sabato , 25 Marzo 2023

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In tema di risarcimento del danno per equivalente a seguito di annullamento di un’aggiudicazione per mancata prova di possesso di adeguata certificazione di qualità

In tema di risarcimento del danno per equivalente a seguito di annullamento di un’aggiudicazione per mancata prova di possesso di adeguata certificazione di qualità

Incombe sulla parte istante la prova sia dell’an debeatur, consistente nella dimostrazione del danno, dell’ingiustizia dello stesso, del nesso di causalità e della colpevolezza del danneggiante secondo la clausola generale fissata nell’art. 2043 c.c., sia del quantum debeatur, ossia dell’ammontare del danno_ in tema di responsabilità della P.A. per esercizio illegittimo della funzione pubblica, l’accertata illegittimità dell’azione amministrativa se è vero che non è dirimente ai fini della risarcibilità è anche vero che non si profila del tutto neutrale quanto alla distribuzione dell’onere della prova, nel senso che, quanto meno, sollecita l’amministrazione convenuta a sottoporre al giudice del risarcimento concreti elementi di giudizio atti a dimostrare l’assenza di colpa; nel caso di specie manca qualunque elemento da cui desumere l’assenza di colpa dell’amministrazione nell’aver bypassato l’ineludibile disposizione normativa contenuta nell’art. 14, comma 4, del d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157. In relazione al quantum debeatur, in linea di principio, non sorgono particolari difficoltà in quanto, essendo possibile risalire al valore dell’offerta, si possono stabilire, ai sensi dell’art. 35, comma 2, del d. lgs. 31 marzo 1998, n.80, i criteri per la stima del danno. Purtuttavia non è possibile costruire uno schema di automatica equivalenza giuridica tra annullamento di un atto amministrativo, comportamento illegittimo della pubblica amministrazione e risarcibilità integrale del danno ingiusto ricevuto dal destinatario dell’atto annullato. Ciò in quanto, secondo la giurisprudenza consolidatasi in fattispecie di annullamento dell’aggiudicazione di un appalto già esaurito, il lucro cessante deve essere risarcito riconoscendo la spettanza nella sua interezza dell’utile di impresa nella misura del 10%, qualora l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi per l’espletamento di altri servizi, poiché lasciati disponibili per il contratto non eseguito; nel caso, invece, in cui tale dimostrazione non sia stata offerta, è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori o servizi o forniture, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con la conseguenza che il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5%. Quest’ultima percentuale va ulteriormente dimezzata nel caso in cui l’affidamento dell’impresa illegittimamente esclusa non sia assoluto; in tal caso, pertanto, il risarcimento spettante deve essere riconosciuto nella misura del 2,50%
Merita di essere segnalato il seguente passaggio tratto dalla sentenza numero 1155 del 15 maggio 2008 emessa dal Tar Puglia, Bari


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