decisione numero 148 del 14 gennaio 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato
Sentenza integrale
N. 00148/2013REG.PROV.COLL.
N. 05178/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 5178/2012 RG, proposto dalla RICORRENTE s.p.a., corrente in Pomezia (RM), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Francario, con domicilio eletto in Roma, via della Mercede n. 11,
contro
– l’Azienda Unità sanitaria locale – ASL RM/H, con sede in Albano Laziale, in persona del Direttore generale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Rodolfo Mazzei, con domicilio eletto in Roma, via XX Settembre n. 1 e
– la Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, non costituita nel presente giudizio e
nei confronti di
– CONTROINTERESSATA s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, controinteressata, rappresentata e difesa dall’avv. Gennaro Notarnicola, con domicilio eletto in Roma, via Cosseria n. 2, presso il dott. Placidi e
– la CONTROINTERESSATA 2 Italia s.r.l. e la Controinteressata 3 Ristorazione s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite nel presente giudizio,
per la riforma
della sentenza del TAR Lazio – Roma, sez. III quater, n. 3663/2012, resa tra le parti e concernente l’affidamento del servizio di ristorazione per le strutture sanitarie dell’Azienda intimata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle intimate ASL RM/H e CONTROINTERESSATA s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, c. 10 c.p.a.;
Relatore nell’udienza pubblica del 14 dicembre 2012 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Cardarelli (su delega dell’avv. Francario), Mazzei e Notarnicola;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – La RICORRENTE s.p.a., corrente in Pomezia (RM), dichiara d’essere l’appaltatrice uscente del servizio di ristorazione in legame refrigerato, confezionamento e distribuzione di pasti per le strutture sanitaria dell’ASL RM/H di Albano Laziale.
Detta Società rende noto altresì che l’ASL RM/H, con bando pubblicato in GUCE il 25 maggio 2011 e quale centrale acquisti ex art. 1, c. 68 della l. reg. Lazio 11 agosto 2008 n. 14, ha conferito alla Regione Lazio la delega per indire una procedura aperta, suddivisa in lotti e da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per il servizio di ristorazione occorrente alle Azienda sanitarie regionali.
Detta Società fa presente d’aver impugnato tale bando, poi sospeso dal TAR Lazio e da questa Sezione, onde l’ASL RM/H, con nota prot. n. 67542 del 9 agosto 2011, ha chiesto alla Regione Lazio d’esser autorizzata, ormai imminente essendo la scadenza del precedente rapporto d’appalto, ad espletare le procedure necessarie a garantire la continuità del servizio. Ottenuta l’invocata autorizzazione regionale, l’ASL RM/H ha allora indetto, con deliberazione n. 915 del 19 ottobre 2011, una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando per l’affidamento semestrale del servizio de quo al prezzo più basso. Al riguardo, l’ASL ha invitato a tal procedura le otto imprese che effettuarono il sopralluogo presso i locali aziendali ai fini della precedente gara centralizzata, tra cui la RICORRENTE s.p.a. Quest’ultima ha poi partecipato a detta procedura aperta, insieme ad altre due imprese, ma alla fine il servizio de quo è stato affidato alla CONTROINTERESSATA s.p.a., corrente in Roma.
2. – Avverso l’aggiudicazione stessa la RICORRENTE s.p.a., che già aveva impugnato l’indizione della procedura negoziata innanzi al TAR Lazio (ricorso n. 8848/2011 RG), propone motivi aggiunti, seguiti poi da quelli notificati il 18 gennaio 2012, rivolti nei confronti dell’avvio dell’esecuzione del contratto presso l’ASL intimata.
Con sentenza n. 3663 del 24 aprile 2012, l’adito TAR ha ampiamente motivato il rigetto della pretesa della RICORRENTE s.p.a., dal che il presente appello, affidato a sei articolati mezzi di gravame. Si sono costituite nel presente giudizio l’ASL intimata e la Società controinteressata, concludendo per l’improcedibilità e l’infondatezza dell’appello in esame.
Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2012, su conforme richiesta delle parti costituite, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
3. – Il primo motivo d’impugnazione, con cui l’appellante si duole che il TAR non avrebbe in modo corretto valutato l’illegittimità in sé della procedura negoziata, in realtà esaminata correttamente e funditus dal Giudice di prime cure, è ormai divenuto improcedibile.
Tanto per un duplice ordine di ragioni: per un verso, infatti, l’appellante ha partecipato a siffatta procedura, dichiarando di aver preso piena conoscenza e di aver accettato senza riserve quanto stabilito dalla lettera d’invito e nei relativi allegati, per cui v’è stata piena acquiescenza per concludentia della procedura stessa, al di là, ovviamente, dai risultati di questa. Per altro verso, la Società appellante, nell’imminenza della scadenza del servizio così appaltato in via interinale, ne ha chiesto, con la sua missiva del 5 luglio 2012, la reiterazione da parte dell’ASL intimata per evitare nocive soluzioni di continuità di questo. In entrambi i casi, è evidente la piena accettazione, anche per il futuro e perlomeno in attesa d’una diversa regolazione più acconcia per la piena salvaguardia della concorrenza per il singolo appalto, di tale forma di affidamento.
4. – Per la restante parte, si può prescindere da ogni ulteriore questione sull’ammissibilità, o meno, dell’appello in epigrafe, in quanto esso non può esser condiviso e va respinto.
Il secondo mezzo d’impugnazione della sentenza, relativo alla pretesa erroneità della scelta del criterio del prezzo più basso, non è meritevole d’accoglimento. Ferma al riguardo l’esattezza della interpretazione sul punto resa dal TAR, siffatta scelta è frutto d’una valutazione discrezionale della stazione appaltante tra i due criteri (prezzo più basso ed offerta economicamente più vantaggiosa), che gli artt. 82 e 83 del Dlg 12 aprile 2006 n. 163 considerano equivalenti e di pari dignità.
È allora evidente che, a fronte di un’opzione tipicamente e latamente discrezionale, il criterio scelto non è contestabile se non per evidente irrazionalità o per travisamento dei presupposti di fatto, in base ai quali è più congruo l’un criterio, piuttosto che l’altro. Nella specie, infatti, non è predicabile l’arbitrarietà del criterio più basso, in quanto, in disparte l’urgenza del provvedere sottesa alla lettera d’invito ed il breve tempo d’esecuzione dell’appalto (sei mesi), occorre far riferimento al tipo di prestazioni dedotte in contratto che, per quanto qui interessa, sono in varia guisa incentrate su dati predefiniti ed inderogabili da parte della stazione appaltante e senz’altro potere per l’appaltatore che il solo modo d’organizzare in concreto il proprio lavoro per adempiere a quanto richiestogli. La serena lettura del capitolato tecnico, laddove esso definisce puntualmente i modi d’esecuzione del servizio, la stima dei quantitativi richiesti, le regole di confezionamento dei pasti, le caratteristiche dei menù e la descrizione delle diete occorrenti ai pazienti, le modalità di prenotazione e rilevazione dei pasti, fino al minuto dettaglio delle derrate da impiegare, dei loro valori nutrizionali ed alla metodica del loro smaltimento o riuso, esclude ogni apporto tecnico dell’appaltatore che non sia il mero adeguamento al programma di prestazioni così stabilito dalla stazione appaltante. Se, quindi, nessun interesse negoziale sussiste in capo a quest’ultima per valorizzare ulteriori aspetti qualitativi dell’offerta, in astratto proponibili dalle imprese partecipanti e se essa rimane soddisfatta già solo grazie al suo capitolato prestazionale, allora legittimo ed appropriato è l’uso del prezzo più basso quale criterio di aggiudicazione.
Non sfugge certo al Collegio l’obiezione dell’appellante, che cerca d’inferire da alcuni elementi un argomento a confutazione di detto criterio, anche contestando la sentenza impugnata ove definisce mero refuso il riferimento, contenuto nell’art. 16 del capitolato tecnico, alla valutazione della formazione del personale sede di attribuzione del punteggio tecnico.
A ben vedere, ciò che appare una contraddizione della regola di gara con il criterio del prezzo più basso non è che un mero errore materiale, riconoscibile e riconducibile all’unitaria volizione della proposta contrattuale della stazione appaltante. Soccorre al riguardo non solo il robusto contenuto del capitolato, tutto univocamente preordinato ad accettare solo offerte connotate sul prezzo e non su altre o peculiari caratteristiche tecniche dell’offerta, ma soprattutto il principio interpretativo del contratto (ed anche della proposta: cfr., per gli atti unilaterali, Cass., sez. lav., 11 gennaio 1990 n. 41; id., 27 settembre 2000 n. 12780; id., II, 29 gennaio 2009 n. 2399) in base agli artt. 1362, II c. e 1363 c.c. Tanto perché, secondo l’ordine gerarchico delle regole interpretative, il legislatore ha attribuito rilevanza al criterio indicato nell’art. 1362, eventualmente integrato da quello posto dal successivo art. 1363, con la precisazione che è opportuno procedere al coordinamento delle varie clausole, prescritto dal medesimo art. 1363. E ciò quand’anche il senso letterale di una di esse non sia equivoco, ché tal espressione, con il fondamentale criterio ermeneutico ad essa ispirato, va riferita all’intera formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, senza limiti di sorta.
5. – Lamenta ancora l’appellante l’errore in cui sarebbe incorso il TAR nel giudicare inammissibile, per omessa tempestiva impugnazione in primo grado della determinazione a contrarre, le censure colà spiegate sul contenuto della procedura negoziata, in realtà stabilite proprio da tale statuizione presupposta. Ora, s’è già visto come l’an ed il quomodo della procedura negoziata in sé fossero del tutto congrui e razionali, condividendosi sul punto quanto deciso dal TAR. Donde l’inutilità di questionare sull’atto presupposto, a tutto concedere non essendo la doglianza in esame, peraltro infondata, in grado di modificare il giudizio così reso. Il TAR ha rettamente indicato nella citata determinazione n. 915/2011 il necessario presupposto della lettera d’invito, dove, cioè, l’intimata ASL RM/H ha fissato le ragioni della procedura negoziata senza previo bando, così regolandone il contenuto irrevocabile.
Parimenti da respingere è la censura con cui l’appellante si duole della sentenza che, a suo dire, avrebbe errato nel non tener in considerazione le sue osservazioni sulla non corretta conservazione e custodia dei plichi contenenti l’offerta.
Prescindendo da ogni considerazione sull’ammissibilità di detta censura, consta in atti che il seggio di gara, fin dalla sua prima seduta, diede disposizioni al RUP per la conservazione dei plichi stessi presso il di lui ufficio e sotto la di lui responsabilità. L’integrità dei plichi fu fatta verificare dal seggio di gara, nella seduta del 2 dicembre 2011 e prima della loro apertura, ai rappresentanti delle imprese, compresi il direttore degli affari legali e l’amministratore unico della Società appellante, procedendo quindi alla lettura delle offerte economiche. D’altro canto, non basta affermare il mero difetto di custodia dei plichi per concludere l’illegittimità della procedura, servendo piuttosto un serio e non emulativo principio di prova da cui dedurre, con ragionevole probabilità, come l’imprecisione nelle modalità della loro conservazione sia causa di sottrazione o di manomissione dei plichi stessi. Né al riguardo occorre che il seggio di gara, nell’incipit del verbale di ciascuna seduta, ribadisca che i plichi siano ben custoditi o, alla fine, impartisca la medesima regola di conservazione già posta all’inizio, stante l’inutilità d’entrambe le precisazioni che si danno invece per implicite, ove la situazione di fatto non si scopra alterata o non venga modificata.
Neppure convince la doglianza dell’appellante sul fatto che il TAR non abbia considerato la pretesa violazione dell’(allora vigente) art. 81, c. 3-bis del Dlg 163/2006, derivante, a suo dire, dalla comparazione dei ribassi proposti effettuata al lordo e non al netto dei costi del personale e di quelli per adempiere agli obblighi di tutela della salute dei lavoratori e di sicurezza sul posto di lavoro. La doglianza in esame non supera la prova di resistenza, giacché la graduatoria finale non sarebbe stata alterata dallo scorporo di tali voci e l’appellante ne resterebbe comunque collocata al terzo posto. In ogni caso, è obbligo della stazione appaltante, più che d’imporre siffatta “nettizazione” in sede di redazione dell’offerta, comparare i ribassi lordi offerti e, nello stesso tempo, verificare la congruità del costo del lavoro, partendo dal criterio di produttività esposto dall’impresa partecipante per poi verificare la sufficienza del personale in concreto impiegato nell’esecuzione a garantire tale produttività ed i corrispondenti salari minimi indicati.
È infine da precisare, a confutazione delle censure sollevate dall’appellante contro l’offerta della Società aggiudicataria, che non ha gran rilevanza la questione sul “sovracosto” del pasto consegnato a letto. Tale prestazione non costituì componente dell’offerta economica e, quindi, neppure dato da valutare in comparazione per la determinazione del ribasso. Da ciò discende l’inutilità di dedurre sia carenze documentali sul punto —nella specie insussistenti—, sia ogni altra questione, ché il prezzo che le imprese avrebbero dovuto esporre era commisurato al singolo pasto in sé, al netto, quindi, d’ogni tipo di “sovracosto” per prestazioni aggiuntive.
Quanto poi all’erronea valutazione, da parte del TAR, sulle osservazioni mosse all’offerta della Società seconda graduata, in difetto di sorteggio nei riguardi di quest’ultima e di seria prova contraria, non v’è dato opponibile all’affermata disponibilità, in capo a tale impresa, del centro di cottura pasti nella sede di via Terracini in Lanuvio (RM).
Il Giudice di prime cure ha interpretato in modo corretto la clausola ex art. 4, lett. c), § 9) della lettera d’invito. Infatti, in base alla norma citata, il requisito di aver stipulato o d’aver in corso, negli ultimi tre anni, un contratto di ristorazione in legame refrigerato va inteso solo nel senso che l’impresa offerente deve dimostrare d’aver stipulato o eseguito un tale contratto in un arco temporale di tre anni a ritroso dal termine di scadenza (9 novembre 2011) per la presentazione delle offerte. Non può esser accolta la lettura che della norma stessa dà l’appellante, per la quale sarebbe occorso un contratto di tal tipo di almeno un triennio, posto che in questo modo la regola sarebbe incongrua rispetto ad un appalto, peraltro aggiudicato in via d’urgenza, della durata solo semestrale.
6. – In definitiva l’appello va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 5178/2012 RG in epigrafe), lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, a favore delle parti resistenti e costituite ed in misura uguale tra loro, delle spese del presente giudizio, nel complesso liquidate in € 6.000,00 (Euro seimila/00), di cui € 2.000 per la fase di studio, € 1.600 per la fase introduttiva ed € 2.600 per la fase decisoria, oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 dicembre 2012, con l’intervento dei sigg. Magistrati:
Pier Luigi Lodi, Presidente
Hadrian Simonetti, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore
Alessandro Palanza, Consigliere
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L’ESTENSORE |
IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)