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La risarcibilità degli « interessi legittimi » configurata all’alveo generale proprio dell’art. 2043 c.c

In generale, l’art. 30 c.p.a. II co. del Codice del processo amministrativo riconduce la risarcibilità degli « interessi legittimi » all’alveo generale proprio dell’art. 2043 c.c., ponendo quindi a fondamento della responsabilità della P.A.: 

— il mancato o l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa: per cui è sempre necessario il previo accertamento della natura antigiuridica della condotta dell’Amministrazione; 

— un « danno ingiusto », e cioè l’accertamento di una lesione economicamente valutabile di carattere manifestamente iniquo perché conseguente all’illegittimità dell’attività provvedimentale; 

— un diretto ed immediato nesso di causalità tra la colpa efficiente dell’Amministrazione e nocumento patrimoniale. 

In conseguenza deve comunque rilevarsi come, in ogni caso, debba sussistere ed essere accertata un’illegittimità colpevole dell’Amministrazione, non potendo comunque configurarsi una generica responsabilità per un “comportamento lecito” in termini di “responsabilità precontrattuale” o “extra-contrattuale” (essendo del tutto fuori da ogni paradigma di tipo para-negoziale); o addirittura come una responsabilità oggettiva “sui generis” (che l’ordinamento riconosce solo in tassative specifici casi: es. artt. 2049-2054 c.c.). 

Pertanto, se l’Amministrazione ha adottato atti legittimi relativamente a procedimenti cui è tenuta per legge, non può essere riconosciuto alcun risarcimento per la carenza dell’elemento di una colpa dell’amministrazione che sia tale da far connotare i danni lamentati in termini di “ingiustizia” del danno che, a tutto voler concedere, resta di carattere meramente fattuale. 

Di qui il rigetto della richiesta risarcitoria. 

a cura di Sonia Lazzini 

passaggio tratto dalla decisione numero 4153  del 20 agosto   2013 pronunciata dal Consiglio di Stato

Sentenza integrale

N. 04153/2013REG.PROV.COLL.
N. 04555/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4555 del 2012, proposto da:
Ricorrente Turismo Sociale S.r.l., Societa’ Immobiliare Alberghiera Turistica – Ricorrente 2 Srl, Hotel Ricorrente 3, rappresentati e difesi dall’avv. Maurizio Miranda, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Comune di Ancona, rappresentato e difeso dagli avv. Gianni Fraticelli, Federico Canalini, con domicilio eletto presso Federico Canalini in Roma, via Collazia, N.2/F; Provincia di Ancona, rappresentato e difeso dall’avv. Claudia Domizio, con domicilio eletto presso Giovanni Bonaccio in Roma, Piazzale Clodio, 56 IV Piano,Int.8; Regione Marche;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MARCHE – ANCONA: SEZIONE I n. 00882/2011, resa tra le parti, concernente disposizioni della regione per il riavvio delle attività edilizie al fine di fronteggiare la crisi economica , difendere l’occupazione e migliorare la sicurezza degli edifici – ris. danni

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Ancona e di Provincia di Ancona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Maurizio Miranda, Federico Canalini e Giovanni Bonaccio (su delega di Claudia Domizio);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame le società appellanti che gestiscono alberghi in Portonovo, località ricadente all’interno del Parco Regionale del Conero e del Piano Particolareggiato Esecutivo (PPE) chiedono l’annullamento della sentenza con cui è stato respinto il loro ricorso con cui, oltre al risarcimento dei danni, hanno chiesto l’annullamento della delibera del Comune di Ancona n. 17 dell’11 febbraio 2011 nella parte in cui esclude gli immobili destinati ad attività alberghiera, ricadenti in area del Parco del Conero, dall’applicazione degli incrementi di cubatura previsti dalla Legge Regionale 21.12.2010 n.19 (c.d. “piano casa”).
La decisione del TAR,tra l’altro, ha affermato che:
— l’articolo 4, 5° comma, lett. d) della L.R. Marche n. 22/2009 (come modificato dall’articolo 4, comma 7, della legge regionale n. 19/2010), esclude dai benefici del c.d. Piano Casa gli immobili ricadenti nel territorio dei parchi nazionali e regionali per i quali la fattibilità degli interventi è esclusivamente condizionata dalla normativa speciale contenuta nel Piano del Parco;
— gli ampliamenti del c.d. Piano Casa sono consentiti soltanto per gli immobili ricadenti nelle previsioni citate della legge n. 34/1991, per i quali i Piani dei parchi prevedono interventi di recupero mediante ristrutturazione edilizia o demolizioni e ricostruzioni;
— la norma di riferimento per l’applicabilità del Piano Casa sarebbe dunque il Piano del Parco per cui, solo là dove il piano del Parco prevede interventi di recupero mediante ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione, sarà possibile beneficiare degli ampliamenti di volumetria del piano casa;
— il richiamo al piano particolareggiato di Portonovo del Comune di Ancona escluderebbe la possibilità di “recupero mediante ristrutturazione edilizia o demolizione ricostruzione”;
— non sussisterebbe alcuna disparità di trattamento tra gli immobili dei ricorrenti e tutti gli altri immobili inseriti nei comparti previsti dal PPI di Portonovo la limitazione dei benefici della stessa L.R. n. 22/2009 ai soli stabilimenti balneari dalle strutture ristorative ubicate sulla spiaggia obbedirebbero a valutazioni di carattere urbanistico paesaggistico ed ambientale;
— l’operato del Comune apparirebbe coerente in quanto le strutture balneari e ristorative erano state inserite nel P.I.P. di specifici comparti fin dal 2001 cosa che non sarebbe accaduta negli alberghi.
L’appello, premesso il riepilogo delle ragioni del provvedimento amministrativo, dei motivi del ricorso di primo grado ed di tutte le argomentazioni della sentenza impugnata, è affidato rispettivamente:
__ 1.alla riproposizione del primo e del secondo capo di doglianza di primo grado “a valere quale motivo di appello”;
__ 2. alla denuncia dell’erroneità delle motivazioni sui motivi di ricorso con riguardo all’applicazione della L.R. Marche n. 19/2010 e degli articoli 169 e174 del piano del Parco Regionale del Conero;
__ 3. all’omessa decisione sulla rilevante questione denunciata col terzo motivo di ricorso relativa alla violazione dell’articolo 39 della L.R. n. 34/1992
__ 4. alla mancata motivazione in ordine del rigetto della richiesta di risarcimento danni, conseguenti al fatto che il Comune avrebbe utilizzato la norma del Piano Casa come atipica misura di salvaguardia del nuovo piano particolareggiato all’epoca in itinere, il quale avrebbe inibito alle aziende di sviluppare le innovazioni che avrebbero consentito loro un aumento dei redditi e del valore dei loro immobili.
La Provincia di Ancona si è solo formalmente costituita in giudizio.
Il Comune di Ancona si è costituito in giudizio e, con memoria, ha confutato, sia pure in maniera unitaria, le affermazioni dei ricorrenti e concludendo per il rigetto.
Chiamata all’udienza pubblica del 26 marzo 2013, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
L’appello è infondato.
___1.§ In primo luogo devono essere dichiarati inammissibili la prima e la seconda censura di primo grado dedotti “a valere quale motivo di appello” .
L’appellante ha infatti l’obbligo di indicare nell’atto di appello le specifiche critiche rivolte contro i capi della sentenza gravata e deve indicare le ragioni per le quali le conclusioni cui il primo giudice è pervenuto non sono condivisibili (cfr. Consiglio di Stato Sez. V 17 settembre 2012 n. 4915; Consiglio di Stato, Sez. III 13 settembre 2012 n. 4877).
Ai sensi dell’art. 101, c.p.a. infatti nel processo amministrativo l’appello dinanzi al Consiglio di Stato avverso la decisione di primo grado non può consistere né nella mera riformulazione; né può limitarsi a richiamare le censure prospettate con il ricorso di primo grado; né può limitarsi ad una pedissequa riproposizione delle questioni e delle eccezioni articolate in quel grado; infine non può neppure indebitamente collocare i predetti motivi nell’ambito del “fatto” in violazione, in conseguenza dell’introduzione del principio di differenziazione delle parti del ricorso prescritto dall’art. 40 del c.p.a. .
___2.§. Con il primo motivo sostanziale di censura ( in realtà rubricato sub n.3, a pagina 25) si lamenta l’erroneità della sentenza in quanto l’articolo 174 rimanderebbe espressamente al piano particolareggiato solo per quanto non previsto dalle norme del piano del parco. L’articolo 169 del Piano del Parco consentirebbe anche agli immobili ricompresi nel territorio del Parco l’ampliamento contemplato dalla legge sul Piano Casa. Irrilevanti, e fuori dal contesto, sarebbero dunque state le considerazioni del TAR sul rilievo risolvente del Piano Particolareggiato di Portonovo ai fini degli ampliamenti, e che per tali interventi sarebbe stata comunque necessaria una progettazione integrata al fine di riqualificare, dal punto di vista edilizio, le strutture esistenti.
Il giudice di prime cure non avrebbe considerato che l’eventualità di attuare concretamente le previsioni del Piano Casa presupporrebbe un’attività di progettazione ossequiosa dell’art. 19 della L.R. Marche n. 9/2006, in forza della quale gli ampliamenti degli alberghi sono consentiti laddove sono finalizzati “al superamento delle barriere architettoniche, al rispetto delle norme di sicurezza ed igienico sanitarie, al risparmio energetico, all’utilizzo delle fonti di energia rinnovabile raggiungimento di innovativi standard ambientali da individuare con apposito regolamento la giunta regionale”.
Il beneficio dell’ampliamento sarebbe stato applicabile alle strutture alberghiere in quanto il Piano del Parco non escluderebbe affatto la possibilità di ampliamenti automatici delle strutture alberghiere esistente località Portonovo ed il Piano Particolareggiato esecutivo consentirebbe ristrutturazioni edilizie o demolizioni e ricostruzioni.
Il Piano del Parco ed il PPE di Portonovo consentirebbero infatti ampliamenti, sia pure modesti, e la ridetta possibilità costituirebbe una condizione legislativa per lì applicazione del piano casa.
L’assunto è privo di fondamento.
L’art. 4, comma 5, lett. d), della L.R. Marche n. 22/2009 (come modificato dall’art. 4, comma 7, L.R. n. 19/2010) esclude — in linea di principio – la possibilità di far luogo agli ampliamenti di cui al Piano casa ” … per gli immobili ricadenti nelle zone di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 dell’articolo 12 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette) dei parchi e delle riserve naturali, ad eccezione di quelli per i quali i piani dei parchi prevedono interventi di recupero mediante ristrutturazione edilizia o demolizione e ricostruzione. In tal caso l’ampliamento consentito dalla presente legge non si somma a quello eventualmente previsto dai suddetti piani”.
Pertanto deve assolutamente condividersi l’assunto logico del TAR per cui se l’art. 4, comma 5, lett. d), della cit. L.R. Marche n. 22 non esclude in assoluto dai benefici del c.d. piano casa gli immobili ricadenti nel territorio di parchi nazionali o regionali, ma li consente solo nei casi in cui la normativa speciale contenuta nel Piano del Parco consentisse possibilità di ampliamenti.
Ciò in considerazione del profilo teleologico della normativa stessa sui Parchi che, alla luce delle priorità che l’art. 9 della Costituzione dà alla tutela dell’ambiente, deve essere ritenuta preminente rispetto alle altre disposizioni di legge sopravvenute.
Il Piano Territoriale del Parco è infatti uno strumento urbanistico di valenza ambientale, idoneo ad esplicare un’immediata efficacia precettiva di carattere prevalente sia nei confronti di singoli soggetti privati interessati all’edificazione, e sia rispetto alle stesse competenze dei Comuni in materia urbanistico-edilizia impongono un immediato ed inderogabile regime di tutela dell’area interessata (cfr. Consiglio Stato sez. VI 16 dicembre 2008 n. 6214).
In altre parole le superiori finalità della tutela paesaggistica ed ambientale fanno sì che, proprio al fine di tutelare effettivamente il territorio delle aree protette ex L. n. 394/1991, le norme del c.d. Piano Casa — disciplina di natura straordinaria e congiunturale — debbano essere di stretta interpretazione proprio perché costituiscono un’espressa “… deroga ai regolamenti edilizi ed alle previsioni dei piani urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali. …” (art. 4, 1° comma L.R. Marche n. 22/2009).
Nel caso le NTA del Piano del Parco del Conero (art. 169 e 174 ), per alcune tipologie, ammettono la teorica possibilità di interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica anche mediante demolizione e ricostruzione, ma a loro volta rinviano alle specifiche discipline edilizie previste dal medesimo Piano del Parco per ogni singola zona in cui è diviso il relativo territorio del Parco.
In altre parole, il P.d.P. consente astrattamente interventi di ristrutturazione urbanistica ed edilizia (anche con demolizione e ricostruzione) ma per la concretizzazione della possibilità di ampliamento delle volumetrie degli immobili a destinazione alberghiera nell’area del Parco, si doveva fare esclusivo rinvio al PPE.
Nel caso di specie, l’articolo 169, II co. del Piano del Parco prevede che gli interventi dovranno essere definiti nel P.P.E, in coerenza con gli obiettivi e le azioni dell’APS 6 di Portonovo.
Il terzo comma della predetta norma prevede infatti che, “…ferme restando le SUL (superfici utili lorde) complessive e i rapporti minimi stabiliti per rispetto delle norme igienico sanitarie, il PPE potrà rimodulare le proporzioni dimensionali tra le diverse funzioni interne alle strutture”.
Si deve escludere che l’aumento della volumetria previsto del c.d. Piano Casa possa essere automaticamente applicabile agli immobili alberghieri posti nel perimetro di parchi a prescindere dalla specifica disciplina edilizia che la relativa normativa consente nei relativi ambiti.
Le norme del Piano Casa devono infatti comunque essere applicate nei limiti ed in conformità della disciplina del piano del parco e dei relativi piani particolareggiati esecutivi.
Se così non fosse, la normativa del parco– e le relative finalità di tutela paesaggistica, naturalistica ed ambientale — si ridurrebbero a carta straccia.
Né le tesi delle ricorrenti sono supportate dalla considerazione dell’articolo 174 delle NTA del Piano del Parco. Il riferimento a “ quanto non previsto” — per cui troverebbe applicazione il “Piano Particolareggiato di Portonovo del Comune di Ancona se ed in quanto non in contrasto con esse” — non può essere affatto arbitrariamente interpretato come un generale rinvio alle norme –arbitrariamente individuabili qualora utili agli interessi speculativi delle appellanti — ma deve essere raccordato con i limiti direttamente riconducibili alla generale previsione dell’articolo 169 di cui sopra.
In conclusione sul punto, la deliberazione consiliare impugnata del Comune di Ancona che ha previsto l’applicazione dei benefici di cui alla L.R. n. 22/2009 (e succ. mod. ex L.R. n. 19/2010) ai soli immobili inclusi nei comparti dal n. 2 al n. 13 di cui alla tavola 10 del vigente PPE di Portonovo, ed ha escluso dai benefici previsti dal citato “Piano casa” tutti gli edifici destinati ad attività alberghiera ricadenti in area del Parco del Conero costituisce un’attuazione delle disposizioni del c.d. piano casa che appare del tutto coerente con le finalità generali di tutela di un territorio.
Del resto la salvaguardia dei contenuti naturalistici del parco costituisce essa stessa una garanzia del futuro turistico ed economico dell’area.
___3.§. Con un secondo motivo di carattere sostanziale a pagina 28 (non espressamente rubricato se non da cinque asterischi) gli appellanti censurano l’evidente erroneità della decisione in quanto:
— la delibera comunale non attribuisce i benefici del piano casa agli stabilimenti balneari ma li consente – tranne che per gli alberghi — a tutti gli altri immobili di Portonovo;
— le ricorrenti avevano puntualmente contestato che il Piano Casa si sarebbe applicato ai comparti ricompresi nel P.P.E. di Portonovo, il quale era funzionale solo “…ad una differente modalità di intervento: per i comparti, piani attuativi mentre per gli immobili non ricompresi nei comparti, intervento diretto… ” . Tale scelta, che a suo tempo era finalizzata esclusivamente ad impedire l’intervento diretto, verrebbe erroneamente posta dal TAR a fondamento di una discriminazione circa l’applicazione del piano casa;
— l’inserimento nei comparti sarebbe stato finalizzato alla limitazione delle possibilità edificatorie, mentre nelle motivazioni della sentenza tale circostanza sarebbe invece funzionalizzata ad impedire gli ampliamenti del Piano Casa e quindi deporrebbe in senso esattamente contrario alla volontà espressa nel P.I.P. di Portonovo che invece sarebbe orientato sui “comparti” edificatori nell’ottica di una specifica pianificazione della loro ricollocazione e riqualificazione.
L’assunto va respinto.
Anche alla luce delle considerazioni che precedono è infatti evidente che la normativa del P.P.E. costituiva l’ambito complessivo dove doveva essere collocata in generale l’intera normativa del “Piano Casa” e, nello specifico, l’individuazione degli immobili suscettibili di ampliamento.
Per gli alberghi ubicati nell’ambito del parco, nei limiti del PPE, l’intervento restava dunque subordinato alla presentazione di una progettazione plano-volumetrica estesa a tutto il comparto e sottoscritta da tutti i proprietari. Per questo il rinvio ai “comparti” fatto dal primo giudice non solo è del tutto esatto ma è rispettoso della gerarchia delle fonti in materia che vede il Piano del Parco in posizione sovraordinata al PRG ed al piano particolareggiato esecutivo, e che demanda quest’ultimo l’individuazione degli interventi specificamente consentiti nell’ambito delle finalità di tutela e recupero delle costruzioni presenti.
Si deve rilevare che la Sezione è da tempo orientata a ritenere che, in linea di principio, il potere di pianificazione, al pari di ogni potere discrezionale, non è affatto sottratto al vaglio giurisdizionale,in quanto il giudice ben può – alla luce degli interessi pubblici e privati coinvolti — sindacare la logicità intrinseca ed estrinseca ed altresì la coerenza tra le scelte e gli obiettivi dichiarati in sede di pianificazione (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 06 maggio 2013 n. 2427; Consiglio di Stato Sez. IV 26 febbraio 2013 n. 1187).
Nel caso in esame il provvedimento impugnato appare collocarsi in una linea del tutto coerente con le proprie precedenti valutazioni sul piano urbanistico, paesaggistico ed ambientale.
La scelta di escludere solo gli alberghi appare quindi perfettamente coerente con le esigenze di limitare l’incontrollata cementificazione del Parco. Del resto nemmeno gli appellanti – al di là del generico intento speculativo — specificano le esigenze per l’applicazione degli ampliamenti anche alle strutture ricettive (ad es. sovraffollamento e saturazione delle strutture; consistenti respingimenti di richieste di ospitalità, eventi peculiari, ecc. ecc.).
Peraltro qui non è nemmeno provata l’asserita disparità di trattamento rispetto agli stabilimenti balneari ed ai ristoranti per i quali invece il Comune assume di aver previsto l’arretramento rispetto all’attuale allineamento a stretto ridotto della battigia.
Deve in definitiva escludersi che nella determinazione impugnata possano ravvisarsi palesi iniquità, disparità di trattamento, palesi illogicità, violazione dei principi di coerenza e di buon andamento.
Di qui l’infondatezza del motivo.
___3.§ Sulla scia delle considerazioni che precedono deve essere respinto anche l’ulteriore motivo – in parte dedotto a pagina 30 ed in parte riportato sotto la rubrica n. 4 – con cui si lamenta la violazione dell’art. 9 della L.R. n. 22/2009.
Erroneamente il Tar Marche avrebbe ritenuto corretto il ragionamento dell’amministrazione comunale che, senza alcuna motivazione, si sarebbe determinata allo scopo di attuare:
— da un lato le finalità previste nel P.I.P. e di Portonovo, quali la ricollocazione delle aree idonee e consentite dal citato PPI degli immobili non residenziali;
— ed al contempo avrebbe sviatoriamente perseguito il risanamento ambientale ed architettonico dell’area, consentendo l’applicazione del “piano casa” anche per gli immobili non residenziali ubicati nel P.I.P. e di Portonove contenuti nei comparti dal n. 2 al n. 13.
La delibera, in violazione dell’art. 9 della L.R. 22/2009, non avrebbe preliminarmente dunque tenuto in alcuna considerazione né la saturazione edificatoria e né le preminenti valutazioni di carattere urbanistico paesaggistico ambientale e, comunque, non avrebbe ricompreso gli immobili delle ricorrenti nell’ambito degli edifici per cui è consentito l’ampliamento.
Inoltre, come dedotto anche a pagina 31 dell’appello, il Comune si sarebbe mosso con l’intento di porre in essere una norma di chiusura e di salvaguardia di eventuali interventi del nuovo PPI per impedire l’esecuzione di interventi non in sintonia con la filosofia complessiva del futuro assetto urbanistico ed edilizio della baia previsto dal nuovo PPE.
Tali considerazioni dimostrerebbero l’illegittimità della determinazione impugnata richiamando a tal proposito le argomentazioni ri-trascritte nella parte narrativa dell’appello, al n. 16 della stessa, con specifico riferimento alla trascrizione del terzo motivo di ricorso.
Il Tar non avrebbe affatto considerato lo sviamento di potere.
L’assunto va respinto.
A parte il rilievo del ricordato principio della prevalenza delle disposizioni del Parco sulle norme del Piano casa, le motivazioni della scelta di escludere gli alberghi dovevano essere collocate proprio nella loro coerenza con la pianificazione del PPE, nell’ambito del quale trovavano la loro unica regolazione.
Al riguardo del lamentato profilo concernente la carente motivazione, si deve rilevare che è le ragioni dell’esclusione risultano evidenti nelle stesse finalità della tutela paesaggistica – ambientale, che ben giustificava l’esclusione di ogni ulteriore superfetazione edilizia di un’area il cui patrimonio naturalistico è stato notevolmente eroso negli ultimi decenni (come del resto come emerge chiaramente dalle mappe satellitari storiche presenti sul web).
Al riguardo, la disposizione dell’art. 9 per cui i Comuni potevano “…limitarne l’applicabilità in relazione a determinati immobili o zone del proprio territorio, sulla base di specifiche motivazioni dovute alla saturazione edificatoria delle aree o ad altre preminenti valutazioni di carattere urbanistico o paesaggistico o ambientale…” concerneva manifestamente aree diverse da quelle specificamente facenti parte dell’area di un Parco, le cui esigenze di tutela, e quindi le relative motivazioni sono in re ipsa, in quanto rinvenibili nella stessa istituzione del Parco che è finalizzato alla tutela dei valori protetti dall’art. 9 Costituzione.
In conseguenza l’impugnata esclusione appare del tutto legittima in quanto non sarebbero necessarie motivazioni. Contrariamente a quanto vorrebbero gli appellanti, la disposizione era in perfetta sintonia sia con il precedente PPE e comunque con la ricordata disposizione di cui all’art. 169 delle NTA del Parco.
___ 4.§ Con l’ultima rubrica si assume l’erroneità della decisione del Tar Marche non avrebbe motivato sulla richiesta di risarcimento dei danni conseguenti alla deliberazione impugnata la quale avrebbe costituito una misura atipica di salvaguardia del futuro piano particolareggiato.
Di qui la richiesta di liquidazione del danno in via equitativa ai sensi dell’articolo 34 comma quattro del c.p.a. .
La richiesta risarcitoria è infondata.
In generale, l’art. 30 c.p.a. II co. del Codice del processo amministrativo riconduce la risarcibilità degli « interessi legittimi » all’alveo generale proprio dell’art. 2043 c.c., ponendo quindi a fondamento della responsabilità della P.A.:
— il mancato o l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa: per cui è sempre necessario il previo accertamento della natura antigiuridica della condotta dell’Amministrazione;
— un « danno ingiusto », e cioè l’accertamento di una lesione economicamente valutabile di carattere manifestamente iniquo perché conseguente all’illegittimità dell’attività provvedimentale;
— un diretto ed immediato nesso di causalità tra la colpa efficiente dell’Amministrazione e nocumento patrimoniale.
In conseguenza deve comunque rilevarsi come, in ogni caso, debba sussistere ed essere accertata un’illegittimità colpevole dell’Amministrazione, non potendo comunque configurarsi una generica responsabilità per un “comportamento lecito” in termini di “responsabilità precontrattuale” o “extra-contrattuale” (essendo del tutto fuori da ogni paradigma di tipo para-negoziale); o addirittura come una responsabilità oggettiva “sui generis” (che l’ordinamento riconosce solo in tassative specifici casi: es. artt. 2049-2054 c.c.).
Pertanto, se l’Amministrazione ha adottato atti legittimi relativamente a procedimenti cui è tenuta per legge, non può essere riconosciuto alcun risarcimento per la carenza dell’elemento di una colpa dell’amministrazione che sia tale da far connotare i danni lamentati in termini di “ingiustizia” del danno che, a tutto voler concedere, resta di carattere meramente fattuale.
Di qui il rigetto della richiesta risarcitoria.
___ 5.§. In conclusione l’appello deve essere respinto, con la conseguente conferma della sentenza appellata, sia pure con le ulteriori integrazioni della motivazione di cui sopra.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando:
___1. Respinge l’appello, come in epigrafe proposto:
___2.Condanna le appellanti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio che vengono liquidate in € 3.000,00 oltre all’Iva ed alla CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore
Oberdan Forlenza, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/08/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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