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Illegittima procedura gara_esiste discrasia criterio aggiudicazione del bando con prezzo più basso, effettivamente applicato


Deve essere infatti ribadita, in base a criteri di priorità logica, l’illegittimità della procedura di gara di cui trattasi, oggetto di annullamento in via di autotutela da parte dell’Amministrazione universitaria.
Tale illegittimità va riferita in via assorbente (come riconosciuto in primo grado di giudizio) con riferimento alla discrasia del criterio di aggiudicazione indicato dal bando (quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa) rispetto a quello del prezzo più basso, poi effettivamente applicato, nonché all’avvenuta aggiudicazione della gara – dopo l’esclusione dell’impresa risultata prima in graduatoria – alla quarta classificata, senza valutare le posizioni della seconda e della terza impresa in ordine di graduatoria, una volta stabilita la soglia di anomalia ex art. 86 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Si sostiene infatti che l’Amministrazione avrebbe inteso, ab initio, aggiudicare la gara in base al prezzo più basso, non essendo stato specificato nel bando alcuno dei criteri, che in aggiunta al costo avrebbero dovuto consentire l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa e si prospetta l’inesatta attribuzione alle prime tre imprese classificate di un ribasso diverso da quello effettivamente prodotto, con formulazione di richiesta istruttoria per comprovare tale circostanza.
Le argomentazioni sopra sintetizzate non consentono di superare i vizi sostanziali, che nel caso di specie hanno inficiato la procedura ad evidenza pubblica di cui trattasi, dall’inizio alle conclusioni. Appare in primo luogo innegabile che il bando di gara in questione recasse l’esplicita indicazione, alla sezione IV, punto n. 2.1, della prevista aggiudicazione in rapporto all’”offerta economicamente più vantaggiosa, in base ai criteri indicati dall’art. 8 del disciplinare amministrativo di gara”: criterio ribadito nel verbale di gara con allegato lo schema per il calcolo delle anomalie, contrariamente alla differente previsione delle “precisazioni del bando di gara” ed alle modalità in concreto seguite. Appare dunque innegabile un tale elemento connotato da contraddittorietà, le cui conseguenze sulla formulazione delle offerte sono di impossibile determinazione ex post, potendo alcuni concorrenti avere bilanciato il rapporto costo/qualità in modo diverso da quello, che avrebbe ispirato offerte finalizzate soltanto a proporre il massimo ribasso, con riferimento all’importo posto a base d’asta.
a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla  decisione numero 2418 del 6 maggio  2013  pronunciata dal Consiglio di Stato

 

Sentenza integrale

N. 02418/2013REG.PROV.COLL.

N. 05440/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5440 del 2012, proposto da
Ati – Ricorrente s.r.l. Servizi Fiduciari, Ati – Ricorrente 2 s.r.l., rappresentati e difesi dall’avv. Enrico Angelone, con domicilio eletto presso lo Studio legale Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Adisu – Ateneo “Federico II” di Napoli – Azienda pubblica regionale della. Campania per il diritto allo studio universitario, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE I, n. 02260/2012, resa tra le parti, concernente affidamento dei servizi di vigilanza non armata e controllo accessi presso le residenze universitarie dell’Ente;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della parte appellata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti l’avv. Angelone e l’avvocato dello Stato Tortora Fabio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, sez. I, n. 2260/12 del 26 maggio 2012 (che non risulta notificata) è stato respinto il ricorso proposto dall’Associazione temporanea di imprese (ATI) Ricorrente s.r.l. – Servizi Fiduciari e Ricorrente 2 s.r.l., avverso l’annullamento (con delibera 106 del 17 ottobre 2011) degli atti di gara, per l’affidamento del servizio di vigilanza non armata e controllo degli accessi presso le residenze dell’Azienda per il Diritto allo Studio Universitario (A.Di.Su.) Ateneo Federico II, di Napoli, nonché avverso la disposta interruzione (con delibera n.. 2012/1922 del 15 marzo 2012) del servizio prestato dalla ricorrente ATI.

Nella sentenza si richiamavano in primo luogo le ragioni dell’annullamento, in via di autotutela, della procedura di gara: modifica del bando solo sul sito web dell’Ente, non corretta composizione della commissione aggiudicatrice, assegnazione del servizio alla concorrente collocata al quarto posto in graduatoria – dopo l’esclusione per anomalia dell’offerta prima classificata –, omessa predisposizione di verbale di consegna dei locali oggetto di appalto e non piena osservanza della procedura, di cui all’art. 1, comma 67, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)) . In tale ambito, nella medesima sentenza si riteneva di prioritario rilievo lo “scrutinio della posizione dell’ATI ricorrente, quale aggiudicataria provvisoria della gara”: alla procedura di cui trattasi avevano infatti partecipato dodici concorrenti e l’ATI ricorrente era risultata presentatrice della quarta migliore offerta economica; successivamente – calcolata la soglia di anomalia delle offerte – erano state escluse le prime tre offerte (con aggiudicazione provvisoria, appunto, alla presentatrice dell’offerta classificatasi quarta), con erronea applicazione dell’art. 124, comma 8, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in base al quale le offerte estreme avrebbero dovuto essere escluse solo dalla media aritmetica per il calcolo della soglia di anomalia, ma non anche estromesse automaticamente dalla gara, senza aver potuto fornire giustificazioni sulla congruità della propria offerta. L’aggiudicazione provvisoria della gara all’attuale appellante sarebbe stata pertanto illegittima, in quanto non preceduta da valutazione dell’anomalia, o meno, di tutte le offerte economicamente più convenienti.

In presenza di aggiudicazione provvisoria, d’altra parte, la potestà di autotutela sarebbe stata pienamente esercitabile, indipendentemente dal già avvenuto affidamento provvisorio del servizio.

Ugualmente invalidante della procedura di gara sarebbe stata, poi, la discrasia fra il bando (che prevedeva l’aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta più vantaggiosa) ed il disciplinare di gara (in base al quale l’aggiudicazione doveva avere luogo secondo il criterio del prezzo più basso, come in effetti avvenuto). Ogni altra argomentazione difensiva era ritenuta suscettibile di assorbimento.

Avverso la predetta sentenza è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 5440/12, notificato il 6 luglio 2012), in base alle seguenti argomentazioni difensive:

I) totale estraneità dell’ATI appellante alle asserite irregolarità procedimentali ed illegittimo esercizio della potestà di autotutela a notevole distanza di tempo dall’aggiudicazione provvisoria, senza doverosa comparazione tra l’interesse pubblico all’annullamento e gli interessi della medesima ATI a proseguire l’attività già intrapresa, anche a prescindere dalla pur eccepita infondatezza delle ragioni sottostanti. Sarebbe stata ignorata, inoltre, la posizione qualificata e differenziata dell’aggiudicatario provvisorio, riconosciuto come tale in data 11 novembre 2010, con immediato inizio del servizio a seguito di richiesta dell’Amministrazione nella prima decade del dicembre 2010 ed annullamento intervenuto solo il 17 ottobre 2011, quando l’appellante aveva già provveduto all’assunzione del personale a agli altri necessari investimenti, con espletamento delle prestazioni affidatele per circa un anno (un terzo circa della durata complessiva dell’appalto), con conseguente violazione dell’art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241. L’anticipata assunzione del servizio dopo l’aggiudicazione provvisoria, d’altra parte, non sarebbe avvenuta in via di mero fatto, ma nella sussistenza dei presupposti di urgenza, di cui all’art. 11, comma 9, del d.lgs. n. 163 del 2006. Erroneamente, inoltre, sarebbe stata individuata la posizione dell’appellante al quarto (e non al secondo) posto in graduatoria, a seguito di un errore materiale negli elaborati della commissione esaminatrice, che avrebbe trascritto i dati in modo inesatto, attribuendo a ciascuna delle prime tre imprese un ribasso diverso da quello effettivamente indicato nell’offerta. Il criterio di aggiudicazione, inoltre, non avrebbe potuto essere che quello del prezzo più vantaggioso, non risultando indicati nel bando i criteri, di cui all’art. 83 del d.lgs. n. 163 del 2006, idonei per l’individuazione della migliore offerta;

II) violazione del giusto procedimento, contraddittorietà e perplessità, contrasto con precedenti, insussistenza dei presupposti, non essendo stato reso noto il parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, con particolare riguardo alla illegittima composizione della Commissione di gara (fermo restando che, con un criterio di aggiudicazione riferito al prezzo più basso, non sarebbe stata necessaria la presenza di un commissario, avente specifica competenza nel settore della vigilanza armata);

III) difetto di istruttoria, violazione di norme tecniche, contraddittorietà, erroneità della motivazione, insussistenza dei presupposti per l’annullamento, in relazione al carattere non essenziale della predisposizione del verbale di consegna dei locali;

IV) difetto di motivazione, contraddittorietà, inesistenza dei presupposti per l’esclusione, violazione di norme tecniche, illogicità manifesta, non essendo state chiarite le ragioni dell’asserita “non perfetta osservanza” della procedura, di cui all’art. 1, comma 67, della legge n. 266 del 2005 e potendo presumersi che si trattasse di irregolarità sanabile.

L’A.Di.Su., costituitasi in giudizio, ribadiva la sussistenza di “evidenti elementi di illegittimità” nella procedura di gara espletata, con conseguente comunicazione di avvio del procedimento di autotutela con nota n. 4080 del 25 luglio 2011 e prosecuzione del servizio in forma di cottimo fiduciario, ex art. 125, comma 11 e 253, comma 22, lettera b) del d.lgs. n.163 del 2006. In tale contesto, l’Amministrazione avrebbe evitato di stipulare un contratto di appalto viziato ab origine, con rischio di esposizione ad azioni giudiziarie e ad oneri risarcitori. L’ATI appellante, viceversa, avrebbe affrontato oneri relativi soltanto allo svolgimento temporaneo del servizio, poi in effetti espletato.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello non sia meritevole di accoglimento.

Deve essere infatti ribadita, in base a criteri di priorità logica, l’illegittimità della procedura di gara di cui trattasi, oggetto di annullamento in via di autotutela da parte dell’Amministrazione universitaria. Tale illegittimità va riferita in via assorbente (come riconosciuto in primo grado di giudizio) con riferimento alla discrasia del criterio di aggiudicazione indicato dal bando (quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa) rispetto a quello del prezzo più basso, poi effettivamente applicato, nonché all’avvenuta aggiudicazione della gara – dopo l’esclusione dell’impresa risultata prima in graduatoria – alla quarta classificata, senza valutare le posizioni della seconda e della terza impresa in ordine di graduatoria, una volta stabilita la soglia di anomalia ex art. 86 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Nell’impugnativa le contestazioni prospettate in ordine a quanto sopra – oltre a risultare confuse, in qualche misura, per difetto di impaginazione dell’atto di appello – non vengono adeguatamente confutate. Si sostiene infatti che l’Amministrazione avrebbe inteso, ab initio, aggiudicare la gara in base al prezzo più basso, non essendo stato specificato nel bando alcuno dei criteri, che in aggiunta al costo avrebbero dovuto consentire l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa e si prospetta l’inesatta attribuzione alle prime tre imprese classificate di un ribasso diverso da quello effettivamente prodotto, con formulazione di richiesta istruttoria per comprovare tale circostanza. Le argomentazioni sopra sintetizzate non consentono di superare i vizi sostanziali, che nel caso di specie hanno inficiato la procedura ad evidenza pubblica di cui trattasi, dall’inizio alle conclusioni. Appare in primo luogo innegabile che il bando di gara in questione recasse l’esplicita indicazione, alla sezione IV, punto n. 2.1, della prevista aggiudicazione in rapporto all’”offerta economicamente più vantaggiosa, in base ai criteri indicati dall’art. 8 del disciplinare amministrativo di gara”: criterio ribadito nel verbale di gara con allegato lo schema per il calcolo delle anomalie, contrariamente alla differente previsione delle “precisazioni del bando di gara” ed alle modalità in concreto seguite. Appare dunque innegabile un tale elemento connotato da contraddittorietà, le cui conseguenze sulla formulazione delle offerte sono di impossibile determinazione ex post, potendo alcuni concorrenti avere bilanciato il rapporto costo/qualità in modo diverso da quello, che avrebbe ispirato offerte finalizzate soltanto a proporre il massimo ribasso, con riferimento all’importo posto a base d’asta. Ferma restando, poi, la natura viziante della dicitura sopra indicata del bando, l’altro fondamentale vizio concerne l’aggiudicazione provvisoria alla concorrente quarta classificata, dopo l’esclusione per anomalia dell’offerta, a cui era stato assegnato il primo posto in graduatoria.

In conformità all’art. 30 della direttiva 93/37/CEE del 14 giugno 1993 e all’art. 86, comma 1, del citato d.lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), l’Amministrazione doveva infatti valutare la congruità delle offerte, che presentassero un ribasso pari o superiore alla media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del 10 per cento arrotondato all’unità superiore, “rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e di quelle di minor ribasso, incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali” che superassero detta media. Un meccanismo, quello riportato, definito come “taglio delle ali”, poiché implicante l’eliminazione del 10 per cento delle offerte di maggiore e di minore ribasso nella determinazione della soglia di anomalia, al fine di escludere per la fissazione della stessa le offerte marginali.

Dal cosiddetto taglio delle ali, tuttavia, non poteva derivare l’automatica esclusione di dette offerte marginali, anche in rapporto alle quali – dopo la determinazione della soglia di anomalia – doveva effettuarsi la prevista valutazione di congruità, a norma del successivo art. 87 del Codice dei contratti pubblici (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. Stato, V, 30 agosto 2004, n. 5656).

Inammissibile al riguardo – perché sfornita di principio di prova, pur nella sussistente possibilità di ogni impresa partecipante alla gara di avere accesso ai relativi atti – appare la generica argomentazione difensiva, secondo cui vi sarebbe stata erronea trascrizione dei ribassi offerti dalle prime tre imprese collocate in graduatoria, non risultando in alcun modo documentata un’esigenza di rettifica, che collocasse l’appellante al secondo posto in graduatoria e, in assenza di tale corretta ricollocazione, essendo comunque mancata la valutazione di anomalia delle prime tre offerte di ribasso, comunque distribuite fra i partecipanti alla gara.

Le ragioni qui esposte appaiono sufficienti per confermare l’illegittimità della procedura in questione, con assorbimento di ogni ulteriore ragione difensiva, qui non espressamente esaminata, così come rappresentata nel secondo, terzo e quarto motivo di gravame, nei termini riproposti in appello.

L’attuale appellante, in effetti, affida le proprie prime ragioni difensive, sotto tale profilo, a censure di non corretto esercizio della potestà di autotutela e di violazione dei principi, di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990. Anche tali ragioni difensive, tuttavia, non appaiono fondate.

Nella situazione in esame, infatti, l’aggiudicazione provvisoria risulta effettuata in data 8 novembre 2010 e l’avvio della procedura di autoannullamento in via di autotutela risulta comunicato con nota n. 4080 del 25 luglio 2011, con successiva richiesta all’ATI Ricorrente di assicurare la continuità del servizio fino alle determinazioni conclusive dell’Amministrazione, assunte con l’impugnata determinazione n. 106 del 17 ottobre 2011.

Nel contesto descritto, il Collegio non ritiene che – in presenza di aggiudicazione provvisoria e non definitiva di un servizio triennale – sia stato superato il termine “ragionevole”, previsto per l’esercizio dell’autotutela dal citato art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, come integrata dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15. Quanto sopra, per l’esigenza di non incorrere in nuovo contenzioso, proponibile con pesanti oneri finanziari per l’Amministrazione dalle imprese concorrenti, illegittimamente escluse, dopo l’aggiudicazione definitiva e restando comunque soddisfatta l’aspettativa della società, provvisoriamente e non legittimamente affidataria, con la remunerazione del servizio, anticipatamente alla medesima affidato.

Il Collegio ritiene pertanto che sussistessero – e siano state ragionevolmente rappresentate – adeguate ragioni di interesse pubblico per l’esercizio nel caso di specie della potestà di autotutela, con conseguente conclusiva infondatezza dell’impugnativa.

L’appello deve pertanto essere respinto; le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente, vengono liquidate nella misura di €. 3.000,00 (tremila/00).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, , respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe; condanna l’appellante al pagamento delle spese giudiziali, a favore dell’Ente appellato, nella misura di €. 3.000,00 (tremila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore

Roberta Vigotti, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

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