lunedì , 2 Ottobre 2023

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Buona fede e possibilità di richiedere proroga termini per evitare escussione provvisoria

Nel presente giudizio si controverte, infatti, circa la legittimità dell’escussione della cauzione provvisoria e della segnalazione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, in merito alla cui adozione la commissione giudicatrice ha ritenuto sussistere, sull’Università di Milano, un obbligo provvedimentale, precisando che “l’ulteriore documentazione acquisita da Guardie private europee s.r.l. (a seguito dell’istruttoria espletata dagli uffici amministrativi volta a verificare anche la veridicità delle dichiarazioni rese) dovrà essere trasmessa all’Autorità di vigilanza al fine di rappresentare nel modo più esauriente possibile il comportamento tenuto da Guardie private europee s.r.l. nelle presente procedura di gara
Ad avviso della ricorrente, le determinazioni contenute nel citato verbale di gara, quali presupposti dei provvedimenti impugnati, sarebbero illegittime poiché in accoglimento della richiesta di proroga (25.1.2010) del termine per produrre tutta la documentazione a comprova del possesso del requisito del fatturato triennale per gli anni 2006 – 2008, la stazione appaltante avrebbe concesso tale beneficio con nota del 15.2.2010, invitando “ad ottemperarvi tempestivamente e non oltre il 24 febbraio 2010”, entro il quale sarebbero puntualmente pervenute tutte le integrazioni (28.2.2010; 2.2.2010; 23.2.2010).
Dette integrazioni, tuttavia, sarebbero irrilevanti ad avviso dell’Amministrazione universitaria, attesa la “perentorietà e improrogabilità del termine” di 10 giorni previsto dall’art. 48 del D.lgs. 163/2006; ragione per cui “l’assegnazione di un ulteriore termine di 10 giorni alla ricorrente per produrre la documentazione ancora mancante trova giustificazione nel dovere della stazione appaltante di portare a termine la procedura di accertamento al fine di avere un quadro completo dell’inadempienza del concorrente proprio ai fini della segnalazione all’Autorità di vigilanza” (cfr. pagg. 10 – 11 memoria del 13.4.2010).
L’eccezione non coglie nel segno, per due ragioni.
In primo luogo, trova nella specie applicazione l’orientamento della giurisprudenza secondo cui “il termine di dieci giorni, indicato dal citato art. 48, comma 1 (…) che replica l’art. 10, c. 1-quater della l. 11 febbraio 1994 n. 109, estendendone la portata a tutti i contratti ad evidenza pubblica (…) sia certamente perentorio (recte, a pena d’esclusione ex lege), come ben evincesi dal tenore e dalla ratio della norma e, quindi, non è governabile a discrezione dalla stazione appaltante per quanto attiene alla durata in sé, né all’autonoma facoltà i valutazione circa la scusabilità di errori od omissioni da parte dell’impresa sorteggiata. Tale termine è certo suscettibile di proroga, ma solo con atto espresso e motivato della stazione appaltante, a fronte di un’altrettanto esplicita richiesta dell’impresa che dimostri un impedimento oggettivo e non ad essa imputabile ad adempiere e sempre che la relativa istanza sia prodotta prima della scadenza del termine stesso (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 15 giugno 2009 n. 3804; id., 13 dicembre 2010 n. 8730). Da ciò discende un duplice onere, in capo all’impresa sorteggiata ed affinché non sia ritenuta inadempiente, ossia l’oggettiva impossibilità di rispettare detto essenziale termine e la necessità di far constare tal vicenda alla stazione appaltante prima che quest’ultimo si consumi inutilmente, non potendosi prorogare un termine scaduto” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 7 marzo 2011, n. 1420).
Si tratta di una lettura ermeneutica che media tra l’esigenza di definire con celerità il subprocedimento di verifica, previsto dal citato art. 48, con la tutela del contraddittorio espressa dalla giurisprudenza comunitaria, che ha osservato come “l’esistenza di un dibattito effettivo in contraddittorio, situato in un momento utile nella procedura di esame delle offerte, tra l’amministrazione aggiudicatrice e l’offerente, affinché quest’ultimo possa provare la serietà della sua offerta, costituisce un requisito fondamentale della Direttiva 2004/18, al fine di evitare l’arbitrio dell’amministrazione aggiudicatrice e garantire una sana concorrenza tra le imprese” (cfr., Corte di Giustizia, 29 marzo 2012, n. C-599/10).
Nel caso di specie, non è contestato tra le parti che la richiesta di proroga sia stata formulata in data 25.1.2010, cioè prima che spirasse il termine di 10 giorni dall’invito della stazione appaltante (nota del 15.1.2010, ricevuta dalla ricorrente il 20.1.2010).
Né, tantomeno, è stata contestata dall’Amministrazione l’allegazione del motivato impedimento per la completa produzione documentale (“i clienti da noi contattati non hanno potuto rispondere per l’assenza degli amministratori; ci impegniamo a inviarvi copia delle attestazioni o delle fatture, comprovanti gli importi entro 10 giorni dalla presente”), in quanto – ad opinare diversamente – non si comprenderebbe la decisione della stazione appaltante di inviare la nota del 15.2.2010 con l’espresso invito “ad ottemperarvi tempestivamente e non oltre il 24 febbraio 2010” .
In secondo luogo, l’ammissibilità della produzione documentale oltre il termine di 10 giorni trova fondamento nel principio di legittimo affidamento.
Infatti, la buona fede riposta dalla società ricorrente nella comunicazione in cui l’Università degli Studi di Milano ha accordato una proroga per la trasmissione della documentazione comprovante il possesso del requisito del fatturato triennale, integra, a parere del Collegio, il presupposto dell’errore scusabile anche in caso di perentorietà del termine di 10 giorni, e ciò sulla scorta del costante insegnamento della giurisprudenza secondo cui deve ritenersi legittima la rimessione in termini tutte le volte che il comportamento ambiguo o omissivo dell’Amministrazione abbia ingenerato nell’interessato l’affidamento circa la correttezza della propria condotta (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, sez. VI, 10 gennaio 2005, n. 4; id., Sez. IV, 19 ottobre 2004, n. 6746; TAR Lombardia – Milano, sez. III, 26 luglio 2007, n. 5795).
Si tratta di un orientamento che puntualmente riflette l’evoluzione indotta, sul piano della tutela sostanziale, dalla giurisprudenza comunitaria, la quale ha fortemente valorizzato l’affidamento legittimo e incolpevole del soggetto che, in conseguenza dell’ambiguità della condotta dell’Amministrazione, abbia maturato la convinzione circa la correttezza del proprio comportamento, sino al punto da far decorrere il termine per proporre ricorso (cfr. Corte di Giustizia, 27 febbraio 2003, causa C-327/00 “Santex”).
Nella medesima pronuncia, inoltre, la Corte di Giustizia ha richiamato la disciplina di cui all’art. 22 della direttiva 93/36, in cui è previsto, in tema di prova della capacità economica e finanziaria dei partecipanti alle gare pubbliche, che “le Amministrazioni precisano, nel bando di gara o nell’invito a presentare offerte, la referenza o le referenze (…) da esse scelte, nonché le eventuali altre referenze da presentare” e che “qualora, per giustificati motivi, non sia in grado di presentare le referenze richieste dall’amministrazione, il fornitore è ammesso a provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento che l’Amministrazione stessa ritenga appropriato”.
I giudici comunitari hanno, quindi, statuito l’illegittimità della condotta della “autorità aggiudicatrice” che “con il suo comportamento ha creato uno stato d’incertezza in ordine all’interpretazione da dare a tale clausola e che questa incertezza è stata dissipata solo con l’adozione della decisione di esclusione”.
Detto principio si attaglia perfettamente alla fattispecie oggetto del presente giudizio.
a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla  sentenza  numero 1559 del 14 giugno 2013  pronunciata dal Tar Lombardia, Milano

 

Sentenza integrale

 

N. 01559/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00702/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 702 del 2010, proposto da:
RICORRENTE. Ricorrente europee s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giustino Ciampoli, Francesco Bellocchio e Alberto Cappellini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, Via Marina, 6

contro

Università degli Studi di Milano, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata ex lege in Milano, Via Freguglia, 1

nei confronti di

Compagnia garante compagnia di assicurazioni e riassicurazioni S.p.A.

per l’annullamento

del provvedimento del 4.3.2010, con cui il capo divisione attività legali dell’Università degli Studi di Milano ha comunicato l’esclusione della ricorrente (disposta dalla commissione giudicatrice in esito allo scioglimento di apposita riserva) dalla procedura di gara per l’affidamento del servizio di teleallarme in ponte radio bidirezionale negli spazi universitari e di vigilanza diurna e notturna presso la sede di Via Festa del Perdono, anche nella parte in cui si è disposto di procedere “all’escussione della cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture”; della comunicazione del 10.3.2010, da parte del medesimo dirigente, con cui l’Università degli Studi di Milano ha chiesto alla società Compagnia garante Assicurazioni S.p.A. “a seguito dell’esclusione della Società Ricorrente Europee s.r.l. dalla gara in oggetto ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. 163/2006…il pagamento della fideiussione n. 1857692 rilasciata ai sensi dell’art. 75 del D.Lgs. 163/2006 da codesta Spettabile Compagnia Assicuratrice in data 4 gennaio 2010 per l’intero importo di €.16.900,00”; di tutti gli atti presupposti e comunque connessi.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 maggio 2013 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso ritualmente proposto la società RICORRENTE. Guardia private europee s.r.l. ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del 4.3.2010, con cui il capo divisione attività legali dell’Università degli Studi di Milano ha comunicato l’esclusione della ricorrente (disposta dalla commissione giudicatrice in esito allo scioglimento di apposita riserva) dalla procedura di gara per l’affidamento del servizio di teleallarme in ponte radio bidirezionale negli spazi universitari e di vigilanza diurna e notturna presso la sede di Via Festa del Perdono, e ciò “per non aver la stessa fornito la prova, entro il termine perentorio previsto dalla legge, relativamente al requisito di cui alla lettera l) del disciplinare di gara, a seguito della richiesta di questa Amministrazione (USM prot. 2185 del 15.01.2010)”, anche nella parte in cui si è disposto di procedere “all’escussione della cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture”; la comunicazione del 10.3.2010, da parte del medesimo dirigente, con cui l’Università degli Studi di Milano ha chiesto alla società Compagnia garante Assicurazioni S.p.A. “a seguito dell’esclusione della Società Ricorrente europee s.r.l. dalla gara in oggetto ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. 163/2006…il pagamento della fideiussione n. 1857692 rilasciata ai sensi dell’art. 75 del D.Lgs. 163/2006 da codesta spettabile Compagnia Assicuratrice in data 4 gennaio 2010 per l’intero importo di €.16.900,00”; tutti gli atti presupposti e comunque connessi.

Nella specie si trattava di una procedura aperta, avente ad oggetto un affidamento della durata di cinque anni, con un importo a base d’asta di €. 845.000,00, regolata dal criterio del massimo ribasso.

A fondamento dell’impugnazione la società ricorrente ha dedotto, con unico motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 48 del D.lgs. 163/2006 e del principio di proporzionalità; eccesso di potere per carenza di legittimo presupposto; motivazione insufficiente ed illogica; contraddittorietà; ingiustizia manifesta.

La domanda cautelare, proposta con istanza di emissione di misura monocratica, è stata radicata, oltre che sulla fondatezza in diritto del ricorso, sul pregiudizio costituito dal fatto che “la cauzione provvisoria risulta prestata nella forma “a prima richiesta” (…) Quindi, ove non venisse sospesa l’efficacia del provvedimento che ne ha disposto l’incameramento, la fideiussione verrebbe escussa per l’intero importo garantito” (cfr. pag. 11).

Con decreto presidenziale n. 303 dell’1.4.2010 l’istanza di sospensione è stata accolta “limitatamente all’escussione della cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorità per la Vigilanza dei Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture”, rilevandosi che “ai fini della necessaria tutela cautelare sussistono solo in parte i presupposti dell’estrema gravità ed urgenza previsti dalla disposizione suindicata, in ragione del fatto che il calendario delle udienze della sezione competente non consente il tempestivo esame della domanda di sospensione cautelare contenuta nel ricorso”, pertanto rinviandosi ogni successiva decisione alla Camera di Consiglio del 14.4.2010.

Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Milano (6.4.2010), che nella memoria depositata il 13.4.2010 ha opposto:

– che “l’Amministrazione, dovendo portare a termine l’accertamento richiesto dalla normativa vigente, pur ribadendo la perentorietà del termine assegnato con nota del 15.1.2010, con nota del 15.2.2010 n. prot. 6825 (…) assegnava un ulteriore termine di 10 giorni alla ricorrente per produrre la documentazione ancora mancante” (cfr. pag. 4);

– che “la ricorrente dava riscontro con due distinte note del 23.2.2010”, ma che “a distanza peraltro di circa un mese dalla scadenza del termine del 25.1.2010, la ricorrente aveva dato prova di un fatturato l’importo complessivo di €. 568.733,11 (di cui per fatturato proprio €. 318.233,61 e per fatturato dell’impresa avvalitrice €. 249.479,50) comunque molto inferiore a quanto richiesto dal bando di gara” (cfr. pag. 4);

– che, con riguardo alla natura del termine di cui all’art. 48 del D.lgs. 163/2006, “va osservato che, nonostante le isolate pronunce richiamate da controparte, l’orientamento consolidato della giurisprudenza e della dottrina, avallato dall’interpretazione seguita dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici nei propri pareri e determinazioni, è nel senso della perentorietà e improrogabilità del termine rinvenibile sia nella specifica finalità perseguita dalla disposizione, sia nell’esplicita previsione di sanzioni a carico del concorrente che non abbia comprovato i requisiti nel termine prescritto” (cfr. pag. 6);

– che “l’assegnazione di un ulteriore termine di 10 giorni alla ricorrente per produrre la documentazione ancora mancante trova giustificazione nel dovere della stazione appaltante di portare a termine la procedura di accertamento al fine di avere un quadro completo dell’inadempienza del concorrente proprio ai fini della segnalazione all’Autorità di vigilanza” (cfr. pagg. 10 – 11);

– che, infine, “ogni rilievo (…) alla presunta esorbitanza e non proporzionalità dell’importo fissato come fatturato minimo del triennio per attività di teleallarme dal disciplinare di gara” – rettificato dalla stazione appaltante e ridotto dagli originari €. 1.267.500,00 ad €. 760.500,00 – sarebbe infondato, “in quanto la clausola del bando avrebbe dovuto essere oggetto di immediata impugnazione in sede giurisdizionale poiché immediatamente lesiva della posizione giuridica della ricorrente” (cfr. pag. 12).

Con ordinanza n. 341 del 14.4.2010 la Sezione ha confermato la sospensione soltanto dei “provvedimenti di segnalazione all’Autorità e di incameramento della cauzione provvisoria”, rilevando che “la ricorrente ha fornito all’Amministrazione la prova del totale possesso del requisito del fatturato nel termine stabilito con la nota del 15 febbraio 2010”.

In vista dell’udienza di discussione nel merito, fissata al 29.5.2013, le parti hanno depositato le rispettive memorie e repliche.

In particolare:

– nella memoria del 13.5.2013 l’Amministrazione ha ribadito che la ricorrente risulterebbe aver provato “alla data del 2 febbraio 2010 di avere un fatturato complessivo di €. 508.512,54 su €. 760.500,00 richiesti” (cfr. pag. 2); che “non risulta nemmeno vero che nel termine del 25 febbraio 2010, stabilito dalla nota del 15 febbraio 2010, la ricorrente abbia fornito la dimostrazione del possesso integrale del requisito del fatturato per la restante parte” (cfr. pag. 3); che, infine, “stante la chiara lettera del disciplinare di gara il requisito del fatturato richiesto di €. 760.500,00 doveva essere comprovato soltanto attraverso “certificazioni (se trattasi di servizi prestati a favore di Amministrazioni o enti pubblici, rilasciati o vistati dalle Amministrazioni) o dichiarazioni (se trattasi di servizi prestati a privati)” (cfr. pag. 4);

– nella memoria del 18.5.2013 la società ricorrente ha replicato di aver “dimostrato il possesso dell’intero requisito di fatturato che era stato dichiarato nella procedura. Ciò sia con riguardo alla parte di fatturato da essa direttamente posseduto, sia con riguardo alla parte di fatturato della propria impresa ausiliaria. Tale dimostrazione risulta fornita da RICORRENTE. entro il termine assegnatole dall’Università con nota in data 15 febbraio 2010” (cfr. pag. 2); ha, inoltre, dedotto che “la contestazione sollevata dall’Università attiene dunque alle modalità con le quali l’impresa ausiliaria della società RICORRENTE. aveva documentato l’esecuzione di una parte dei servizi espletati”, tanto che “l’Università, nella nota del 18.2.2010 (…) aveva invitato la ricorrente “a trasmettere copia delle fatture relative alle dichiarazioni mancanti” (cfr. pag. 3).

All’udienza del 29 maggio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è parzialmente fondato, e va, pertanto, accolto nei limiti che seguono.

Risulta, anzitutto, incontestato tra le parti, ai sensi dell’art. 64, comma 4 del codice del processo amministrativo, che la società ricorrente, pur avendo impugnato il provvedimento di esclusione disposto dalla stazione appaltante in esito alle verifiche previste dall’art. 48 del D.lgs. 163/2006, abbia omesso di formulare censure volte ad ottenerne l’annullamento e la conseguente riammissione alla procedura di gara, palesemente mostrando di non avervi alcun interesse.

Nel presente giudizio si controverte, infatti, circa la legittimità dell’escussione della cauzione provvisoria e della segnalazione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, in merito alla cui adozione la commissione giudicatrice ha ritenuto sussistere, sull’Università di Milano, un obbligo provvedimentale, precisando che “l’ulteriore documentazione acquisita da Ricorrente europee s.r.l. (a seguito dell’istruttoria espletata dagli uffici amministrativi volta a verificare anche la veridicità delle dichiarazioni rese) dovrà essere trasmessa all’Autorità di vigilanza al fine di rappresentare nel modo più esauriente possibile il comportamento tenuto da Ricorrente europee s.r.l. nelle presente procedura di gara (note del 28 gennaio, 2 febbraio e 23 febbraio)” (cfr. verbale del 26.2.2010).

Ad avviso della ricorrente, le determinazioni contenute nel citato verbale di gara, quali presupposti dei provvedimenti impugnati, sarebbero illegittime poiché in accoglimento della richiesta di proroga (25.1.2010) del termine per produrre tutta la documentazione a comprova del possesso del requisito del fatturato triennale per gli anni 2006 – 2008, la stazione appaltante avrebbe concesso tale beneficio con nota del 15.2.2010, invitando “ad ottemperarvi tempestivamente e non oltre il 24 febbraio 2010”, entro il quale sarebbero puntualmente pervenute tutte le integrazioni (28.2.2010; 2.2.2010; 23.2.2010).

Dette integrazioni, tuttavia, sarebbero irrilevanti ad avviso dell’Amministrazione universitaria, attesa la “perentorietà e improrogabilità del termine” di 10 giorni previsto dall’art. 48 del D.lgs. 163/2006; ragione per cui “l’assegnazione di un ulteriore termine di 10 giorni alla ricorrente per produrre la documentazione ancora mancante trova giustificazione nel dovere della stazione appaltante di portare a termine la procedura di accertamento al fine di avere un quadro completo dell’inadempienza del concorrente proprio ai fini della segnalazione all’Autorità di vigilanza” (cfr. pagg. 10 – 11 memoria del 13.4.2010).

L’eccezione non coglie nel segno, per due ragioni.

In primo luogo, trova nella specie applicazione l’orientamento della giurisprudenza secondo cui “il termine di dieci giorni, indicato dal citato art. 48, comma 1 (…) che replica l’art. 10, c. 1-quater della l. 11 febbraio 1994 n. 109, estendendone la portata a tutti i contratti ad evidenza pubblica (…) sia certamente perentorio (recte, a pena d’esclusione ex lege), come ben evincesi dal tenore e dalla ratio della norma e, quindi, non è governabile a discrezione dalla stazione appaltante per quanto attiene alla durata in sé, né all’autonoma facoltà i valutazione circa la scusabilità di errori od omissioni da parte dell’impresa sorteggiata. Tale termine è certo suscettibile di proroga, ma solo con atto espresso e motivato della stazione appaltante, a fronte di un’altrettanto esplicita richiesta dell’impresa che dimostri un impedimento oggettivo e non ad essa imputabile ad adempiere e sempre che la relativa istanza sia prodotta prima della scadenza del termine stesso (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 15 giugno 2009 n. 3804; id., 13 dicembre 2010 n. 8730). Da ciò discende un duplice onere, in capo all’impresa sorteggiata ed affinché non sia ritenuta inadempiente, ossia l’oggettiva impossibilità di rispettare detto essenziale termine e la necessità di far constare tal vicenda alla stazione appaltante prima che quest’ultimo si consumi inutilmente, non potendosi prorogare un termine scaduto” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 7 marzo 2011, n. 1420).

Si tratta di una lettura ermeneutica che media tra l’esigenza di definire con celerità il subprocedimento di verifica, previsto dal citato art. 48, con la tutela del contraddittorio espressa dalla giurisprudenza comunitaria, che ha osservato come “l’esistenza di un dibattito effettivo in contraddittorio, situato in un momento utile nella procedura di esame delle offerte, tra l’amministrazione aggiudicatrice e l’offerente, affinché quest’ultimo possa provare la serietà della sua offerta, costituisce un requisito fondamentale della Direttiva 2004/18, al fine di evitare l’arbitrio dell’amministrazione aggiudicatrice e garantire una sana concorrenza tra le imprese” (cfr., Corte di Giustizia, 29 marzo 2012, n. C-599/10).

Nel caso di specie, non è contestato tra le parti che la richiesta di proroga sia stata formulata in data 25.1.2010, cioè prima che spirasse il termine di 10 giorni dall’invito della stazione appaltante (nota del 15.1.2010, ricevuta dalla ricorrente il 20.1.2010).

Né, tantomeno, è stata contestata dall’Amministrazione l’allegazione del motivato impedimento per la completa produzione documentale (“i clienti da noi contattati non hanno potuto rispondere per l’assenza degli amministratori; ci impegniamo a inviarvi copia delle attestazioni o delle fatture, comprovanti gli importi entro 10 giorni dalla presente”), in quanto – ad opinare diversamente – non si comprenderebbe la decisione della stazione appaltante di inviare la nota del 15.2.2010 con l’espresso invito “ad ottemperarvi tempestivamente e non oltre il 24 febbraio 2010” .

In secondo luogo, l’ammissibilità della produzione documentale oltre il termine di 10 giorni trova fondamento nel principio di legittimo affidamento.

Infatti, la buona fede riposta dalla società ricorrente nella comunicazione in cui l’Università degli Studi di Milano ha accordato una proroga per la trasmissione della documentazione comprovante il possesso del requisito del fatturato triennale, integra, a parere del Collegio, il presupposto dell’errore scusabile anche in caso di perentorietà del termine di 10 giorni, e ciò sulla scorta del costante insegnamento della giurisprudenza secondo cui deve ritenersi legittima la rimessione in termini tutte le volte che il comportamento ambiguo o omissivo dell’Amministrazione abbia ingenerato nell’interessato l’affidamento circa la correttezza della propria condotta (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, sez. VI, 10 gennaio 2005, n. 4; id., Sez. IV, 19 ottobre 2004, n. 6746; TAR Lombardia – Milano, sez. III, 26 luglio 2007, n. 5795).

Si tratta di un orientamento che puntualmente riflette l’evoluzione indotta, sul piano della tutela sostanziale, dalla giurisprudenza comunitaria, la quale ha fortemente valorizzato l’affidamento legittimo e incolpevole del soggetto che, in conseguenza dell’ambiguità della condotta dell’Amministrazione, abbia maturato la convinzione circa la correttezza del proprio comportamento, sino al punto da far decorrere il termine per proporre ricorso (cfr. Corte di Giustizia, 27 febbraio 2003, causa C-327/00 “Santex”).

Nella medesima pronuncia, inoltre, la Corte di Giustizia ha richiamato la disciplina di cui all’art. 22 della direttiva 93/36, in cui è previsto, in tema di prova della capacità economica e finanziaria dei partecipanti alle gare pubbliche, che “le Amministrazioni precisano, nel bando di gara o nell’invito a presentare offerte, la referenza o le referenze (…) da esse scelte, nonché le eventuali altre referenze da presentare” e che “qualora, per giustificati motivi, non sia in grado di presentare le referenze richieste dall’amministrazione, il fornitore è ammesso a provare la propria capacità economica e finanziaria mediante qualsiasi altro documento che l’Amministrazione stessa ritenga appropriato”.

I giudici comunitari hanno, quindi, statuito l’illegittimità della condotta della “autorità aggiudicatrice” che “con il suo comportamento ha creato uno stato d’incertezza in ordine all’interpretazione da dare a tale clausola e che questa incertezza è stata dissipata solo con l’adozione della decisione di esclusione”.

Detto principio si attaglia perfettamente alla fattispecie oggetto del presente giudizio.

Parimenti fondata è la censura circa l’eccesso di potere in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione per non aver valutato, nell’ambito della verifica di cui all’art. 48 del D.lgs. 163/2006, se davvero tutta la documentazione prodotta dalla società ricorrente comprovasse, o meno, il possesso del requisito del fatturato previsto dal rettificato bando di gara (€. 760.500,00).

Sul punto, il Collegio rileva che:

a) dall’esame di tutta la documentazione prodotta dalla concorrente emerge che la società RICORRENTE. s.r.l. vanterebbe un fatturato triennale di €. 319.598,61, mentre l’impresa ausiliaria (La Folgore s.r.l.) avrebbe svolto servizi analoghi a quelli oggetto di gara per €. 516.309,75: quindi, complessivamente, ben oltre la soglia prevista dalla lex specialis;

b) nei provvedimenti impugnati, e, per quanto più interessa, sia in quello emesso dal capo divisione attività legali in data 4.3.2010, sia nel verbale di gara del 26.2.2010, non vi è alcun riferimento all’esame della documentazione trasmessa, persistendo l’Amministrazione nel sostenere l’assunto – superato dall’inequivoco contenuto della nota del 15.2.2010 – della perentorietà del termine previsto dall’art. 48 del D.lgs. 163/2006;

c) le eccezioni opposte dall’Avvocatura dello Stato nella memoria del 13.5.2013, secondo cui “non risulta nemmeno vero che nel termine del 25 febbraio 2010, stabilito dalla nota del 15 febbraio 2010, la ricorrente abbia fornito la dimostrazione del possesso integrale del requisito del fatturato per la restante parte” (cfr. pag. 3) e che “stante la chiara lettera del disciplinare di gara il requisito del fatturato richiesto di €. 760.500,00 doveva essere comprovato soltanto attraverso “certificazioni (se trattasi di servizi prestati a favore di Amministrazioni o enti pubblici, rilasciati o vistati dalle Amministrazioni) o dichiarazioni (se trattasi di servizi prestati a privati)” (cfr. pag. 4), sono da ritenere inammissibili in quanto costituiscono un’integrazione giudiziale della motivazione, che non risulta ricavabile, nemmeno implicitamente, dall’analisi dei provvedimenti impugnati (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 ottobre 2012, n. 5257).

Difetta, inoltre, il presupposto, pure elaborato dalla sentenza ora richiamata, che “i documenti dell’istruttoria offrano comunque elementi sufficienti e univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni e l’iter motivazionale posti a sostegno della determinazione assunta”, fermo restando che il primo rilievo è infondato già solo in base al calcolo aritmetico di cui al punto sub a).

In conclusione, il ricorso va accolto, nei termini sopra espressi, disponendosi l’eventuale restituzione della cauzione escussa.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono quantificate – facendo applicazione dei parametri previsti dal D.M. 20 luglio 2012, n. 140 e del principio di determinazione omnicomprensiva elaborato dalla giurisprudenza (cfr. Corte di Cassazione, sezioni unite, 12 ottobre 2012, n. 17405) – in €. 7.500,00, oltre accessori, che l’Università degli Studi di Milano dovrà corrispondere alla società ricorrente.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi espressi in motivazione.

Condanna l’Università degli Studi di Milano al pagamento delle spese processuali, che complessivamente liquida in €. 7.500,00, oltre accessori, in favore della società ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Mariuzzo, Presidente

Dario Simeoli, Primo Referendario

Angelo Fanizza, Referendario, Estensore

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/06/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

 

 

Buona fede e possibilità di richiedere proroga termini per evitare escussione provvisoria Reviewed by on . Nel presente giudizio si controverte, infatti, circa la legittimità dell’escussione della cauzione provvisoria e della segnalazione all’Autorità di vigilanza su Nel presente giudizio si controverte, infatti, circa la legittimità dell’escussione della cauzione provvisoria e della segnalazione all’Autorità di vigilanza su Rating: 0
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