martedì , 21 Marzo 2023

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La ricorrente non ha provato neppure l’esistenza di una concreta chance di aggiudicazione

Il rigetto della domanda risarcitoria comporta anche il rigetto della domanda diretta ad ottenere la condanna al risarcimento del danno curriculare, tenuto conto che detta tipologia di danno presuppone la spettanza dell’aggiudicazione, in quanto trattasi di danno effettivo e non di perdita di chance (cfr. T.A.R. Lombardia Sez. I Milano, 9 ottobre 2012 n. 2497).
Infine, occorre rilevare che la ricorrente ha chiesto nel ricorso il solo danno da mancata aggiudicazione e non anche il danno da perdita di chance, avendo per la prima volta formulato detta richiesta soltanto nella memoria non notificata depositata il 29 aprile 2013, dopo aver preso cognizione della memoria dell’Avvocatura erariale depositata il 9 luglio 2012, nella quale si contestava il “diritto” all’aggiudicazione.
Detta nuova domanda risarcitoria, non essendo stata proposta nel ricorso introduttivo – neppure in via subordinata rispetto alla domanda di risarcimento del danno da mancata aggiudicazione – né successivamente con atto notificato (ma con la sola memoria difensiva depositata), deve ritenersi inammissibile, in quanto diretta all’ampliamento del petitum, senza il necessario rispetto del principio del contraddittorio tra le parti.
In ogni caso, la ricorrente non ha provato neppure l’esistenza di una concreta chance di aggiudicazione.
Secondo il Consiglio di Stato (sez. V, 2 febbraio 2008, n. 490) “il danno, per essere risarcibile, deve essere certo e non meramente probabile, o comunque deve esservi una rilevante probabilità del risultato utile” e ciò è quello che “distingue la chance risarcibile dalla mera e astratta possibilità del risultato utile, che costituisce aspettativa di fatto, come tale irrisarcibile”.
In tal senso, la giurisprudenza ha ancorato il risarcimento del danno cd. “da perdita di chance” a indefettibili presupposti di certezza dello stesso, escludendo il caso in cui l’atto, ancorché illegittimo, abbia determinato solo la perdita di una “eventualità” di conseguimento del bene della vita (cfr. T.A.R. Napoli Campania sez. VIII 19 dicembre 2012 n. 5254).
Nel caso di specie non è stata provata la concreta chance di aggiudicazione, ma addirittura – come già rilevato – può ipotizzarsi che l’utilizzazione di diversi criteri di valutazione delle referenze non avrebbero potuto comportare il sovvertimento della graduatoria.
Il ricorso deve essere pertanto respinto.
a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla sentenza  numero 7480 del  23 luglio  2013  pronunciata dal Tar Lazio, Roma

 

Sentenza integrale

N. 07480/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03062/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3062 del 2012, proposto da:
Soc Coop La Ricorrente Spa, rappresentato e difeso dall’avv. Dante Grossi, con domicilio eletto presso Dante Grossi in Roma, viale Giulio Cesare, 14;

contro

Laziodisu – Agenzia Per il Diritto Allo Studio Universitario del Lazio, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la condanna

dell’Amministrazione resistente al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente a causa della mancata aggiudicazione dell’appalto relativo al servizio mensa, presso la propria sede di Roma, in Viale Ministero Affari Esteri.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Laziodisu – Agenzia Per il Diritto Allo Studio Universitario del Lazio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 maggio 2013 il dott. Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso R.G. n. 15096 del 1998, la società Ricorrente s.c.a r.l. e Ricorrente 2 – Servizi Ricorrente 3 s.c. a r.l. (che poi si è fusa con La Ricorrente) hanno impugnato il provvedimento del 10 luglio 1998 n. 292, con il quale l’Azienda per il diritto allo studio universitario dell’Università “La Sapienza” (Adisu) aveva aggiudicato alla concorrente ALFA Service P. ALFA S.r.l. l’appalto del servizio di mensa presso la propria sede di Roma, Viale Ministero Affari Esteri.

Con sentenza n. 359/07, il T.A.R. Lazio ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento di aggiudicazione del contratto alla ALFA Service P. ALFA S.r.l.

Il T.A.R. ha accolto il primo motivo di ricorso con il quale le ricorrenti avevano dedotto i vizi di “violazione degli artt. 2 e 15, punto 7, del c.s.a., con riferimento all’art. 14 c. 3 del D.Lgs. 157/95 – Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche, ed in particolare: contraddittorietà, sviamento, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, con riferimento alla predisposizione di sottocriteri di valutazione delle referenze dell’impresa di cui all’art. 2 del c.p.a.” ritenendo che i sottocriteri di valutazione stabiliti dalla Commissione contravvenissero alle prescrizioni contenute nella lex specialis di gara.

Nel ricorso impugnatorio La Ricorrente aveva dedotto che – applicando correttamente i parametri previsti nel bando di gara – sarebbe risultata aggiudicataria.

Con decisione n. 5113/11 depositata il 12 settembre 2011, la sesta Sezione del Consiglio di Stato ha dichiarato irricevibile l’appello.

La sentenza del T.A.R. Lazio è dunque passata in giudicato.

Poiché l’appalto è stato nel frattempo eseguito e dunque la ricorrente non può ottenere ormai l’aggiudicazione, ha proposto il presente ricorso con il quale ha chiesto il risarcimento del danno derivante dalla mancata aggiudicazione dell’appalto, nonché il danno curriculare con interessi e rivalutazione monetaria.

Il danno da lucro cessante è stato calcolato della ricorrente applicando il criterio presuntivo desumibile dall’art. 345 della L. 20/3/1865 n. 2248 all. F (ora art. 122 del D.P.R. 554/99), individuato nel 10% del valore dell’importo che avrebbe dovuto essere corrisposto in caso di effettiva aggiudicazione, e sarebbe pari ad € 103.291,80 (10% del valore di € 1.032.913,80 dell’appalto).

In caso di non accoglimento del criterio forfettario l’utile stimato sarebbe stato pari al 12% dell’offerta.

Chiede la ricorrente anche il risarcimento del “danno curriculare” che è rimesso alla valutazione equitativa del giudice e che di norma oscilla tra l’1% ed il 5% sull’importo globale dell’appalto, o su quello liquidato a titolo di lucro cessante.

Nel caso di specie, secondo la ricorrente, dovrebbe essere riconosciuto nella misura massima (5%) essendo La Ricorrente la seconda classificata e dunque si sarebbe aggiudicata l’appalto se la Commissione avesse rispettato i criteri di aggiudicazione indicati nel bando.

Il danno curriculare sarebbe quindi pari ad € 51.645,69 pari al 5% del valore dell’appalto.

Sulla somma calcolata dovrebbero poi aggiungersi gli interessi legali a decorrere dalla data di aggiudicazione della gara (dicembre 1999) al 31/12/11, pari ad € 47.256,00 ed il maggior danno da costo del denaro, pari ad € 74.494,05, oltre quelli che matureranno fino al soddisfo, e dunque per l’importo complessivo di € 276.687,75.

Insiste quindi la ricorrente per l’accoglimento del ricorso con condanna dell’Amministrazione resistente al pagamento dei danni così come conteggiati, ovvero nella misura maggiore o minore liquidata dal Tribunale.

Si è costituita in giudizio Laziodisu che ha contestato la pretesa della ricorrente rilevando che la Ricorrente non avrebbe provato il danno, non avendo dimostrato di aver titolo all’aggiudicazione.

Ha quindi chiesto il rigetto del ricorso.

Con memoria depositata il 29 aprile 2013 la ricorrente ha replicato alle tesi difensive dell’Avvocatura ed ha comunque chiesto anche il risarcimento da perdita di chance.

All’udienza pubblica del 30 maggio 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Con sentenza n. 359/07 il T.A.R. Lazio ha annullato l’aggiudicazione dell’appalto per lo svolgimento del servizio mensa accogliendo il primo motivo di ricorso con il quale la ricorrente aveva dedotto la violazione dell’art. 2 del c.s.a. secondo cui “per le referenze dell’impresa la valutazione sarà riferita al triennio 1994/95/96 per l’esecuzione di servizi di ristorazione, della stessa tipologia di quello oggetto del presente capitolato programma, in favore di Amministrazioni pubbliche o private, sia in ambito nazionale che nel Comune di Roma, nonché al fatturato complessivo e a quello relativo ai servizi eseguiti nel Comune di Roma”.

La Commissione di gara ha interpretato detta disposizione assegnando i seguenti punteggi:

esecuzione di servizi di ristorazione (per studenti, SSN, in collettività, in strutture pubbliche o private ) punti 5;

fatturato complessivo (fatto uguale a 100 il valore più alto, per le altre imprese dividere il valore per 100, per quello più alto) punti 10;

servizi eseguiti nel Comune di Roma in favore di Amministrazioni pubbliche e/o private punti 5.

Il Tribunale accogliendo la censura della ricorrente ha rilevato che la commissione giudicatrice avrebbe dovuto attribuire rilievo preponderante alla pregressa esecuzione di servizi di ristorazione della stessa tipologia di quelli posti a base di gara; il fatturato avrebbe dovuto essere valutato in modo gradato, e comunque l’apprezzamento del ‘fatturato complessivo’ non avrebbe dovuto stravolgere l’esito dell’apprezzamento conseguito per la pregressa esecuzione di servizi di ristorazione; inoltre si sarebbe potuto anche sostenere che l’espressione di “fatturato complessivo” “non dovesse essere inteso come idoneo ad abbracciare comunque servizi diversi da quelli di ristorazione, e che la complessività voluta dalla regola di gara fosse piuttosto riferita al fatturato derivante dai soli servizi di ristorazione pregressi, ma eseguiti sull’intero territorio nazionale (l’alternativa parametrica, in seno alla regola, era del resto data dal fatturato conseguito con pregressi servizi di ristorazione resi nel solo Comune di Roma)”.

La sentenza ha quindi annullato l’aggiudicazione ritenendo illegittimi i punteggi assegnati per le referenze (in tutto 20 punti).

Con il presente ricorso la ricorrente chiede il danno da mancata aggiudicazione dell’appalto sostenendo che essendo seconda classificata, e tenendo conto del contenuto della sentenza passata in giudicato, il suo diritto sarebbe “incontestabile”.

L’Avvocatura erariale ha rilevato in memoria che per poter chiedere il danno da mancata aggiudicazione la ricorrente avrebbe dovuto provare la spettanza del bene della vita, non potendo riconnettersi la domanda risarcitoria al solo annullamento del provvedimento di aggiudicazione.

In altre parole, la ricorrente per poter chiedere il danno da mancata aggiudicazione deve dimostrare la sua idoneità a conseguirla, tenuto conto del contenuto decisorio della pronuncia del T.A.R.

Nel caso di specie, il giudice amministrativo ha ritenuto viziata la graduatoria nei confronti non solo della ricorrente, ma di tutti i partecipanti alla gara, ivi compresa la stessa ricorrente che dunque non può automaticamente considerarsi come seconda in graduatoria, tanto più che nella sentenza non vi è alcuna affermazione in merito al principio dedotto dalla ricorrente secondo cui, applicando correttamente i parametri previsti dal bando di gara, la sua offerta avrebbe dovuto essere riconosciuta come la migliore.

I principi affermati dall’Avvocatura erariale sono condivisibili anche se con alcune precisazioni.

Ai sensi di quanto disposto dall’art. 2697 c.c. la parte che chiede il risarcimento dei danni asseritamente provocati dall’illegittimo esercizio del potere amministrativo, è tenuta a fornire in modo rigoroso la prova degli elementi costitutivi del danno, tra cui la prova del nesso eziologico, l’entità del danno (ex multis Consiglio di Stato sez V 11 maggio 2010, n. 2819; id. sez. IV 15 dicembre 2011, n. 6598) oltre che della c.d. spettanza del bene della vita, vale a dire, nella fattispecie, della certezza dell’aggiudicazione in assenza dell’attività illegittima della stazione appaltante, ovvero, quantomeno, la ragionevole probabilità di conseguirla secondo un criterio di normalità.

Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza di discussione, la ricorrente ha dedotto di aver fornito la prova sull’idoneità all’aggiudicazione avendo prodotto in giudizio il ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione, i verbali di gara, elementi dai quali avrebbe potuto desumersi in modo palese la spettanza del bene della vita.

Ritiene il Collegio che – se pure non può accedersi alla tesi radicale propugnata dall’Avvocatura erariale, secondo cui l’impresa per poter chiedere i danni da mancata aggiudicazione deve dimostrare con certezza la sua idoneità all’aggiudicazione, in quanto in questo modo l’impresa sarebbe onerata di una vera e propria “probatio diabolica” – nondimeno neppure può accedersi alla tesi della ricorrente diretta a sostenere che la prova dell’idoneità all’aggiudicazione si desumerebbe in via automatica dell’annullamento dell’aggiudicazione tenendo conto della sua condizione di seconda classificata dietro alla società ALFA.

La ricorrente deve infatti provare – se non la certezza dell’aggiudicazione – quantomeno la sua ragionevole probabilità facendo applicazione del principio dell’id quod plerumque accidit.

Pertanto, la ricorrente per poter ottenere la condanna al risarcimento del danno da mancata aggiudicazione, deve provare che avrebbe potuto ragionevolmente conseguire l’aggiudicazione ove la Commissione avesse attribuito i punteggi per le referenze (per i quali era previsto il punteggio massimo complessivo di punti 20) secondo i parametri indicati dal Tribunale.

Considerato che l’aggiudicazione si riconnette al punteggio complessivo, per valutare la rilevante probabilità o la certezza dell’aggiudicazione a favore dell’una o dell’altra impresa, occorre tener conto innanzitutto dei punteggi conseguiti per tutti gli altri parametri (miglioramento servizio, merito tecnico e prezzo) che devono essere presi in considerazione nel loro valore assoluto, non essendo stati travolti dall’annullamento.

Occorre poi tener conto che i nuovi parametri di attribuzione dei punteggi si applicano anche alle altre concorrenti, tra le quali vi è pure la BETA che si è collocata a pochi punti di distanza dalla Ricorrente nella graduatoria finale (punti 71,1 di cui 64,1 per i criteri del miglioramento servizio, merito tecnico e prezzo che sono coperti da giudicato).

Nel caso di specie la ALFA aveva ottenuto – per gli altri criteri sopra indicati – punteggi più alti.

Precisamente la Ricorrente aveva ottenuto per il miglioramento servizio punti 21 e la ALFA punti 24, per il merito tecnico la Ricorrente aveva conseguito il punteggio di punti 19 e la ALFA di punti 20, per il prezzo la Ricorrente aveva ottenuto punti 20 e la ALFA punti 26,2.

Il punteggio complessivo per dette tre voci per la Ricorrente era pari a punti 60 (inferiore al punteggio conseguito dalla BETA e pari a 64,1) e per la ALFA era pari a punti 70,2.

Tra le due società esiste dunque una differenza di punteggio di punti 10,2 a vantaggio della ALFA a prescindere dal punteggio spettante per le referenze, mentre la BETA è seconda classificata dietro alla ALFA senza considerare il punteggio per le referenze (cfr. verbale n. 6, doc. n. 8 fascicolo della ricorrente).

Utilizzando i criteri adottati dalla Commissione, la Ricorrente ha ottenuto per le referenze punti 14,9, mentre la ALFA ha conseguito il punteggio di punti 16.

Modificando i parametri tenendo conto dei principi esposti dalla sentenza del Tribunale, e valutando i dati numerici emergenti dalla documentazione prodotta in giudizio, non si evince affatto la ragionevole previsione dell’aggiudicazione della gara a vantaggio della ricorrente, ed anzi, se si prende in considerazione quanto sostenuto dalla stessa ricorrente nel ricorso originario (pag. 8), la differenza di punti 6,5 che la Ricorrente avrebbe dovuto conseguire nell’attribuzione dei punteggi per le referenze secondo i parametri dedotti nel primo motivo di ricorso poi accolto dal T.A.R., non avrebbe comportato alcun sovvertimento della graduatoria.

La Ricorrente, infatti, avrebbe aggiunto il maggior punteggio di punti 15 a quello preesistente e pari a punti 60, conseguendo il punteggio complessivo di punti 75; la ALFA avrebbe aggiunto punti 8,5 al suo precedente punteggio di punti 70,2 conseguendo il punteggio complessivo di punti 78,2, comunque più alto di quello della Ricorrente.

Del resto se si analizzano i dati relativi al fatturato specifico (relativo ai soli servizi di ristorazione scorporati da quello complessivo) ci si avvede che la ALFA dispone di un fatturato per il servizio mensa più alto di quello della Ricorrente, mentre prendendo in considerazione il fatturato complessivo, la ALFA nuovamente dispone di migliori referenze, il che si traduce in un miglior punteggio.

Anche la ALFA ha svolto servizi per mense scolastiche (cfr. verbale n. 4 doc. n. 6 fascicolo della ricorrente) e dunque neppure sotto questo profilo vi può essere la ragionevole previsione che sarebbe stato assegnato alla ricorrente un punteggio tale da superare la notevole differenza di punteggi preesistente tra le due imprese.

Né può ipotizzarsi ragionevolmente che il solo riferimento allo svolgimento di servizi nella città di Roma – criterio residuale di attribuzione dei punteggi – potesse da solo sovvertire l’esito della graduatoria, non essendo fornito alcun elemento di prova a sostegno, senza contare che dagli atti prodotti in giudizio non è possibile escludere lo scavalcamento della ricorrente da parte della società terza classificata.

Ritiene dunque il Collegio che la domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente e diretta ad ottenere il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione non possa essere accolta difettando la prova – anche in termini prognostici – sulla spettanza del bene della vita.

Il rigetto della domanda risarcitoria comporta anche il rigetto della domanda diretta ad ottenere la condanna al risarcimento del danno curriculare, tenuto conto che detta tipologia di danno presuppone la spettanza dell’aggiudicazione, in quanto trattasi di danno effettivo e non di perdita di chance (cfr. T.A.R. Lombardia Sez. I Milano, 9 ottobre 2012 n. 2497).

Infine, occorre rilevare che la ricorrente ha chiesto nel ricorso il solo danno da mancata aggiudicazione e non anche il danno da perdita di chance, avendo per la prima volta formulato detta richiesta soltanto nella memoria non notificata depositata il 29 aprile 2013, dopo aver preso cognizione della memoria dell’Avvocatura erariale depositata il 9 luglio 2012, nella quale si contestava il “diritto” all’aggiudicazione.

Detta nuova domanda risarcitoria, non essendo stata proposta nel ricorso introduttivo – neppure in via subordinata rispetto alla domanda di risarcimento del danno da mancata aggiudicazione – né successivamente con atto notificato (ma con la sola memoria difensiva depositata), deve ritenersi inammissibile, in quanto diretta all’ampliamento del petitum, senza il necessario rispetto del principio del contraddittorio tra le parti.

In ogni caso, la ricorrente non ha provato neppure l’esistenza di una concreta chance di aggiudicazione.

Secondo il Consiglio di Stato (sez. V, 2 febbraio 2008, n. 490) “il danno, per essere risarcibile, deve essere certo e non meramente probabile, o comunque deve esservi una rilevante probabilità del risultato utile” e ciò è quello che “distingue la chance risarcibile dalla mera e astratta possibilità del risultato utile, che costituisce aspettativa di fatto, come tale irrisarcibile”.

In tal senso, la giurisprudenza ha ancorato il risarcimento del danno cd. “da perdita di chance” a indefettibili presupposti di certezza dello stesso, escludendo il caso in cui l’atto, ancorché illegittimo, abbia determinato solo la perdita di una “eventualità” di conseguimento del bene della vita (cfr. T.A.R. Napoli Campania sez. VIII 19 dicembre 2012 n. 5254).

Nel caso di specie non è stata provata la concreta chance di aggiudicazione, ma addirittura – come già rilevato – può ipotizzarsi che l’utilizzazione di diversi criteri di valutazione delle referenze non avrebbero potuto comportare il sovvertimento della graduatoria.

Il ricorso deve essere pertanto respinto.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Linda Sandulli, Presidente

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

Rita Tricarico, Consigliere

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

 

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