dalla volontà del creditore, atteso che detto assegno costituisce un mezzo di pagamento e non sussiste alcun pericolo di mancanza della provvista presso la banca obbligata al pagamento, in quanto gli istituti autorizzati ad emettere gli assegni circolari ex art. 82 r.d. n. 1736 del 1933 devono costituire per legge idonea cauzione a garanzia degli stessi. (Cassazione civile, sez. III, 19 dicembre 2006, n. 27158).
D’altra parte, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cassazione civile, 7 luglio 2003, n. 10695; 10 febbraio 1998, n. 1351; 13 gennaio 1982, n. 186), la consegna di assegni circolari, pur non equivalendo direttamente al pagamento a mezzo di somme di danaro, estingue l’obbligazione anche quando il rifiuto del creditore appare contrario alle regole di correttezza che gli impongono l’obbligo di prestare la sua collaborazione all’adempimento dell’obbligazione a norma dell’art. 1175 c.c..
Va infine considerato che il comma 1 dell’art. 75 del d. lgs. n. 163/2006 prevede la possibilità di prestare la garanzia di cui trattasi mediante cauzione, o fideiussione, e che i commi 3, 4 3 5 disciplinano solo la seconda forma di garanzia, con inapplicabilità alla garanzia prestata mediante deposito reale, quale deve considerarsi anche il deposito dell’assegno circolare.
Per le considerazioni che precedono nel caso di specie, non potendo negarsi che la funzione propria della cauzione fosse assicurata adeguatamente ed interamente anche dall’assegno circolare, non vi è dubbio che le prescrizioni della lettera d’invito, anche se non la indicavano espressamente detta modalità di garanzia nel novero di quelle di costituzione del deposito cauzionale provvisorio, siano state sostanzialmente rispettate mediante prestazione della garanzia provvisoria a mezzo di assegno circolare, con conseguente rispetto della “par condicio” dei partecipanti alla gara.
Pertanto la censura in esame non può essere accolta.
5.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto, con riguardo al terzo motivo di ricorso, che con la sentenza impugnata, è stato erroneamente ritenuto sussistente il requisito minimo di capacità organizzativa previsto dall’art. 7 del capitolato e consistente nell’obbligo di effettuare lo smaltimento dei fanghi di depurazione con le modalità ed i sistemi più economici per la stazione appaltante, individuati nel conferimento in agricoltura del maggior quantitativo degli stessi, con necessità di provare la disponibilità di un congruo e sufficiente numero di terreni agricoli sui quali realizzare lo spandimento dei fanghi senza preventivo trattamento.
Le ditte facenti parte del raggruppamento controinteressato hanno dichiarato nelle domande di partecipazione alla gara di avere la disponibilità di due soli siti agricoli nella Regione Toscana, in cui è possibile effettuare lo spandimento dei fanghi senza detto trattamento, insufficienti a smaltire tutto il quantitativo previsto, con necessità di spandimento in terreni situati nella Regione Veneto, in cui è necessario il preventivo assoggettamento a compostaggio, che renderebbe antieconomico detto tipo di organizzazione aziendale per l’Amministrazione appaltante.
5.1.- Osserva al riguardo la Sezione che l’art. 7 del capitolato d’oneri stabiliva per l’appaltatore l’obbligo di effettuare lo smaltimento dei rifiuti di cui trattasi con le modalità e i sistemi sopra indicati dalla parte appellante, tenuto conto delle caratteristiche chimico fisiche dei rifiuti e delle conseguenti possibilità di corretto smaltimento. Stabiliva inoltre che quando, per le caratteristiche chimico fisiche del fango, si fosse reso necessario ricorrere allo smaltimento in compostaggio o discarica, la stazione appaltante avrebbe dovuto preventivamente autorizzare dalla stazione appaltante previa effettuazione delle verifiche tecniche necessarie.
Nell’allegato 1), recante i quantitativi di fanghi di depurazione da smaltire su base annua, il capitolato, nell’individuare gli impianti da cui avrebbero dovuto essere prelevati i rifiuti, ha stimato la produzione annua di fanghi da conferire in agricoltura di circa quattro volte superiore a quella da avviare a compostaggio, ma non ha espressamente individuato o prescritto come la più economica forma di smaltimento da indicare quella effettuabile mediante conferimento diretto in agricoltura, né ha stabilito che fosse obbligatorio il conferimento dei fanghi in detta diretta modalità indicata senza possibilità di preventivo compostaggio prima del conferimento in agricoltura.
La circostanza che la Controinteressata 2. s.r.l. possedeva un impianto in grado di spargere anche nelle campagne del Veneto i fanghi di risulta senza costi aggiuntivi per la stazione appaltante, in base a criteri di gestione aziendali non manifestamente illogici (stante la possibilità di recuperare diversamente i presumibili maggiori oneri da affrontare), dimostra, come condivisibilmente ritenuto dal Giudice di primo grado, che la stazione appaltante aveva legittimamente ritenuto sussistenti in capo all’A.T.I. contro interessata i requisiti minimi i capacità tecnico organizzativa per provvedere all’obbligo di smaltimento previsto in detto capitolato, a prescindere dal possesso di soli due siti agricoli nella Regione Toscana, in cui è possibile effettuare lo smaltimento in agricoltura senza preventivi trattamenti, e di altri terreni situati nella Regione Veneto, in cui lo spandimento è subordinato a previo trattamento.
Peraltro la affermazione contenuta nell’atto di appello, che la necessità di sottoporre a previo compostaggio i fanghi da smaltire nella Regione Veneto comportava la antieconomicità della necessaria organizzazione aziendale per la Amministrazione appaltante, è da valutare inadeguatamente dimostrata, dovendosi prendere atto delle asserzioni della parte contro interessata circa la non rilevante percentuale dello smaltimento de quo rispetto al complesso delle attività previste nell’appalto, il possesso di un impianto di compostaggio e la affermata possibilità di smaltire in agricoltura la quantità di fanghi prevista senza aggravi di spese per la stazione appaltante non affrontabili.
Anche la esaminata censura non è quindi suscettibile di condivisione.
6.- Con il terzo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R. avrebbe erroneamente disatteso i motivi di ricorso con i quali era stato denunciato il mancato assoggettamento a procedura di verifica di anomalia (consentita, ex art. 86, comma 3, del d. lgs. n. 163/2006, richiamato nella “lex specialis”, anche in caso di offerte inferiori al numero di cinque quando l’offerta appaia anomalmente bassa) della offerta dell’A.T.I. Controinteressata 2. s.r.l. (che si era impegnata ad effettuare il procedimento di stabilizzazione, analogo a quello di compostaggio dei fanghi, nella Regione Veneto al medesimo corrispettivo indicato per lo smaltimento in agricoltura senza costi aggiuntivi per la stazione appaltante, cioè ad un prezzo pari alla metà di quanto dovuto), sussistendo, almeno ex ante, gli elementi specifici richiesti dalla legge per qualificarla anomalmente bassa.
La tesi di detto Giudice, che l’attività di stabilizzazione, che non risultava comportare, in sé considerata, oneri di importo pari a quella di compostaggio (in quanto afferente a cicli di lavorazione e all’uso di materiali e prodotti diversi rispetto ai processi di stabilizzazione), essendo accessoria, non appariva tale da far ritenere l’offerta de qua come affetta da manifesti indizi di anomalia, sarebbe incondivisibile, sia perché la differenza tra il processo di compostaggio e quello di stabilizzazione attiene solo alla qualità del rifiuto in uscita (non costituendo “cicli” diversi) e sia perché la smaltimento in agricoltura di 16.680 tonnellate di fanghi l’anno non potrebbe essere considerato attività accessoria né dal punto di vista quantitativo e né dal punto di vista gestionale.
La circostanza che i costi per lo svolgimento di detta attività hanno una incidenza quasi “totalitaria” rispetto all’importo complessivo del contratto escluderebbe che vi sia una restante voce dell’appalto che consenta di recuperare detti maggiori oneri.
Poiché il giudizio sulla congruità della offerta deve essere rivolto alle circostanze che le voci di costo che per rilevanza ed incidenza complessiva possono rendere l’intera operazione economica come non plausibile o che sussistano dubbi sulla idoneità della offerta a garantire l’efficace perseguimento dell’interesse pubblico, nel caso che occupa la stazione appaltante avrebbe dovuto acquisire idonei chiarimenti sulle effettive voci di costo e sulle condizioni di eccezionale favore che avrebbero potuto consentire alla parte aggiudicataria di avviare a compostaggio l’ottanta per cento dei fanghi prodotti allo stesso prezzo previsto per il loro smaltimento in agricoltura senza rinunciare all’utile di impresa.
6.1.- Osserva la Sezione che la censura, a prescindere dalla eccezione di tardività formulata dalla ATI contro interessata, è insuscettibile di positiva valutazione.
In una gara per l’affidamento di un appalto di lavori pubblici, la facoltà, ex art. 86, comma 3, del d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 (ancorata al presupposto della presenza, in concreto, di un sospetto di anomalia dell’offerta medesima), di procedere comunque alla valutazione della congruità del ribasso, costituisce espressione di discrezionalità tecnica riconosciuta dalla legge alle Amministrazioni aggiudicatrici, sindacabile esclusivamente in presenza di macroscopica irragionevolezza o erroneità fattuale (Consiglio di Stato, sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3589), esercitabile solo qualora la stazione appaltante ritenga, in base ad elementi oggettivi, che vi siano degli indici di anomalia dell’offerta che necessitino di chiarimenti da parte dell’impresa.
La determinazione di non esercitare la facoltà di cui all’art. 86 comma 3, del d. lg. 12 aprile 2006 n. 163, proprio per la natura discrezionale e residuale del potere ivi descritto, non necessita nemmeno di essere motivata dalla stazione appaltante (Consiglio di Stato, sez. VI, 27 luglio 2011, n. 4489).
Detta decisione di procedere a verifica di anomalia – che non può essere quindi apprezzata direttamente in sede giurisdizionale – deve essere comunque frutto di un giudizio sull’offerta di carattere globale e sintetico, al fine di valutare se la singola inesattezza di una voce del prezzo offerto incida in modo significativo sulla serietà e attendibilità dell’offerta complessiva, tenuto anche conto dell’entità della voce stessa nell’economia dell’offerta, e se trovi rispondenza nella realtà di mercato e aziendale.
Nella fattispecie in esame detta irragionevolezza non è riscontrabile, essendo al contrario immune da vizi di logicità estrinseca la determinazione della stazione appaltante di non procedere alla valutazione di anomalia della offerta ai sensi di detto art. 86, comma 3, del d. lgs. n. 163/2006, nonché condivisibile la decisione del primo Giudice di respingere i motivi aggiunti con i quali la censura è stata formulata.
Ciò in quanto le valutazioni delle appellanti riguardano una parte del servizio e non tutta la attività in cui si sostanzia, è incontestato il possesso di un impianto di compostaggio da parte della Controinteressata 2. s.r.l. e sussiste comunque la possibilità di smaltire in agricoltura la quantità di fanghi prevista senza insostenibili aggravi di spese.
Non è stato infatti adeguatamente dimostrato dalla parte appellante che i costi per lo svolgimento della ulteriore attività di stabilizzazione per i soli fanghi destinati alla Regione Veneto assumano una incidenza quasi totalitaria rispetto all’importo complessivo del contratto, anche perché i calcoli da essa parte effettuati circa un costo di smaltimento fanghi doppio rispetto a quello indicato riguardano operazioni di compostaggio, e non di stabilizzazione, e sono stati effettuati a prezzi di mercato, mentre la Controinteressata 2. s.r.l. è titolare diretta dell’impianto in cui effettuare le operazioni e gestisce direttamente l’impianto necessario a stabilizzare i rifiuti da versare in agricoltura nella Regione Veneto, con, per comune conoscenza, costi inferiori a quelli da affrontare in caso di ricorso alla attività di terzi.
Inoltre l’attività di stabilizzazione prevista dalla normativa di detta Regione è meno complessa, come convincentemente evidenziato in sentenza, di quella prevista per il compostaggio, alla quale fa riferimento la parte appellante (che ammette comunque che detta differenza, anche se attinente esclusivamente alla qualità del rifiuto in uscita, sussiste).
Non può essere quindi considerata, secondo il collegio, manifestamente irragionevole la determinazione della stazione appaltante di non esercitare la facoltà di cui all’art. 86 comma 3, d. lg. 12 aprile 2006 n. 163.
7.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione. Conseguentemente vanno dichiarati inammissibili i motivi di ricorso incidentale di primo grado riproposti dalla Controinteressata 2. s.r.l. e dalla Controinteressata Ecologia s.r.l. e resta assorbita ogni altra eccezione formulata dalle parti.
8.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame.
Compensa le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)