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compiti di verifica e supervisione che spettano al R.U.P. sull’operato della Commissione

giacché l’esercizio di tali poteri risulta del tutto fisiologico nell’ordinaria dinamica degli appalti pubblici e non comporta alcuno dei profili di contraddittorietà lamentati dall’appellante.

Consiglio di Stato decisione numero 2293 del 30 maggio 2016

La giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che sono del tutto residuali le ipotesi in cui la Commissione di gara deve essere riconvocata a seguito dell’emersione di errori o lacune nell’operato della Commissione medesima. In via ordinaria, infatti, a seguito del completamento dei lavori della Commissione, è il R.U.P. a potere (rectius: dovere) esercitare i suoi tipici poteri di verifica e controllo, nell’esercizio della sua tipica funzione di verifica e supervisione sull’operato della Commissione medesima (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, Ad. Plen. 29 novembre 2012, n. 36).

Non può essere, quindi, condivisa la tesi dell’appellane secondo cui la determinazione adottata dal R.U.P. si configura come atto di ritiro rispetto alle decisioni assunte dalla Commissione.

E’ inoltre rilevante osservare che, come dedotto dal Comune di Bologna, non è neppure corretto affermare che la Commissione avesse definitivamente statuito in ordine al possesso da parte dell’appellante ricorrente dei necessari requisiti di ordine oggettivo (sì da qualificare la determinazione negativa in seguito assunta dal R.U.P. quale ‘atto contrario’).

Iinfatti dalla lettura del verbale della seduta pubblica nel cui ambito si era proceduto all’apertura dei plichi, emerge che la Commissione non si era pronunciata circa l’effettivo possesso dei requisiti da parte (anche) dell’appellante, ma – più semplicemente – che aveva verificato la completezza e la regolarità della documentazione presentata, ma non anche la correttezza in senso sostanziale del contenuto delle dichiarazioni rese.

Neppure può essere condiviso il motivo di appello con il quale la ricorrente ha lamentato la sostanziale contraddittorietà fra quanto statuito dalla Commissione (che aveva ritenuto il possesso da parte dell’appellante –inter alia – dei necessari requisiti di carattere oggettivo) e quanto in seguito statuito dal R.U.P..

Al riguardo ci si limita ad osservare che il motivo in parola non può trovare accoglimento: i) in ragione dei compiti di verifica e supervisione che spettano al R.U.P. sull’operato della Commissione; ii) giacché l’esercizio di tali poteri risulta del tutto fisiologico nell’ordinaria dinamica degli appalti pubblici e non comporta alcuno dei profili di contraddittorietà lamentati dall’appellante.

2.4. Anche per questa ragione l’appello proposto dalla ricorrente deve essere respinto.

riportiamo qui di seguito il testo integrale di Consiglio di Stato decisione numero 2293 del 30 maggio 2016

N. 02293/2016REG.PROV.COLL.

N. 10055/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 10055 del 2015, proposto dalla ricorrente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Guido Mascioli, con domicilio eletto presso lo Studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

Comune di Bologna, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Montuoro, Giulia Carestia e Giorgio Stella Richter, con domicilio eletto presso l’avv. Giorgio Stella Richter in Roma, Via Orti della Farnesina, n. 126;
controinteressata s.p.a., in proprio e in qualità di capogruppo di un costituendo R.T.I., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Carullo e Giuliano Berruti, con domicilio eletto presso Giuliano Berruti in Roma, Via delle Quattro Fontane, n. 161;
controinteressata 2 i s.r.l., Cooperativacontrointeressata 3 Società Cooperativa, controinteressata 4 , L’Operosa Società Cooperativa a r.l.,controinteressata 5 S.p.A., controinteressata 6 Società Cooperativa, non costituite in giudizio;

nei confronti di

INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonino Sgroi, Lelio Maritato, Carla D’Aloisio, Emanuele De Rose, Giuseppe Matano ed Ester Sciplino, domiciliati in Roma, Via Cesare Beccaria, n. 29;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. dell’Emilia-Romagna, Sezione II, n. 726/2015;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bologna, della controinteressata S.p.a. e dell’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del giorno 10 marzo 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Mascioli, Stella Richter, Sgroi, Carullo e Berruti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. dell’Emilia Romagna la controinteressata s.p.a. (d’ora in poi: ‘la controinteressata ’) ha impugnato il provvedimento in data 22 dicembre 2014, con il quale l’amministrazione comunale di Bologna aveva annullato l’aggiudicazione provvisoria in proprio favore della concessione relativa alla gestione, riqualificazione e manutenzione dell’area “Parco Nord” a Bologna, e ha inoltre contestualmente aggiudicato provvisoriamente la suddetta concessione alla ricorrente s.r.l. (qui di seguito: ‘la ricorrente’), classificatasi al secondo posto.

La ricorrente in primo grado ha sostenuto al riguardo l’illegittimità del provvedimento impugnato, lamentandone l’illegittimità sotto plurimi aspetti.

A seguito di produzione documentale da parte dell’I.N.P.S., la controinteressata ha presentato ricorso aggiuntivo avverso gli atti depositati dall’ente previdenziale e, conseguentemente, anche avverso gli atti comunali impugnati in via principale, deducendo ulteriori motivi in diritto.

Il Comune di Bologna, costituitosi in resistenza, ha chiesto che il ricorso principale ed il ricorso per motivi aggiunti fossero respinti, in quanto infondati.

Si è costituita in giudizio l’odierna appellante principale ricorrente, la quale ha altresì proposto ricorso incidentale (finalizzato all’esclusione per ulteriori ragioni della controinteressata ) e successivi motivi aggiunti allo stesso ricorso incidentale (avverso il provvedimento con cui il Comune ha disposto l’annullamento dell’aggiudicazione che era stata medio tempore disposta in suo favore).

Con la sentenza oggetto del presente gravame il T.A.R. dell’Emilia Romagna:

– ha dichiarato improcedibile il ricorso principale proposto dalla controinteressata ;

– ha nondimeno esaminato il contenuto del ricorso medesimo ai fini del regolamento delle spese processuali (in base al principio della c.d. ‘soccombenza virtuale’) e lo ha dichiarato infondato;

– ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso incidentale proposto dalla ricorrente;

– ha respinto (previa riqualificazione dell’impugnativa) il ricorso principale proposto dalla stessa ricorrente, confermando la correttezza delle ragioni che avevano indotto l’amministrazione ad escluderla dalla gara.

La sentenza in questione è stata impugnata dalla ricorrente la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi.

Con un primo ordine di motivi la ricorrente ripropone le censure del ricorso incidentale di primo grado avverso il provvedimento con cui il Comune ha disposto la sua esclusione dalla gara annullando l’aggiudicazione disposta in proprio favore (si tratta di censure che il T.A.R. ha riqualificato come ricorso principale e ha ritenuto infondate).

Sotto tale aspetto il provvedimento impugnato in primo grado risulterebbe affetto da plurimi motivi di violazione di legge e del bando di gara, nonché per eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà.

Inoltre il provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione e di esclusione della ricorrente sarebbe illegittimo per incompetenza del RUP il quale si sarebbe illegittimamente sostituito alla commissione di gara.

Inoltre la sentenza in epigrafe sarebbe illegittima e ingiusta e altresì violativa del comma 3 dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001, oltre che dell’articolo 97 della Costituzione.

La sentenza in esame dovrebbe essere riformata anche per avere primi Giudici omesso di apprezzare i profili di eccesso di potere per contraddittorietà che viziavano il provvedimento comunale impugnato in primo grado.

Allo stesso modo la sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma in relazione alla disposta compensazione delle spese di lite fra la ricorrente e la originaria ricorrente in primo grado controinteressata .

Infine la ricorrente ha riproposto la domanda volta al ristoro del danno patrimoniale (per danno emergente e lucro cessante) che avrebbe patito in conseguenza della illegittima mancata utilizzazione della struttura a partire dal marzo del 2015.

Si è costituita in giudizio la controinteressata , la quale ha concluso per la reiezione dell’appello principale e ha altresì articolato un appello incidentale.

La ricorrente ha a sua volta proposto un ulteriore appello incidentale volto a confutare le ragioni sottese all’articolazione dell’appello incidentale da parte della controinteressata .

Si è costituito in giudizio il Comune di Bologna, il quale ha chiestola reiezione degli appelli.

Si è altresì costituito in giudizio l’I.N.P.S., il quale ha dedotto l’infondatezza degli appelli.

Alla pubblica udienza del 10 marzo 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio l’appello proposto da una società attiva nel settore della gestione di spettacoli (la quale aveva partecipato alla gara di appalto indetta dal Comune di Bologna nel corso del 2014 per la gestione del ‘Parco Nord’ e si era classificata al secondo posto – salvo in seguito divenire aggiudicataria per annullamento dell’aggiudicazione in favore della prima -) avverso la sentenza del T.A.R. dell’Emilia Romagna, con cui è stato respinto il ricorso da essa proposto avverso gli atti con cui il Comune di Bologna ha revocato l’affidamento in suo favore dell’appalto (l’appalto era stato aggiudicato ‘per scorrimento’ all’appellante, seconda classificata, a seguito dell’esclusione della prima).

2. Deve essere in primo luogo esaminato il complesso dei motivi con cui la ricorrente ha qui riproposto i motivi del ricorso incidentale di primo grado avverso il provvedimento con cui il Comune ha disposto la sua esclusione dalla gara, annullando l’aggiudicazione disposta in proprio favore (come si è anticipato in narrativa il T.A.R. ha riqualificato tali motivi quale come ricorso principale e li ha nel complesso ritenuti infondati).

2.1. I motivi in questione sono infondati.

2.1.1. Viene in particolare in rilievo la corretta interpretazione da fornire al punto 2) del bando il quale richiedeva alle imprese concorrenti, ai fini della partecipazione, “[di] aver gestito strutture multifunzionali complesse, dedicate alla produzione e al consumo culturale ed all’offerta di eventi spettacolari, con un fatturato annuo pari almeno ad euro 500.000,00, nell’ultimo triennio”.

In data 10 febbraio 2014 il Comune aveva fornito un chiarimento circa la portata effettiva della richiamata clausola della lex specialis e aveva affermato che “ciò che si richiede è che il soggetto partecipante abbia finalità statutarie/oggetto sociale coerenti con le finalità del bando, che, come sopra ricordato, riguarda la valorizzazione del parco e la sua gestione complessiva (…) il requisito della «adeguata esperienza di gestione riconducibile a progetti analoghi per complessità ed importanza» si traduce nel possesso di un fatturato minio richiesto”.

Ebbene, questo essendo il quadro disciplinare fissato nell’ambito della legge di gara ai sensi dell’articolo 42, comma 3 del decreto legislativo n. 163 del 2006, al Sezione osserva che risultano del tutto giustificate le determinazioni adottate dal Comune, il quale ha ritenuto non sufficienti, ai fini della richiamata clausola del bando, le attività allegate ai fini partecipativi dalla ricorrente, che si era limitata a dimostrare un’esperienza nel solo campo dell’allestimento e del montaggio di strutture fisiche. Risulta in particolare che, attraverso la richiamata allegazione, la società appellante non avesse soddisfatto i requisiti imposti dalla legge di gara in ordine alla piena valorizzazione di strutture in primis volte alla produzione e al consumo culturale e all’offerta di eventi spettacolari.

La ricorrente ha sottolineato, sia con il ricorso di primo grado, sia con l’atto di appello, che la pregressa attività di ‘allestimento/montaggio’ non si esauriva nella mera fornitura di materiali di allestimento o nel montaggio delle strutture, ma ricomprendeva altresì più complesse attività di progettazione, direzione dei lavori, organizzazione degli spazi e di allestimento delle aree ai fini della corretta esecuzione degli eventi.

Osserva tuttavia la Sezione che il punto centrale ai fini del decidere non è rappresentato (o non è rappresentato solo) dalla corretta estensione della nozione di ‘allestimento/montaggio’, quanto – piuttosto – dal fatto che la ricorrente poteva vantare un’esperienza limitata ai soli profili di gestione – per così dire – ‘statica e fisica’ delle strutture e non anche un’esperienza riferita alle attività di organizzazione e di gestione di eventi culturali e di spettacolo.

L’appellante contesta la richiamata interpretazione (ampia ed estensiva) del contenuto prescrittivo del bando di gara ma, ad avviso del Collegio, le deduzioni a tal fine articolate dalla ricorrente non possono essere condivise.

Si osserva al riguardo che:

– il bando approvato dal Comune nel corso del 2013 (det. dirig. 332987/2013) non aveva ad oggetto – come sostenuto dall’appellante – il solo programma di gestione complessiva degli spazi e delle strutture, ma un più ampio progetto di gestione concernente un complessivo contenuto ricreativo e culturale;

– siccome il bando aveva ad oggetto l’acquisizione di un progetto ricreativo e culturale comprendente eventi musicali e altri eventi utili alla promozione della città, i requisiti di capacità richiesti dall’articolo 2 del bando dovevano essere intesi come logicamente funzionalizzati alla dimostrazione di un’adeguata esperienza estesa: i) sia agli aspetti relativi alla gestione e valorizzazione della struttura (requisito, questo, posseduto dalla ricorrente); ii) sia agli aspetti relativi alla organizzazione e gestione di eventi culturali e di spettacolo (requisito, questo, non posseduto dalla ricorrente);

– la richiamata lettura in senso funzionale del bando di gara è resa necessaria dal vincolo (imposto dal richiamato articolo 2 del bando) di allegare ai fini partecipatici “progetti analoghi per complessità e importanza”, laddove la nozione di ‘analogia’ deve essere intesa come riferita a entrambi le componenti di esperienza richieste ai concorrenti (e cioè, i) quella riferita alla gestione e valorizzazione delle strutture fisiche e; ii) quella riferita all’organizzazione e gestione di eventi culturali e di spettacolo);

– non depongono del resto nel senso invocato dall’appellante i chiarimenti forniti dalla stazione appaltante in data 10 febbraio 2014; con essi infatti il Comune appellato si era limitato a prescrivere che: i) i concorrenti dovevano allegare un’adeguata esperienza relativa all’ampia nozione di “valorizzazione del parco [e di] sua gestione complessiva”; ii) gli stessi dovevano dimostrare il possesso del requisito della “adeguata esperienza di gestione riconducibile a progetti analoghi per complessità ed importanza”; iii) che i richiamati requisiti di ordine oggettivo dovevano essere dimostrati (secondo l’id quod plerumque accidit) sulla base del pregresso fatturato; si tratta di una serie di precisazioni che in alcun modo escludevano la necessità di una pregressa, adeguata esperienza in tema di organizzazione e gestione di eventi culturali e di spettacolo;

– non risulta in alcun modo violata la previsione di cui all’articolo 42 del decreto legislativo 163 del 2006 che, secondo un prevalente e qui condiviso orientamento giurisprudenziale, impone alle amministrazioni aggiudicatici di richiedere ai concorrenti requisiti di capacità tecnica e professionale congrui e non eccedentari rispetto alle esigenze sottese all’indizione della gara. E’ appena il caso di osservare che, attese le complesse finalità cui mirava la procedura indetta dal Comune di Bologna, risulta congruo e ragionevole aver escluso che i concorrenti, ai fini partecipativi, potessero allegare unicamente esperienze limitate alla gestione – per così dire – ‘in senso statico’ delle strutture e degli impianti, non allegando al contrario alcuna pregressa esperienza relativa ai (parimenti necessari) aspetti concernenti l’organizzazione e la gestione di eventi culturali e di spettacolo.

2.2. La rilevata carenza in capo all’appellante di una parte imprescindibile dei necessari requisiti di ordine oggettivo conferma la legittimità dell’esclusione dalla gara e rende irrilevante ai fini del decidere l’esame degli ulteriori motivi con cui si è altresì contestato l’operato del Comune: i) in relazione alle pregresse esperienze maturate a seguito dell’aggiudicazione (2012) della procedura ad evidenza pubblica indetta dalla Delta 2000 s.r.l.; ii) in relazione alla controversa qualificazione come ‘affitto di azienda’ del contratto relativo alla gestione del Parco Nord.

2.3. E’ parimenti infondato il motivo di ricorso con il quale si è chiesta la riforma della sentenza di primo grado in relazione alla lamentata incompetenza del R.U.P. all’adozione dei provvedimenti impugnati in primo grado.

L’appellante ha osservato al riguardo che:

– la vigente normativa primaria e regolamentare non riconosce al R.U.P. compiti inerenti la verifica e il controllo dei requisiti di partecipazione;

– l’esclusione del concorrente già in precedenza ammesso per ragioni relative alla carenza di un requisito di partecipazione alla gara implica un sostanziale riesame in autotutela della determinazione con cui, già in precedenza, la competente Commissione aveva verificato il possesso di tali requisiti e ne aveva ravvisato il possesso. Ma il punto è che, in base al principio del c.d. ‘contrarius actus’, l’adozione di un siffatto atto di autotutela non poteva spettare al R.U.P. (a tanto incompetente), bensì alla stessa Commissione;

– nel caso di specie il R.U.P. non si sarebbe limitato ad esercitare le proprie (legittime) funzioni di controllo, ma si sarebbe spinto sino ad operare valutazioni tecnico/discrezionali (quali quelle relative all’effettivo possesso dei necessari requisiti di ordine oggettivo) di fatto sostitutive rispetto a quelle tipicamente demandate alla Commissione giudicatrice.

2.3.1. Il motivo nel suo complesso non può trovare accoglimento.

La giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che sono del tutto residuali le ipotesi in cui la Commissione di gara deve essere riconvocata a seguito dell’emersione di errori o lacune nell’operato della Commissione medesima. In via ordinaria, infatti, a seguito del completamento dei lavori della Commissione, è il R.U.P. a potere (rectius: dovere) esercitare i suoi tipici poteri di verifica e controllo, nell’esercizio della sua tipica funzione di verifica e supervisione sull’operato della Commissione medesima (in tal senso – ex multis -: Cons. Stato, Ad. Plen. 29 novembre 2012, n. 36).

Non può essere, quindi, condivisa la tesi dell’appellane secondo cui la determinazione adottata dal R.U.P. si configura come atto di ritiro rispetto alle decisioni assunte dalla Commissione.

E’ inoltre rilevante osservare che, come dedotto dal Comune di Bologna, non è neppure corretto affermare che la Commissione avesse definitivamente statuito in ordine al possesso da parte dell’appellante ricorrente dei necessari requisiti di ordine oggettivo (sì da qualificare la determinazione negativa in seguito assunta dal R.U.P. quale ‘atto contrario’).

Iinfatti dalla lettura del verbale della seduta pubblica nel cui ambito si era proceduto all’apertura dei plichi, emerge che la Commissione non si era pronunciata circa l’effettivo possesso dei requisiti da parte (anche) dell’appellante, ma – più semplicemente – che aveva verificato la completezza e la regolarità della documentazione presentata, ma non anche la correttezza in senso sostanziale del contenuto delle dichiarazioni rese.

2.3.2. Neppure può essere condiviso il motivo di appello con il quale la ricorrente ha lamentato la sostanziale contraddittorietà fra quanto statuito dalla Commissione (che aveva ritenuto il possesso da parte dell’appellante –inter alia – dei necessari requisiti di carattere oggettivo) e quanto in seguito statuito dal R.U.P..

Al riguardo ci si limita ad osservare che il motivo in parola non può trovare accoglimento: i) in ragione dei compiti di verifica e supervisione che spettano al R.U.P. sull’operato della Commissione; ii) giacché l’esercizio di tali poteri risulta del tutto fisiologico nell’ordinaria dinamica degli appalti pubblici e non comporta alcuno dei profili di contraddittorietà lamentati dall’appellante.

2.4. Anche per questa ragione l’appello proposto dalla ricorrente deve essere respinto.

2.5. Per ragioni del tutto connesse a quelle sin qui evidenziate deve altresì essere respinta la domanda risarcitoria nella presenta sede di appello (ri-)proposta dalla ricorrente.

Al riguardo ci si limita ad osservare che, stante la corretta esclusione dell’appellante dalla procedura, non sono ravvisabili nel caso in esame gli elementi costitutivi della fattispecie oggettiva di un illecito foriero di danno.

2.6. Neppure può trovare accoglimento il motivo con cui si contesta la statuizione di primo grado relativa alla compensazione delle spese fra la controinteressata e la ricorrente.

L’appellante richiama sul punto in modo solo parziale la previsione di cui all’articolo 84, comma 2 del cod. proc. amm. il quale, se – per un verso – stabilisce che “il rinunziante deve pagare le spese degli atti di procedura compiuti”, per altro verso chiarisce che è fatta comunque salva la facoltà del giudice di disporre la compensazione, “avuto riguardo a ogni circostanza”.

La Sezione ritiene che la statuizione resa sul punto dai primi Giudici non ecceda l’implicito limite di ragionevolezza sotteso alla formulazione della disposizione da ultimo richiamata.

Appare infatti del tutto congruo aver disposto l’integrale compensazione delle spese di lite fra due concorrenti la cui esclusione dalla gara era stata correttamente disposta e i cui ricorsi erano stati dichiarati – sia pure per ragioni diverse – dichiarati infondati.

3. Stante l’infondatezza del ricorso principale proposto dalla ricorrente, non può trovare accoglimento il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata al fine di contestare la parte della sentenza di primo grado che ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale proposto dalla stessa controinteressata nell’ambito del (così riqualificato) ricorso principale di primo grado proposto dalla ricorrente.

E’ evidente al riguardo che, a seguito della reiezione dell’appello principale proposto dalla stessa ricorrente, ne resti confermata l’esclusione della stessa dalla gara (i.e.: il medesimo risultato sostanziale cui mira la controinteressata attraverso l’articolazione dell’appello incidentale di cui trattasi).

Pertanto, l’appello incidentale non può trovare accoglimento.

Allo stesso modo, a seguito della reiezione dell’appello principale proposto dalla ricorrente non risulta sussistente alcuno degli interessi richiamati dalla controinteressata a supporto della propria iniziativa alle pagine e successive del ricorso in data 27 novembre 2015 (del resto, la stessa controinteressata afferma a pagina 25 del richiamato atto in data 27 novembre 2015 che l’interesse alla proposizione dell’appello incidentale nell’ambito del ricorso n. 10055/2015 è – per così dire – ‘risorto’ a fronte della proposizione dell’appello principale della ricorrente – ricorso che, per le ragioni dinanzi esposte, non può trovare accoglimento -).

3.1. Ai ben limitati fini che qui rilevano si osserva comunque che la sentenza in epigrafe risulta meritevole di conferma per la parte in cui (sia pure entro i limitati ambiti della cognitio finalizzata al giudizio di ‘soccombenza virtuale’) ha stabilito che la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per cui è causa in ragione dell’irregolarità contributiva riferita alla mandante controinteressata 6 s.r.l.

Al riguardo ci si limita ad osservare che:

– secondo le risultanze in atti, alla data ultima per la presentazione delle domande di partecipazione, la controinteressata 6 aveva maturato un insoluto – relativo al pagamento dei contributi obbligatori per legge – pari ad euro 8.654,06;

– pertanto alla stessa data la controinteressata 6 era pacificamente priva del necessario requisito di partecipazione di cui all’articolo 38, comma 1, lettera i) del decreto legislativo n. 163 del 2006;

– secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, anche dopo l’entrata in vigore dell’articolo 31, comma 8, del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, l’eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva (in tal senso: Ad. Plen. 29 febbraio 2016, n. 5).

4. Non potendo essere accolto l’appello incidentale proposto dalla controinteressata per le ragioni esposte retro, sub 3, neppure può trovare accoglimento l’appello incidentale proposto dalla ricorrente con atto in data 23 dicembre 2015.

Ed infatti, come espressamente affermato dalla stessa ricorrente, “l’interesse (…) all’impugnativa incidentale dei provvedimenti di aggiudicazione della concessione deriva dall’impugnativa incidentale proposta da controinteressata S.p.A. (…): la denegata ipotesi dell’accoglimento del gravame di Bologna Fiere impone a ricorrente l’obbligo di impugnativa della medesima sentenza” (per la parte in cui non ha disposto aliunde l’esclusione dalla gara della controinteressata e per la parte in cui non ha preso atto della rinunzia agli atti presentata in data 24 giugno 2015).

In definitiva, la stessa ricorrente ha espressamente dichiarato che l’interesse all’impugnativa qui esaminata sorgesse unicamente in relazione alla proposizione dell’appello incidentale della controinteressata (appello incidentale che tuttavia, per le ragioni dinanzi esposte, non può trovare accoglimento).

4.1. Pertanto, l’appello incidentale proposto dalla ricorrente con atto in data 23 dicembre 2015 non può trovare accoglimento.

5. Per le ragioni sin qui esposte l’appello principale proposto dalla ricorrente deve essere respinto.

L’appello incidentale proposto dalla controinteressata e dalla stessa ricorrente devono essere anch’essi respinti.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese del grado di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, respinge il ricorso principale e respinge i ricorsi incidentali.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/05/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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