cosi’ nella sentenza numero 235 del 30 dicembre 2014 pronunciata dalla Corte dei Conti, sezione della Lombardia
Giova premettere, sul piano sistematico, che, contrariamente a quanto spesso e tralaticiamente si afferma in dottrina ed in giurisprudenza, un definizione normativa di mobbing nel nostro ordinamento esiste, ed è contenuta in una fonte tra l’altro applicabile al caso di specie, ovvero il CCNL comparto ministeri 2002-2005 che, al comma 1 dell’ art .6 (Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing), statuisce che “Le parti prendono atto che nelle pubbliche amministrazioni sta emergendo, sempre con maggiore frequenza, il fenomeno del mobbing, inteso come forma di violenza morale o psichica in occasione di lavoro – attuato dal datore di lavoro o da altri dipendenti – nei confronti di un lavoratore.
Esso è caratterizzato da una serie di atti, atteggiamenti o comportamenti, diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico ed abituale, aventi connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie tali da comportare un degrado delle condizioni di lavoro e idonei a compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore stesso nell’ambito dell’ufficio di appartenenza o, addirittura, tali da escluderlo dal contesto lavorativo di riferimento”
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