sabato , 23 Settembre 2023

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Il concorrente non è tenuto anche a fare riferimento ad eventuali richieste di rinvio a giudizio

L’appellante assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato l’illegittimità della partecipazione della Ricorrente in quanto: a) i signori S_ Ives e C_ Roberto, che hanno rivestito la qualifica di procuratori dal 21 aprile al 6 maggio 2008, non hanno reso la dichiarazione di cui all’art. 38 lettera c), del d.lgs. n. 163 del 2006; b) i suddetti soggetti hanno dichiarato, ai sensi dell’art. 38, lettera m-ter), di non essere stati vittima dei reati previsti dagli articoli 317 e 629 Ccod. pen., senza fare riferimento ad eventuali richieste di rinvio a giudizio da cui emerga l’omessa denuncia.
Il motivo non è fondato.
In relazione al primo profilo, il citato art. 38, lettera c) prevede che la dichiarazione relativa ai “pregiudizi penali” debba essere resa, tra gli altri, dagli «amministratori muniti di poteri di rappresentanza». I soggetti tenuti devono, pertanto, essere organi sociali, con poteri di gestione, dotati anche del potere di impegnare all’esterno la persona giuridica. Nel caso in esame l’appellante fa riferimento a due soggetti che vengono genericamente qualificati come «procuratori». Non si è dimostrato né che si tratta di amministratori, nel significato tecnico dell’espressione, né che si tratta di amministratori con potere di rappresentanza (cfr. Cons. Stato, III, 14 novembre 2012, n. 5758; Cons. Stato, V, 25 gennaio 2011, n. 513).
In relazione al secondo profilo, il citato art. 38, lettera m-ter), prevede che sono esclusi dalla gara i soggetti ivi indicati, tra i quali anche il rappresentante legale dell’impresa, che, pur essendo stati vittima dei reati previsti dagli art. 317 e 629 Ccod. pen., non risultino avere denunciato i fatti all’autorità giudiziaria e la circostanza deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell’imputato nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell’Osservatorio.
Nella fattispecie in esame, risulta, come riconosce lo stesso appellante, che il legale rappresentante dell’impresa ha dichiarato di non essere stato vittima dei suddetti reati. Tale dichiarazione è sufficiente ad integrare il requisito previsto dalla norma sopra riportata. Il concorrente non è tenuto anche a fare riferimento ad eventuali richieste di rinvio a giudizio, in quanto la disposizione in esame impone al Procuratore della Repubblica di comunicare all’Autorità di vigilanza l’esistenza di eventuali richieste di rinvio a giudizio. In definitiva, la conoscenza e il controllo dei fatti in esame da parte della stazione appaltante è assicurata mediante modalità diverse dalla dichiarazione del partecipante alla gara.
a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla  decisione numero 3310 del 13 giugno 2013  pronunciata dal Consiglio di Stato

 

Sentenza integrale

N. 03310/2013REG.PROV.COLL.

N. 07755/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7755 del 2012, proposto da:
Ricorrente Sistemi Generali Costruzione s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Frontoni, Angelo Clarizia, Andrea Scuderi e Carlo Comandè, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Massimo Frontoni in Roma, via Guido D’Arezzo, 2;

contro

Nuova Controinteressata s.r.l., in proprio e in qualità di mandataria della costituenda ATI, con la società cooperativa consorzio controinteressata 2 – CONTROINTERESSATA 2, rappresentati e difesi dall’avvocato Mario Caldarera, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Crescenzio, 9;

nei confronti di

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, Sindaco del Comune di Messina, in qualità di commissario delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Messina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Arturo Merlo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Accardo in Roma, via Giunio Bazzoni 3;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, Dipartimento della Protezione Civile, in persona del Direttore pro tempore, Autorità Portuale di Messina, in persona del Presidente pro tempore.

e con l’intervento di

ad adiuvandum:
Alfa Infrastrutture s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Salvatore Mazza e Salvatore Patti, con domicilio eletto presso lo studio legale di quest’ultimo in Roma, via Tacito, 41;

per la riforma

della sentenza 18 ottobre 2012, n. 8598 del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Roma, Sezione I.

 

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Clarizia, Frontoni, Scuderi, Caldarera, Mazza, Scurria, per delega di Merlo, nonché l’avvocato dello Stato Colelli.

 

FATTO

1.– Il Sindaco di Messina, in qualità di commissario delegato per l’emergenza del traffico, ha indetto, in data 25 gennaio 2010, una procedura di gara per l’affidamento della progettazione e realizzazione della «piattaforma logistica intermodale» di Tremestieri con annesso scalo portuale, con un importo a base di asta di euro 80.000.000,00. La stazione appaltante ha stabilito che il contratto ha ad oggetto, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) la «previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori sulla base del progetto preliminare dell’amministrazione aggiudicatrice».

La procedura di gara si è svolta in diciassette sedute nel periodo compreso tra il 28 maggio e il 28 luglio del 2010. Nella graduatoria finale si sono collocate: al primo posto, la Ricorrente Sistemi generali costruzione s.p.a. (d’ora innanzi solo Ricorrente), con un punteggio di 90,306; al secondo posto, la Nuova Controinteressata s.r.l. (d’ora innanzi solo Controinteressata), mandataria della costituenda ATI con la società cooperativa Consorzio controinteressata 2 (d’ora innanzi anche CONTROINTERESSATA 2) , con un punteggio di 86,44; al terzo posto, il Consorzio stabile infrastrutture, con un punteggio di 68,299; al quarto posto, il Consorzio stabile Beta, con un punteggio d 61,067.

La stazione appaltante ha disposto a favore della Ricorrente, con atto del 30 luglio 2010, n. 43, l’aggiudicazione provvisoria e, con atto del 22 agosto 2011, n. 26, l’aggiudicazione definitiva.

Il contratto è stato sottoscritto in data 9 marzo 2012.

2.– La Controinteressata ha proposto ricorso, n. 8752 del 2011, innanzi al Tribunale amministrazione regionale del Lazio, avverso la predetta aggiudicazione, assumendo la violazione e falsa applicazione delle seguenti prescrizioni (riportate in sintesi).

A) Art. 41 del d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 5 della lex specialis, in quanto la Ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per carenza e inidoneità delle due referenze bancarie prodotte.

B) Art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 5 della lex specialis, in quanto: i) tra la Ricorrente e il raggruppamento costituito da Gamma s.p.a., capogruppo mandataria, e Alfa s.p.a. e Ing. Delta & C. s.p.a., mandanti, vi sarebbe un collegamento di fatto, con conseguente riconducibilità delle rispettive offerte ad un medesimo centro decisionale; ii) la Ricorrente non avrebbe prodotto la dichiarazione ex art. 38, comma 1, lettere b) e c) dell’attuale direttore tecnico della E.i.s. s.p.a. in liquidazione, da cui la stessa ha acquistato un ramo d’azienda nell’ultimo triennio; iii) le dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. b) dagli amministratori, legali rappresentanti e direttori tecnici della Ricorrente sarebbero carenti del riferimento anche alla mancata estensione nei propri confronti quali soggetti conviventi delle cause ostative di cui all’art. 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere).

C) Art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006, in quanto la Ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per inidoneità ed insufficienza delle dichiarazioni relative all’avvalimento dell’ausiliaria Franco G_ s.r.l.

D) Art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 5 della lex specialis in relazione alla documentazione prodotta dall’ausiliaria Franco G_.

E) Art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 5, punto 3, lett. c), II) in relazione alla documentazione prodotta dai progettisti designati ex art. 90 dello stesso decreto.

F) Art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, nonché artt. 8, lett. g) e 14 del disciplinare di gara, in quanto la Ricorrente, che avrebbe prodotto il SIA in fase di gara, avvalendosi di una delle due modalità alternative previste dalla procedura, non avrebbe rispettato, all’esito dell’aggiudicazione provvisoria, il termine perentorio di quindici giorni per la presentazione dei documenti correlati.

G) Art. 7 del disciplinare di gara, in quanto la Ricorrente sarebbe carente dei requisiti minimi prestazionali dei progetti prescritti dalla lex specialis a pena di esclusione.

3.– Si è costituita in giudizio la Ricorrente eccependo la tardività nel ricorso e ritenendo il ricorso principale inammissibile per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e, comunque, nel merito infondato. La stessa parte ha proposto ricorso incidentale, assumendo la violazione e falsa applicazione delle seguente prescrizioni e principi (riportati in sintesi).

A) Artt. 2 e 90, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006, principi inerenti alla par condicio tra i concorrenti.

B) Artt. 34, comma 1, lett. d), 37, commi 3 e 13, del d.lgs. n. 163 del 2006, art. 95, commi 2 e 4, del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della L. 11 febbraio 1994, n. 109 legge quadro in materia di lavori pubblici, e successive modificazioni), art. 5, sub 3, del disciplinare.

C) Art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 e art. 5 del disciplinare, in quanto tra le dichiarazioni prodotte da Controinteressata quanto ai soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando non comparirebbero quelle di S_ Ines e C_ Roberto, procuratori dal 21 aprile al 6 maggio 2008, cui sarebbe state delegate attività economiche di indubbia rilevanza anche nei rapporti con i terzi.

D) In via subordinata all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, art. 41 del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale non si applicherebbe negli appalti di lavori, ove la capacità economica sarebbe già adeguatamente comprovata dall’attestazione SOA. Qualora la prescrizione di gara venisse interpretata diversamente, la stessa dovrebbe ritenersi nulla in quanto contraria all’art. 46 dello stesso decreto e, irragionevole e illogica.

In via ulteriormente subordinata, si deduce che le referenze bancarie prodotte da Controinteressata e da CONTROINTERESSATA 2 sarebbero inidonee alla partecipazione alla procedura, in quanto contenenti una sottoscrizione a penna non decifrabili né rapportabili ad alcun soggetto determinato o determinabile rivestente una carica nell’ambito dell’istituto bancario.

E) Art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, art. 5 del disciplinare. Sul punto si rileva che il ricorso principale, nella parte in cui contesta omissioni rese da soggetti cessati del ramo d’azienda è infondato, in quanto, si afferma testualmente, «la scrivente difesa aderisce all’orientamento meno rigoroso», che esclude la presenza di un siffatto obbligo dichiarativo. Si aggiunge che anche ove si dovesse propendere per l’interpretazione restrittiva, che afferma la sussistenza dell’obbligo dichiarativo ex art. 38 in capo ai cessati in caso di cessione di azienda, il ricorso principale non potrebbe mai, sul punto, trovare accoglimento, atteso che in tal caso Controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, in quanto la medesima avrebbe prodotto dichiarazioni limitatamente al periodo in cui tali soggetti hanno rivestito incarichi per conto della ceduta.

Inoltre, la ricorrente principale sarebbe incorsa nelle medesime (pretese) ulteriori violazioni dell’art. 38 del codice dei contratti imputate alla Ricorrente con il ricorso principale.

4.– La ricorrente ha proposto motivi aggiunti, chiedendo l’annullamento del bando e del disciplinare di gara nel caso in cui gli stessi fossero interpretati nel senso che l’incompatibilità prevista dall’art. 90, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006 si applichi a tutti i progettisti, senza distinzione tra progettisti associati e progettisti indicati ex art. 53 dello stesso decreto.

5.– Il Tribunale amministrativo, con ordinanza 1° febbraio 2011, n. 4957, ha rigettato la domanda cautelare.

Il Consiglio di Stato, con ordinanza 1° febbraio 2012, n. 432, ha ordinato, ai sensi dell’art. 55, comma 10, Ccod. proc. amm., la sollecita fissazione dell’udienza di merito.

6.– Le parti hanno stipulato, in data 9 marzo 2012, il contratto di appalto.

La ricorrente ha proposto ulteriori motivi aggiunti chiedendo che il contratto venga dichiarato inefficace.

7.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 18 ottobre 2012, n. 8598: a) ha dichiarato in pare infondato e in parte improcedibile il ricorso incidentale; b) ha accolto il ricorso principale e i secondi motivi aggiunti; c) ha dichiarato improcedibili i primi motivi aggiunti.

8.– La Ricorrente ha proposto appello per i motivi indicati nella parte in diritto.

9.– Si è costituita in giudizio la Controinteressata, chiedendo il rigetto dell’appello e riproponendo i motivi del ricorso principale non esaminati dal primo giudice.

10.– Ha proposto appello incidentale il Comune di Messina, in persona del commissario straordinario, chiedendo l’accoglimento dell’appello principale.

11.– Hanno proposto appello incidentale, anche, il Sindaco di Messina, nella qualità di commissario delegato per l’emergenza traffico, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della protezione civile, il Ministero dell’ambiente per la tutela del territorio e del mare, chiedendo l’accoglimento dell’appello principale.

12.– Ha proposto atto di intervento ad adiuvandum Alfa Infrastrutture s.p.a., la quale ha giustificato il proprio interesse rilevando che, con atto del 24 settembre 2012, è stato stipulato, con l’appellante, un contratto di cessione di ramo d’azienda, identificato come «grandi opere marittime strategiche». In particolare, si è dedotto che detto ramo è dedicato alla realizzazione di due opere pubbliche, tra le quali è incluso il contratto di appalto in esame.

13.– Tutte le parti hanno presentato memorie difensive. In particolare la Codemar ha eccepito l’improcedibilità dell’appello in ragione dell’intervenuta stipulazione del suddetto contratto di cessione di azienda in violazione dell’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006.

DIRITTO

1.– La questione posta con l’atto di appello attiene alla legittimità della procedura di gara, indetta dal Sindaco di Messina, in qualità di commissario delegato per l’emergenza del traffico, per l’affidamento della progettazione e realizzazione della «piattaforma logistica intermodale» di Tremestieri con annesso scalo portuale.

2.– L’appello, a prescindere dalla questione relativa alla sua eccepita improcedibilità per la sopravvenuta cessione del ramo di azienda, non è fondato e, meritando conferma, in tutti i suoi aspetti, la sentenza del primo giudice.

3.– In via preliminare, l’appellante ripropone il motivo, respinto dal primo giudice, con il quale la stessa aveva eccepito la tardività del ricorso di primo grado, notificato in data 14 ottobre 2011. In particolare, si sostiene che la Ricorrente avrebbe avuto piena conoscenza del provvedimento lesivo a seguito delle istanze di accesso del 3 e 11 agosto 2010 successive all’aggiudicazione provvisoria, avvenuta il 30 luglio 2010.

Il motivo non è fondato.

L’atto finale della procedura di gara è l’aggiudicazione definitiva.

L’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti instabili ed interinali, soggetta, ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), all’approvazione dell’organo competente (Cons. Stato, V, 20 luglio 2009, n. 452). L’impugnazione dell’aggiudicazione provvisorio è, pertanto, una facoltà e non un onere (Cons. Stato, V, 7 maggio 2008, n. 2089).

L’art. 120 Ccod. proc. amm., in coerenza con quanto esposto, prevede che, nel settore degli appalti pubblici, il ricorso deve essere notificato nel termine di trenta giorni dalla comunicazione, da parte della stazione appaltante, dell’aggiudicazione definitiva.

Nel caso di specie tale termine, considerando la sospensione feriale (1° agosto-15 settembre), è stato rispettato: l’aggiudicazione definitiva è avvenuta il 22 agosto 2011, la comunicazione è stata effettuata il successivo giorno 26, il ricorso è stato notificato il 14 ottobre.

4.– Nel merito, verranno esaminati prima i motivi di appello con cui i quali vengono riproposte le censure contenute nel ricorso incidentale di primo grado dichiarato infondato.

4.1.– Con un primo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha ritenuto sussistente l’incompatibilità dell’ing. Franco G_, rappresentante legale di Eta s.r.l., uno dei progettisti della Controinteressata, in quanto lo stesso sarebbe stato co-redattore del piano regolatore portuale dei porti di Messina e di Tremestieri, svolgendo consulenza specialistica in pianificazione portuale e urbanistica in sede di direzione del piano. In particolare, l’appellante deduce che:

a) l’intera progettazione preliminare dell’opera marittima si è basata sullo studio idraulico marittimo di fattibilità degli approdi di Tremestieri, contenuto nel piano regolatore del porto, predisposto da Eta;

b) con nota 23 maggio 2011, n. 265, inviata all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, la stazione appaltante avrebbe riconosciuto che l’incarico conferito all’ing. G_ aveva riguardato il layout di fattibilità preliminare del porto ovvero la sagoma determinata di contorni delle banchine e il dimensionamento delle aree totali del piazzale di attesa, che hanno rappresentato elementi invarianti della commessa;

c) Zeta s.p.a. ha svolto studi di agibilità nautica mediante simulazioni su incarico dell’Autorità portuale di Messina; il cosiddetto rapporto Zeta 9748, alle cui prove di simulazione avrebbe assistito l’ingegnere G_, sarebbe un elaborato progettuale posto a base di gara, essendo richiamato alla pagina 16 della relazione illustrativa e tecnica del progetto, nonché nei chiarimenti forniti ai quesiti 41 e 44 dal responsabile del procedimento;

d) più in generale, le conoscenze acquisite dall’ing. G_ avrebbero consentito di approfondire le proposte di modifica migliorativa di natura ambientale e paesistica, creando un ingiustificato vantaggio competitivo.

Il motivo non è fondato.

L’art. 90, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede che «gli affidatari di incarichi di progettazione non possono partecipare agli appalti o alle concessioni di lavori pubblici, nonché agli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione».

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare che la ratio della norma «va individuata nell’esigenza di garantire che il progettista si collochi in posizione di imparzialità rispetto all’appaltatore – esecutore dei lavori, potendo svolgere una funzione sostanziale di ausilio alla P. A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati». Si è aggiunto che «se le posizioni di progettista e di appaltatore – esecutore dei lavori coincidessero vi sarebbe il rischio di vedere attenuata la valenza pubblicistica della progettazione, con la possibilità di elaborare un “progetto su misura” per una impresa alla quale l’autore della progettazione sia legato, così agevolando tale impresa nell’aggiudicazione dell’appalto». (Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n. 3656).

Nella fattispecie in esame, dagli atti del processo e in particolare dall’atto di conferimento dell’incarico del 18 febbraio 2005 dell’Autorità portuale di Messina, risulta che l’associazione temporanea di professionisti, composta, tra gli altri, da Eta s.r.l., ha svolto servizi di «consulenza specialistica in materia di pianificazione portuale e urbanistica necessari a supportare l’ufficio del piano nella redazione del piano nella regolatore portuale di Messina». In particolare, il suo compito era quello di «sviluppare gli studi, le ricerche, le analisi di settore» utili a sostenere l’ufficio piano. Si è, pertanto, trattato di una attività non di progettazione ma di consulenza resa con riferimento ad una’ opera diversa da quella in esame, con conseguente inapplicabilità non ricorrenza del caso dell’art. 90 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Qualora si volesse ritenere che tale disposizione trovi applicazione anche nel caso in cui qualora la parte che concorre ad una determinata procedura abbia svolto per conto dell’amministrazione un’a attività che la ’ha poi in concreto avvantaggiata nel confronto con gli altri operatori economici, non sussiste ugualmente l’incompatibilità in esame. Infatti, in relazione a quanto contenuto nell’atto di appello, si può rilevare che:

a) non risulta supportata, sul piano probatorio, da elementi concreti l’affermazione secondo cui lo studio idraulico marittimo predisposto da Eta costituirebbe la base del progetto preliminare;

b) nell’atto del 27 maggio 2011, n. 265, la stazione appaltante ha chiarito che i dati indicati sono «elementi invarianti» dell’appalto, che non possono avere alterato le regole di funzionamento della concorrenza;

c) il rapporto Zeta, è soltanto richiamato nelle premesse della relazione illustrativa del progetto preliminare; in ogni caso non risulta dagli atti del processo che l’ing. G_ abbia svolto attività di supporto tecnico-amministrativo in favore di Zeta, (risultando soltanto presente, come attestato nella introduzione al rapporto stesso, ad una simulazione di manovre che si è svolta il 15 marzo 2007);

d) infine, non risulta che le conoscenze acquisiste nello svolgimento dell’attività di consulenza sopra indicata abbia procurato all’ing. G_ un indebito vantaggio competitivo.

4.2.– Con un secondo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto non fondata la censura relativa alla indeterminatezza e genericità del modulo associativo. In particolare, l’appellante deduce che la Controinteressata ha dichiarato di partecipare quale capogruppo di una ATI orizzontale da costituirsi con il Consorzio controinteressata 2, mentre quest’ultima ha dichiarato di partecipare nel non meglio precisato ruolo di «mandante cooptata», non previsto da alcuna norma; l’avere considerato, da parte del Tarprimo giudice, «recessiva in via di interpretazione la dichiarazione volta ad assumere il ruolo di mandante formulata da CC» equivarrebbe a violare le regole della par condicio.

 

Si aggiunge che:

a) il CONTROINTERESSATA 2 non avrebbe né i requisiti della mandante di un RTI, in quanto le opere che si è impegnata a realizzare sono in misura inferiore al 10% delle lavorazioni della OG7;

b) il CONTROINTERESSATA 2 non avrebbe i requisiti della cooptata, perché risulta qualificata nella categoria richiesta nel bando;

c) il CONTROINTERESSATA 2 ha dichiarato di volere subappaltare in veste di cooptata in contrasto con quanto previsto dall’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006;

d) il ruolo di mandante-cooptata avrebbe comportato la violazione del principio di corrispondenza tra quota di partecipazione e quota di esecuzione.

Il motivo non è fondato.

L’art. 95, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge 11 febbraio 1994, n. 109 legge quadro in materia di lavori pubblici, e successive modificazioni), applicabile ratione temporis, prevede che «se l’impresa singola o le imprese che intendano riunirsi in associazione temporanea hanno i requisiti di cui al presente articolo, possono associare altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il 20 per cento dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati».

Questa Sezione ha già avuto modo di affermare che «la cooptazione, pur con tutte le sue particolari caratteristiche, rappresenta altro che una speciale tipologia di aggregazione, e che dunque rientra nel genere dell’associazione temporanea» (Cons. Stato, VI, 14 dicembre 2012, n. 5749).

Nella fattispecie in esame risulta dagli atti del processo e, in particolare, dalla domanda di partecipazione che la CONTROINTERESSATA 2 sia una impresa cooptata. La circostanza che si sia utilizzata l’espressione «mandante cooptata» non può di per sé avere valenza invalidante se ricorrono, come nella specie, tutti i requisiti sostanziali previsti dalla legge.

Nemmenoe, per ritenere illegittima la partecipazione, possono valere i rilievi sopra riportati prospettati dall’appellante, in quanto:

a) il CONTROINTERESSATA 2 non deve avere i requisiti della mandante di una RTI, essendo, si ribadisce, un’impresa cooptata;

b) la qualificazione del CONTROINTERESSATA 2 nella categoria richiesta dal bando costituisce un elemento ulteriore che, se posseduto, non inficia le modalità di funzionamento del modello;

c) la CONTROINTERESSATA 2 è una impresa partecipante alla procedura di gara, con la conseguenza che, se vengono rispettate le condizioni previste dall’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006, è possibile procedere al subappalto;

d) per le associazioni di imprese operanti secondo le regole della cooptazione non è necessario, in ragione della specialità dell’associazione e di quanto previsto dalla disposizione regolamentare sopra riportata, che venga osservato il principio di corrispondenza delle quote di partecipazione, qualificazione ed esecuzione.

4.3.– L’appellante assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato l’illegittimità della partecipazione della Ricorrente in quanto: a) i signori S_ Ives e C_ Roberto, che hanno rivestito la qualifica di procuratori dal 21 aprile al 6 maggio 2008, non hanno reso la dichiarazione di cui all’art. 38 lettera c), del d.lgs. n. 163 del 2006; b) i suddetti soggetti hanno dichiarato, ai sensi dell’art. 38, lettera m-ter), di non essere stati vittima dei reati previsti dagli articoli 317 e 629 Ccod. pen., senza fare riferimento ad eventuali richieste di rinvio a giudizio da cui emerga l’omessa denuncia.

Il motivo non è fondato.

In relazione al primo profilo, il citato art. 38, lettera c) prevede che la dichiarazione relativa ai “pregiudizi penali” debba essere resa, tra gli altri, dagli «amministratori muniti di poteri di rappresentanza». I soggetti tenuti devono, pertanto, essere organi sociali, con poteri di gestione, dotati anche del potere di impegnare all’esterno la persona giuridica. Nel caso in esame l’appellante fa riferimento a due soggetti che vengono genericamente qualificati come «procuratori». Non si è dimostrato né che si tratta di amministratori, nel significato tecnico dell’espressione, né che si tratta di amministratori con potere di rappresentanza (cfr. Cons. Stato, III, 14 novembre 2012, n. 5758; Cons. Stato, V, 25 gennaio 2011, n. 513).

In relazione al secondo profilo, il citato art. 38, lettera m-ter), prevede che sono esclusi dalla gara i soggetti ivi indicati, tra i quali anche il rappresentante legale dell’impresa, che, pur essendo stati vittima dei reati previsti dagli art. 317 e 629 Ccod. pen., non risultino avere denunciato i fatti all’autorità giudiziaria e la circostanza deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell’imputato nell’anno antecedente alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell’Osservatorio.

Nella fattispecie in esame, risulta, come riconosce lo stesso appellante, che il legale rappresentante dell’impresa ha dichiarato di non essere stato vittima dei suddetti reati. Tale dichiarazione è sufficiente ad integrare il requisito previsto dalla norma sopra riportata. Il concorrente non è tenuto anche a fare riferimento ad eventuali richieste di rinvio a giudizio, in quanto la disposizione in esame impone al Procuratore della Repubblica di comunicare all’Autorità di vigilanza l’esistenza di eventuali richieste di rinvio a giudizio. In definitiva, la conoscenza e il controllo dei fatti in esame da parte della stazione appaltante è assicurata mediante modalità diverse dalla dichiarazione del partecipante alla gara.

4.4.– L’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha esaminato la quarta e quinta censura sul presupposto che le stesse fossero state proposte in via subordinata.

In generale, si assume che le stesse avrebbero dovuto essere comunque esaminate, in quanto, alla luce di quanto affermato dal Consiglio di Stato, Ad. plen., 17 aprile 2011, n. 4, l’esame del ricorso incidentale avrebbe comunque valenza pregiudiziale.

In particolare, si sottolinea che, in ogni caso, la quinta censura avrebbe dovuto essere esaminata, in quanto con la stessa si è dedotto come il ricorso principale non avrebbe potuto trovare accoglimento, «in quanto le dichiarazioni rese per i cessati del ramo d’azienda non erano conformi al precetto normativo, essendo limitate al periodo in cui i medesimi hanno rivestito incarichi per conto della società ceduta, mentre quelle rese dal legale rappresentante della impresa designata dal Consorzio controinteressata 2 erano limitate alla data di cessazione della carica nella società ceduta».

Il motivo non è fondato.

In relazione al primo aspetto, posto in generale, è sufficiente rilevare che la circostanza che debba essere esaminato in via prioritaria il ricorso incidentale non esclude la possibilità che la parte deduca, come è avvenuta nella specie, alcuni motivi che sono strettamente connessi e subordinati all’analisi del ricorso principale. Ne consegue che il primo giudice ha correttamente dichiarato assorbito il quarto motivo perché proposto in via subordinato rispetto al primo motivo di ricorso principale.

In relazione al secondo aspetto, deve rilevarsi che, come correttamente ritenuto dal primo giudice, non solo quarta ma anche la quinta censura è stata formulata in via subordinata (si v. punto 3, lettera E, della parte in fatto della presente decisione). In particolare, l’appellante nel ricorso incidentale afferma chiaramente di aderire all’orientamento interpretativo secondo cui i cessati dal ramo di azienda non devono rendere la dichiarazione ex art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006.

4.5.– Con un sesto motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto, da un lato, che la questione relativa agli elaborati e alle soluzioni tecniche contenute nell’ipotesi progettuale è estranea a quelle relative all’ammissibilità della domanda di partecipazione, dall’altro, priva di fondamento. In particolare, l’appellante ha sostenuto che le censure riguardano, da un lato, «lo scostamento di tale progetto dalle invarianti di cui all’art. 7 del bando di gara, presidiate dalla sanzione della esclusione, dall’altro, la illogicità e contraddittorietà della valutazione di ammissibilità resa dalla commissione di gara per un progetto lacunoso, che esporrebbe l’amministrazione a notevoli aggravi economici».

I motivi, il cui svolgimento specifico viene riportato di seguito, non sono fondati.

In via preliminare, deve rilevarsi che gli atti amministrativi espressione di valutazioni tecniche sono suscettibili di sindacato giurisdizionale esclusivamente nel caso nei termini in cui l’amministrazione abbia effettuato scelte che si pongono in contrasto con il principio di ragionevolezza tecnica. Non è sufficiente che la determinazione assunta sia, sul piano del metodo e del procedimento seguito, meramente opinabile. Il giudice amministrativo, infatti, non può sostituire – in attuazione del principio costituzionale di separazione dei poteri – proprie valutazioni a quelle effettuate dall’autorità pubblica (Cons. Stato, VI, 23 gennaio 2013, 395).

Chiarito ciò, si riportano di seguito gli svolgimenti delle singole censure e i motivi della loro infondatezza, distinguendo le censure in cui si richiama l’art. 7 del bando di gara dalle altre censure.

A) Art. 7, punto VII, del disciplinare di gara, il quale dispone, a pena di esclusione, che «la quota del fondale interno della darsena al progetto, calcolata sul livello medio del mare deve essere pari a – 9.00»; il progetto Codemar prevederebbe la realizzazione di una struttura di irrigidimento del molo foraneo lungo 80 metri del suo tratto terminale, che si attesta a quota – 4.00 sul livello medio del mare; tale soluzione non sarebbe «la più opportuna per l’amministrazione» e creerebbe un «pericoloso ingombro strutturale sommerso con grandi rischi per la navigazione».

A.1) Il rilievo non è fondato.

Nella risposta n. 2 dell’8 marzo 2010 la stazione appaltante, con affermazione non irragionevole, ha chiarito che il limite indicato nel disciplinare di gara «nel caso del piccolo rettangolo acqueo confinato nella parte a sezione ridotta del tratto terminale della diga di sopraflutto», risulta «sovrabbondante», con conseguente facoltà dei concorrenti di valutare le scelte progettuali più opportune. La critica mossa dall’appellante si risolve, pertanto, come risulta anche dalla stessa formulazione del motivo, in una censura di opportunità e non di irragionevolezza tecnica.

B) Art. 7, punto II del disciplinare, il quale prevede, a pena di esclusione, che «i contorni planimetri delle nuove banchine interne del molo foraneo [(…]) devono coincidere con quelli indicati alla tav. C6». Nella risposta al quesito 41 l’amministrazione appaltante, con affermazione non irragionevole, ha precisato che la linea C-D può essere spostata dalla posizione attuale purché traslata (verso l’esterno dell’attuale porto) parallelamente a quella tracciata nella planimetria C6. Il progetto Controinteressata, sottolinea l’appellante, «sposta il punto C di oltre 35 m. trasformando la linea invariante CD da una lunghezza iniziale di 138 m. in una nuova linea della lunghezza di ben 173 m».

B.1.) Il rilievo non è fondato.

L’amministrazione si è limitata ad affermare che la linea C-D possa essere spostata dalla posizione attuale, purché venga traslata verso l’esterno dall’attuale porto senza indicare la lunghezza indicata dall’appellante.

C) Art. 7, punto I, del disciplinare, il quale prevede che non sono consentiti «sconfinamenti alla sagoma portuale». Nella specie nel progetto che si critica la soluzione tecnica proposta per la foce del torrente Farota «fuoriesce ampiamente dalle sagome».

C.1.) Il rilievo non è fondato.

La risposta al quesito n. 31, con affermazione non irragionevole, chiarisce che sono consentiti interventi alla foce del torrente.

Si riportano nelle successive lettere le altre censure, in relazione alla quali va premesso che le stesse, per essere fondate, imporrebbero, in assenza di chiare clausole della lex specialis con valenza escludente, che il progetto presenti lacune tale da non potere essere valutata l’offerta. Ciò che attiene, invece, al contenuto dell’offerta, nel rapporto comparativo con quella dell’appellante, esula dall’ambito del sindacato in esame.

A) In relazione al ripascimento si deduce che mancherebbe «una specifica scelta sia sul sito che sulla tipologia di intervento», con conseguente impossibilità di ammettere il progetto e di assegnare «il massimo punteggio conseguibile».

A.1) Il rilievo non è fondato.

La parte appellata ha dimostrato, con deduzioni non oggetto di specifica contestazione, che, invero, la stessa ha previsto un intervento di ripascimento che ha interessato una fascia di litorale di circa 1.400 metri, maggiore di circa il 30% rispetto al requisito previsto dall’art. 7 del disciplinare. Deve, pertanto, ritenersi che, in mancanza di una puntuale e dimostrata violazione di una clausola della lex specialis, la deduzione formulata non è idonea a ritenere non ammissibile il progetto nella sua interezza.

B) In relazione alla organizzazione logistica delle aree a terra, si deduce che il primo giudice non ha considerato che la Controinteressata si è limitata a considerare «sostanzialmente accettabili» 300 auto/equivalente ora per varco, senza «effettuare alcuna analisi tecnica di supporto alla propria affermazione».

B.1) Il rilievo non è fondato.

L’appellante non ha dimostrato, per la genericità della deduzione, che la mancanza denunciata sia idonea a inficiare, nei sensi indicati, la proposta progettuale.

C) In relazione alla banchina antiriflettente, si deduce che la società appellata non avrebbe dimostrato che il coefficiente di riflessione dell’opera sia, come richiesto dall’art. 7 del disciplinare di gara, pari a 0,4.

C1.) Il rilievo non è fondato.

La prova della violazione lamentata e della sua effettiva incidenza sulla stessa ammissibilità del progetto incombe sull’appellante. La genericità della deduzione impedisce di ritenere che tale prova sia stata fornita.

D) In relazione alla galleria e alla strada sopraelevata, si assume che sarebbe stato violato l’art. 49 del d.p.r. 11 luglio 1980, n. 537 (Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell’esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto), che impone il rispetto delle distanze minime dalle ferrovie. Né varrebbe rilevare, si sottolinea, che, come sostenuto dal primo giudice, l’art. 60 dello stesso decreto consentirebbe la deroga alla distanza minima, in quanto tale deroga presuppone la previa ed espressa autorizzazione da parte delle competenti autorità.

D.1.) Il rilievo non è fondato.

Il citato art. 49 prevede che: «lungo i tracciati delle linee ferroviarie è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale, minore di metri trenta dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia».

Il citato art. 60 dispone che «quando la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentano» possono essere autorizzate dagli uffici competenti riduzioni alle distanze prescritte.

La prevista possibilità di una deroga alla distanza minima consente di ritenere che non è sufficiente, come ritenuto correttamente dal primo giudice, che manchi l’autorizzazione perché si possa ritenere non ammissibile la stessa presentazione del progetto.

La società appellata ha dimostrato, con puntuali argomentazioni e anche mediante il richiamo alle linee guida adottate da Ferrovie dello Stato in data 28 ottobre 1999, che, in ragione della natura delle opere realizzate, sussistono i presupposti per la concessione della deroga.

E) In relazione alle mancate verifiche strutturali, si deduce come, in violazione delle disposizioni del disciplinare di gara che prevede che, per quanto attiene alla verifica sismica, geotecnica e strutturale, i calcoli delle opere di banchina principali vanno estesi al livello esecutivo, nella specie «mancano completamente tavole che riportino le armature delle parti in cemento armato».

E.1.) Il rilievo non è fondato.

La genericità della deduzione, in mancanza ancora una volta di specifiche violazioni che escludono la stessa ammissibilità del progetto, conduce a ritenere la stessa priva di fondamento.

F) In relazione alla tipologia del molo foraneo, si deduce che la carenza degli elaborati progettuali impedirebbe di verificare la soluzione da un punto di vista strutturale.

F.1) Il rilievo non è fondato, per le stesse ragioni indicate sub E).

5.– Si possono adesso passare ad esaminare i motivi con cui i quali si contesta la fondatezza del ricorso principale proposto in primo grado.

5.1.– L’appellante deduce, innanzitutto, l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato inammissibili tutti i motivi perché in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione.

Il motivo non è fondato.

La censura prospettata in primo grado non ha una sua autonomia, in quanto la stessa deve essere valutata in relazione ai singoli motivi proposti. Solo in relazione a ciascuno di essi si può stabilire se effettivamente è stato violato il principio evocato.

5.2.– L’appellante assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto fondato il motivo del ricorso principale, con il quale si è rilevata la mancanza dei requisiti previsti dalla legge per l’applicabilità dell’istituto dell’avvalimento. In particolare, il primo giudice ha ritenuto che la Ricorrente doveva essere esclusa dalla procedura di gara per incompletezza sia della dichiarazione resa dall’impresa ausiliaria Franco G_ sia del contratto di avvalimento. Tali atti, infatti, conterrebbero soltanto l’impegno dell’ausiliaria a mettere a disposizione la sola attestazione SOA e dunque la sola astratta qualificazione nella categoria richiesta dalla gara. Secondo l’appellante tali statuizioni sarebbero erronee, in quanto il contratto di avvalimento, a differenza della dichiarazione unilaterale dell’impresa ausiliaria, fa riferimento non solo all’a attestazione SOA ma anche, come risulterebbe dall’impiego di puntuali espressioni («fornire», «mettere a disposizione» nonché «requisiti della categoria OG VIII») a tutti i requisiti e risorse ad essa attestazione correlati.

Il motivo non è fondato.

L’art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006 prevede, al primo comma, che il concorrente, singolo o consorziato o raggruppato, in relazione ad una specifica gara di lavori, servizi, forniture può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto. Il secondo comma della stessa disposizione prevede che, «ai fini di quanto previsto nel comma 1», il concorrente allega, «oltre all’eventuale attestazione SOA propria e dell’impresa ausiliaria», tra l’altro:

– una sua dichiarazione, «attestante l’avvalimento dei requisiti necessari per la partecipazione alla gara, con specifica indicazione dei requisiti stessi e dell’impresa ausiliaria» (lettera a);

– «una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e verso la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente» (lettera d);

– in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto (lettera f).

La stessa disposizione prevede, al comma 4, che «il concorrente e l’impresa ausiliaria sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto».

Le disposizioni riportate contemplano un procedimento negoziale complesso composto dai negozi atti unilaterali del concorrente (lettera a), dell’impresa ausiliaria (lettera d), indirizzati alla stazione appaltante, nonché da un contratto tipico di avvalimento (lettera f) stipulato tra il concorrente e l’impresa ausiliaria.

Le parti principale e ausiliaria devono impegnarsi a mettere a disposizione non il solo requisito soggettivo «quale mero valore astratto», ma è necessario, come ha già avuto modo di affermare rilevare questo Consiglio di Stato, che risulti chiaramente che l’ausiliaria presti «le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità (a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti) » (Cons. Stato, III, 18 aprile 2011, n. 2344). Si è, inoltre, affermato, con riferimento al contratto di avvalimento, che l’esigenza di una puntuale individuazione del suo oggetto, «oltre ad avere un sicuro ancoraggio sul terreno civilistico, nella generale previsione codicistica che configura quale causa di nullità di ogni contratto l’indeterminatezza (ed indeterminabilità) del relativo oggetto, trova la propria essenziale giustificazione funzionale, inscindibilmente connessa alle procedure contrattuali del settore pubblico, nella necessità di non permettere – fin troppo – agevoli aggiramenti del sistema dei requisiti di ingresso alle gare pubbliche (requisiti pur solennemente prescritti e, di solito, attentamente verificati nei confronti dei concorrenti che se ne dichiarino titolari in proprio)». In questa prospettiva, «la pratica della mera riproduzione, nel testo dei contratti di avvalimento, della formula legislativa della messa a disposizione delle “risorse necessarie di cui è carente il concorrente” (o espressioni similari) si appalesa, oltre che tautologica (e, come tale, indeterminata per definizione), inidonea a permettere qualsivoglia sindacato, da parte della Stazione appaltante, sull’effettività della messa a disposizione dei requisiti» (Cons. Stato, V, 6 agosto 2012, n. 4510).

L’art. 88, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE») ha recepito, a livello normativo, questi principi stabilendo che il contratto di avvalimento deve riportare «in modo compiuto, esplicito ed esauriente [(…]) le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico».

L’esigenza di determinazione dell’oggetto del contratto di avvalimento esiste anche con riferimento alla dichiarazione unilaterale in quanto «nell’istituto dell’avvalimento l’impresa ausiliaria non è semplicemente un soggetto terzo rispetto alla gara, dovendosi essa impegnare non soltanto verso l’impresa concorrente ausiliata ma anche verso la stazione appaltante a mettere a disposizione del concorrente le risorse di cui questi sia carente, sicché l’ausiliario è tenuto a riprodurre il contenuto del contratto di avvalimento in una dichiarazione resa nei confronti della stazione appaltante» (Cons. Stato, VI, 13 maggio 2010, n. 2956). Ciò in quanto occorre soddisfare «esigenze di certezza dell’amministrazione», essendo la dichiarazione dell’impresa ausiliaria «volta a soddisfare l’interesse della stazione appaltante ad evitare, dopo l’aggiudicazione, l’insorgere di contestazioni sugli obblighi dell’ausiliario» (Cons. Stato, VI, n. 2956 del 2010, cit.).

Nella fattispecie in esame, nelle due dichiarazioni negoziali unilaterali dell’obbligato principale e dipendente si fa esclusivo riferimento alla messa a disposizione del requisito «possesso della categoria OG7 classifica VIII» (Opere marittime e lavori di dragaggio).

Tali dichiarazioni non rispondono, alla luce di quanto sopra esposto, ai requisiti prescritti dalla legge di disciplina dell’istituto.

Nel contratto di avvalimento, oltre al richiamo alla qualificazione sopra riportata, l’impresa ausiliaria si è impegnata «a fornire i propri requisiti ed a mettere a disposizione le risorse». Tale contenuto è, da un lato, anch’esso generico, dall’altro, in ogni caso, non in grado di colmare le lacune delle riportate dichiarazioni unilaterali.

E’ bene aggiungere, avuto riguardo a quanto esposto nel precedente punto, che l’amministrazione e il primo giudice non hanno violato il principio di tassatività delle cause di esclusione, in quanto, per le ragioni esposte, è stata violata una norma contenuta nel Ccodice, che contempla, tra l’altro, un elemento essenziale dell’offerta.

5.3.– La fondatezza del motivo del ricorso principale, sopra esaminato, esime questo Collegio dall’esaminare gli altri motivi riproposti dalla società appellata.

6.– Con un ultimo e autonomo motivo si assume la erroneità della sentenza nella parte in cui, dopo l’accertata illegittimità dell’aggiudicazione, ha dichiarato, ai sensi dell’art. 122 del d.lgs. n. 163 del 2006, inefficace il contratto. Ciò in quanto non si sarebbe tenuto conto: a) dell’interesse delle parti; b) dell’interesse pubblico alla realizzazione di un’opera di fondamentale importanza ai fini della regolazione del traffico cittadino; c) dell’a effettiva possibilità dell’appellata di conseguire l’aggiudicazione definitiva, dovendo la stazione appaltante verificare l’idoneità del progetto tecnico e la società ottenere il rilascio del parere ambientale; d) lo stato di esecuzione del contratto, che comprende anche la complessa attività di redazione del progetto esecutivo.

Il motivo non è fondato.

L’art. 122 cCod. proc. amm., nel disciplinare l’inefficacia del contratto nei casi di violazioni non gravi, prevede che «il giudice amministrativo che annulla l’aggiudicazione stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta».

Nella specie sono stati rispettati tutti i presupposti.

In primo luogo, la società appellata è seconda classificata, con la conseguenza che ha l’effettiva possibilità di conseguire l’aggiudicazione. Nemmenoé varrebbe obiettare che l’incertezza in ordine agli sviluppi procedimentali successivi, connessi alla particolarità dell’oggetto dell’appello, potrebbe inficiare tale valutazione. Ciò in quanto la norma fa riferimento alla “possibilità” e non alla “certezza”.

In secondo luogo, non è contestato che non sia ancora iniziata l’a esecuzione del contratto, non potendosi fare rientrare in tale locuzione anche ciò che attiene alla predisposizione del progetto: . Ll’espressione riportata deve essere intesa nel senso che rientra nel campo di applicazione della norma soltanto la fase di effettiva realizzazione dell’opera.

In terzo luogo, non sussistono ragioni tecniche che, con i consentiti adattamenti, permettano il subentro nel contratto. E’ bene precisare che la stessa nozione di subentro presuppone una necessaria modificazione del contratto.

Infine, per quanto attiene agli interessi delle parti, è evidente che tale requisito deve essere considerato alla luce di quanto sin qui esposto. Ne consegue che, se sussistono tutte le altre condizioni, il giudice, a fronte di interessi naturalmente confliggenti, deve dare prevalenza alla parte che ha rispettato le regole di formazione del contratto.

7.– Per le ragioni sin qui esposteo l’appello principale proposto da Ricorrente e gli appelli incidentali proposti dalle amministrazioni intimate devono essere rigettati.

8.– L’amministrazione straordinaria resistente è condannata al pagamento delle spese processuali in favore della Controinteressata, che vengono stabilite in euro 7.000,00 oltre accessori.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) rigetta l’appello principale e gli appelli incidentali indicati in epigrafe, con conseguente conferma delle statuizioni contenute nella sentenza impugnata;

c) condanna l’amministrazione straordinaria resistente al pagamento, in favore della società appellata, delle spese processuali che si determinano in euro 7.000,00 (settemila/00), oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

G_ Severini, Presidente

Gabriella De Michele, Consigliere

Roberta Vigotti, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

 

 

 

Il concorrente non è tenuto anche a fare riferimento ad eventuali richieste di rinvio a giudizio Reviewed by on . L’appellante assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato l’illegittimità della partecipazione della Ricorrente in quanto: a) i signor L’appellante assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato l’illegittimità della partecipazione della Ricorrente in quanto: a) i signor Rating: 0
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