A sostegno di tale indirizzo è stato osservato che “ a fronte della clausola illegittima del bando di gara o del concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, dal momento che egli non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare. D’altra parte, ove l’esito negativo della procedura concorsuale dovesse effettivamente verificarsi, l’atto che chiude tale procedura facendo applicazione della clausola o della disposizione del bando di gara o di concorso, non opererà nel senso di rinnovare (con l’atto applicativo) una lesione già effettivamente prodottasi, ma renderà concreta ed attuale (ed in questo senso, la provocherà per la prima volta) una lesione che solo astrattamente e potenzialmente si era manifestata, ma che non aveva ancora attitudine (per mancanza del provvedimento conclusivo del procedimento) a trasformarsi in una lesione concreta ed effettiva. “ ( Ap. dec. citata).
Unica eccezione alla regola ora enunciata si ravvisa tradizionalmente quando il bando o la lettera di invito contengano clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione, giacchè in tale ipotesi la clausola impeditiva appare idonea a generare una lesione immediata, diretta ed attuale, nella situazione soggettiva dell’interessato ed a suscitare, di conseguenza, un interesse immediato alla impugnazione, dal momento che l’interesse all’impugnazione sorge al momento della lesione.
Tali criteri interpretativi sono stati di recente sottoposti a critica da una Giurisprudenza che ne auspica il completo rovesciamento in base a varie considerazioni anche di ordine sistematico: ma la questione, più volte sottoposta all’Adunanza Plenaria dalle ordinanze della VI Sezione n. 351 del 2011, n. 2633 del 2012 e n. 634 del 2013, non è sin qui stata definita funditus dal Predetto Consesso per difetto di rilevanza nei relativi giudizi.
In tale contesto di riferimento giurisprudenziale il Collegio – avuto riguardo alle peculiarità della fattispecie all’esame – ritiene doveroso dare continuità all’orientamento tradizionale.
E’ infatti ben vero – come sostengono gli appellati – che le clausole concernenti la valutazione dell’offerta e della sua eventuale anomalia possono in teoria precludere la partecipazione di un concorrente in buona fede: ma ciò accade soltanto in ipotesi liminari, in quelle ipotesi cioè in cui la legge speciale detta regole che veramente impediscono la formulazione della offerta, perchè ad esempio incomprensibili o inconferenti rispetto all’oggetto dell’appalto.
Per il resto, con rifermento alle prescrizioni del bando che condizionano anche indirettamente la formulazione dell’offerta economica, deve ribadirsi che l’effetto lesivo per la situazione del partecipante al procedimento concorsuale si verifica con l’esito negativo della procedura concorsuale o con la dichiarazione di anomalia dell’offerta, dal momento che è solo il concreto procedimento negativo a rendere certa la lesione ed a trasformare l’astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una ragione di illegittimità concreta ed effettivamente rilevante per l’interessato.
In tali ipotesi, come autorevolmente e testualmente osservato nella decisione più volte citata, è il concreto svolgimento della gara e delle relative operazioni, nonché l’adozione delle valutazioni all’uopo necessarie, a produrre l’effetto lesivo ricollegabile all’astratta previsione contenuta nel bando: devono pertanto ritenersi impugnabili unitamente all’atto applicativo, le clausole riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell’impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell’offerta, i criteri di valutazione delle prove concorsuali, i criteri di determinazione delle soglie di anomalie dell’offerta, nonché le clausole che precisano l’esclusione automatica dell’offerta anomala.
a cura di Sonia Lazzini
passaggio tratto dalla decisione numero 27 del 19 gennaio 2015 pronunciata dal Consiglio Di Giustizia Amministrativa Per La Regione Siciliana
N. 00027/2015REG.PROV.COLL.
N. 00239/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 239 del 2014, proposto da:
L’Operosa Società Coop. A R.L., rappresentata e difesa dagli Avv. Silvia Marzot, Mario Corso, con domicilio eletto presso il secondo,in Palermo, corso C. Finocchiaro Aprile n.. 45;
contro
Sac – Società Aeroporto di Catania, rappresentata e difesa dall’Avv. Nicola Seminara, con domicilio eletto presso Alessandra Allotta in Palermo, via Trentacoste n. 89;
Pfe S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Agatino Cariola, Umberto Ilardo, con domicilio eletto presso Nino Bullaro in Palermo, via Leonardo Da Vinci n. 94;
Pulitori e Affini S.p.A. non costituita;
nei confronti di
Meridional S.p.A., non costituita;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA – SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE III n. 00210/2014;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sac – Societa’ Aeroporto di Catania e di Pfe S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2014 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti gli avvocati P. Corso su delega di S. Marzot, P. Stallone su delega di N. Seminara e G. Immordino su delega di U. Ilardo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Società di gestione dell’aeroporto di Catania –S.A.C. ha bandito nell’agosto del 2011 una gara per l’affidamento, in base al metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di pulizia e di raccolta, riordino e manutenzione carrelli portabagagli per la durata di trentasei mesi.
All’esito della selezione è risultata aggiudicataria la s.p.a. PFE mentre la soc. coop. a r.l. l’Operosa si è classificata al terzo posto della graduatoria di merito.
Operosa ha quindi impugnato avanti al T.A.R. Catania tutti gli atti della selezione, deducendo da un lato censure volte a dimostrare l’illegittimità dell’aggiudicazione; dall’altro volte a travolgere il bando e gli atti della commissione aggiudicatrice al fine di ottenere in via gradata il rinnovo della procedura.
Si è costituita l’aggiudicataria la quale ha proposto un ricorso incidentale escludente, deducendo che alcuni amministratori di Operosa pur essendo dotati di poteri rappresentativi non avevano prodotto le necessarie dichiarazioni sui requisiti soggettivi e che la coop. non ha indicato il CCNL applicabile ai propri dipendenti.
L’adito Tribunale con la sentenza in epigrafe indicata ha respinto il ricorso principale, senza perciò esaminare il gravame incidentale.
A sostegno del decisum il T.A.R. ha rilevato per un verso che le censure rivolte avverso l’aggiudicazione erano inammissibili per difetto di interesse, vista la posizione assunta dalla ricorrente nella graduatoria finale; per altro verso che le doglianze dedotte per contestare le previsioni del bando e l’operato della Commissione erano infondate.
La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello all’esame dalla soccombente Operosa la quale ne ha chiesto l’integrale riforma previa sospensione dell’esecutività, deducendo a tal fine sei articolatissimi motivi di gravame.
Si è costituita in resistenza la S.A.C. la quale torna peraltro ad eccepire la tardività delle censure rivolte avverso il bando.
Si è costituita PFE la quale ripropone analoga eccezione nonché le censure incidentali non esaminate dal T.A.R..
Con ordinanza n. 146 del 2014 questo Consiglio ha respinto l’istanza cautelare.
Le parti hanno depositato memorie e note di replica, insistendo nelle già rappresentate conclusioni.
All’udienza del 23 ottobre 2014 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
L’appello principale è infondato e va pertanto respinto.
Oggetto della gara in controversia, bandita dalla Società di gestione dell’aeroporto di Catania–S.A.C. in base al metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è l’affidamento del servizio di pulizia nonchè di raccolta, riordino e manutenzione carrelli portabagagli per la durata di trentasei mesi.
In primo grado l’odierna appellante Operosa, classificatasi al terzo posto della graduatoria di merito, ha contestato sia l’aggiudicazione in favore dell’appellata PFE sia, in via gradata, le previsioni del bando nonchè l’operato della Commissione al dichiarato fine strumentale di conseguire il rinnovo della procedura.
Come chiarito nelle premesse, l’adito T.A.R. Catania ha rilevato l’inammissibilità delle doglianze versate nel merito dell’aggiudicazione, attesa la posizione recessiva assunta dalla ricorrente nella graduatoria finale: tale statuizione in rito non è stata specificamente contestata dall’appellante e risulta pertanto coperta da giudicato.
Ne consegue che in questa sede si controverte esclusivamente sulla legittimità del bando e dell’operato della Commissione, restando preclusa ogni indagine in ordine alle lacune che asseritamente viziano l’offerta dell’aggiudicataria.
In tale prospettiva, occorre prendere le mosse dall’eccezione mediante la quale tanto la concessionaria quanto l’aggiudicataria deducono la tardività delle censure avverso il bando di gara proposte da Operosa solo all’esito della compiuta selezione.
L’eccezione non merita positiva considerazione.
Come è noto, la giurisprudenza amministrativa nella sua più autorevole espressione è sin qui consolidata nel ritenere che i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno, normalmente, impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato. ( cfr. Ap. n. 1 del 2003).
A sostegno di tale indirizzo è stato osservato che “ a fronte della clausola illegittima del bando di gara o del concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non è ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, dal momento che egli non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare. D’altra parte, ove l’esito negativo della procedura concorsuale dovesse effettivamente verificarsi, l’atto che chiude tale procedura facendo applicazione della clausola o della disposizione del bando di gara o di concorso, non opererà nel senso di rinnovare (con l’atto applicativo) una lesione già effettivamente prodottasi, ma renderà concreta ed attuale (ed in questo senso, la provocherà per la prima volta) una lesione che solo astrattamente e potenzialmente si era manifestata, ma che non aveva ancora attitudine (per mancanza del provvedimento conclusivo del procedimento) a trasformarsi in una lesione concreta ed effettiva. “ ( Ap. dec. citata).
Unica eccezione alla regola ora enunciata si ravvisa tradizionalmente quando il bando o la lettera di invito contengano clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione, giacchè in tale ipotesi la clausola impeditiva appare idonea a generare una lesione immediata, diretta ed attuale, nella situazione soggettiva dell’interessato ed a suscitare, di conseguenza, un interesse immediato alla impugnazione, dal momento che l’interesse all’impugnazione sorge al momento della lesione.
Tali criteri interpretativi sono stati di recente sottoposti a critica da una Giurisprudenza che ne auspica il completo rovesciamento in base a varie considerazioni anche di ordine sistematico: ma la questione, più volte sottoposta all’Adunanza Plenaria dalle ordinanze della VI Sezione n. 351 del 2011, n. 2633 del 2012 e n. 634 del 2013, non è sin qui stata definita funditus dal Predetto Consesso per difetto di rilevanza nei relativi giudizi.
In tale contesto di riferimento giurisprudenziale il Collegio – avuto riguardo alle peculiarità della fattispecie all’esame – ritiene doveroso dare continuità all’orientamento tradizionale.
E’ infatti ben vero – come sostengono gli appellati – che le clausole concernenti la valutazione dell’offerta e della sua eventuale anomalia possono in teoria precludere la partecipazione di un concorrente in buona fede: ma ciò accade soltanto in ipotesi liminari, in quelle ipotesi cioè in cui la legge speciale detta regole che veramente impediscono la formulazione della offerta, perchè ad esempio incomprensibili o inconferenti rispetto all’oggetto dell’appalto.
Per il resto, con rifermento alle prescrizioni del bando che condizionano anche indirettamente la formulazione dell’offerta economica, deve ribadirsi che l’effetto lesivo per la situazione del partecipante al procedimento concorsuale si verifica con l’esito negativo della procedura concorsuale o con la dichiarazione di anomalia dell’offerta, dal momento che è solo il concreto procedimento negativo a rendere certa la lesione ed a trasformare l’astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una ragione di illegittimità concreta ed effettivamente rilevante per l’interessato.
In tali ipotesi, come autorevolmente e testualmente osservato nella decisione più volte citata, è il concreto svolgimento della gara e delle relative operazioni, nonché l’adozione delle valutazioni all’uopo necessarie, a produrre l’effetto lesivo ricollegabile all’astratta previsione contenuta nel bando: devono pertanto ritenersi impugnabili unitamente all’atto applicativo, le clausole riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell’impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell’offerta, i criteri di valutazione delle prove concorsuali, i criteri di determinazione delle soglie di anomalie dell’offerta, nonché le clausole che precisano l’esclusione automatica dell’offerta anomala.
Ciò chiarito, con il primo motivo l’appellante deduce che il bando pur fissando criteri e sub criteri di valutazione delle offerte tecniche non precisava il rilievo ponderale attribuibile ai sub criteri, in violazione dell’art. 83 del codice appalti.
Con il secondo motivo l’appellante deduce che illegittimamente la Commissione avrebbe introdotto, nella seduta riservata del 1.12.2011, nuovi sub criteri di valutazione non contemplati nel disciplinare.
I mezzi, che vanno unitariamente scrutinati attesa la reciproca interconnessione, non sono fondati.
Come chiarito dalla giurisprudenza, nelle gare d’appalto da aggiudicarsi col metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sotto il profilo funzionale si ha un “sub-criterio” ai sensi dell’art. 83 comma 4 D.L.vo n. 163 del 2006 quando la Stazione appaltante reputa opportuno valorizzare un certo aspetto tecnico posto nell’ambito di una componente tecnicamente o finanziariamente più rilevante, stabilendo che lo stesso debba essere specificamente retribuito in modo autonomo, attraverso la riserva di una certa quota parte del punteggio previsto per la relativa voce, con la precisazione che perché vi sia un “sub-criterio” è necessario che sia previsto anche un corrispondente “sub-punteggio” specifico, che non sia possibile attribuire ad altro titolo.
Al contrario si ha un “criterio motivazionale” quando la Commissione deputata alla valutazione delle offerte ritenga opportuno specificare in via preliminare le linee della propria futura azione indicando i profili che riterrà meritevoli.
In sostanza, il criterio motivazionale è una dichiarazione di intenti circa l’orientamento futuro della discrezionalità tecnica della Commissione aggiudicatrice, che diventa procedimentalmente rilevante ai fini della successiva verifica della logicità, della ragionevolezza, della coerenza e della congruità dei giudizi tecnici ma che non tocca la struttura del punteggio teoricamente attribuibile ( cfr. ad es. IV Sez. n. 749 del 2014).
Nel caso in esame, come ben posto in luce dalla sentenza impugnata, il disciplinare individuava esattamente il punteggio minimo e massimo conferibile in relazione a ciascun criterio o sub criterio di valutazione, con ciò soddisfacendo il precetto ritraibile appunto dall’art. 83 comma 4 del codice appalti.
Ai sensi di tale normativa, infatti, spetta al bando di determinare ex ante non solo i criteri ed i sub-criteri di valutazione, ma anche i sub-punteggi attribuibili nell’ambito di ciascun un sub-criterio.
Quanto all’operato della Commissione aggiudicatrice, deve rilevarsi che tale Organo nella seduta del 1.12.2011 non ha affatto introdotto un terzo livello di nuove voci o criteri di valutazione della qualità delle offerte tecniche – come pretende Operosa – ma ha più semplicemente auto-limitato ex ante la propria discrezionalità valutativa.
Come precisato dalla consolidata giurisprudenza, l’art. 83 del codice appalti esclude che la Commissione aggiudicatrice possa modificare i criteri di valutazione delle offerte dettati dal bando ma consente che la Commissione stessa fissi la metodologia di attribuzione dei punteggi per rendere più trasparente il proprio apprezzamento, proprio a garanzia della par condicio dei concorrenti. ( ad es. V Sez. n. 1255 del 2011).
I mezzi in rassegna vanno pertanto respinti.
Con il terzo motivo di impugnazione l’appellante rileva che dai verbali della Commissione non si traggono indicazioni circa le modalità concrete di conservazione, nel corso della procedura, delle buste contenenti le offerte tecniche, con conseguente detrimento dell’ineludibile esigenza di segretezza delle stesse.
Il mezzo va disatteso.
Come è noto sulla questione ora in rassegna si è nel tempo registrato un contrasto giurisprudenziale.
Infatti, secondo un primo orientamento – al quale ovviamente aderisce l’appellante con analitici richiami giurisprudenziali – sarebbe in sintesi sufficiente che dalle risultanze processuali emerga che, per inosservanza di norme precauzionali, la documentazione di gara sia rimasta esposta al rischio di manomissione per ritenere invalide le operazioni di gara, senza che a carico dell’interessato possa configurarsi un onere di provare un concreto evento di danno, essendo sufficiente, quindi, la sola esposizione al rischio di manomissione della documentazione per ritenere invalide le operazioni di gara. ( cfr. per tutte V Sez. n. 1617 del 2011).
L’altro orientamento reputa invece che la mancata emersione dagli atti di gara dell’osservanza delle necessarie cautele conservative assume solo un ruolo indiziario rispetto alla dimostrazione di elementi che facciano dubitare della c.d. genuinità dei plichi, occorrendo comunque provare che vi sia stata una violazione dell’integrità e segretezza dei plichi. ( cfr. per tutte V Sez. n.1094 del 2011).
In epoca successiva alla proposizione dell’appello il contrasto è stato composto dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la quale ha statuito che “Nelle gare d’appalto, e in assenza di specifiche regole procedimentali a livello di disciplina generale, non può essere elevato di per sé a vizio del procedimento (nel profilo della violazione di legge) l’omessa indicazione nel verbale di operazioni singolarmente prese in considerazioni quali, a titolo di esemplificazione, l’identificazione del soggetto responsabile della custodia dei plichi, ovvero il luogo di custodia dei plichi stessi, nel tempo che separa ogni seduta dalla successiva, tenendo presente che ogni contestazione del concorrente volta ad ipotizzare una possibile manomissione, o esposizione a manomissione dei plichi, idonea ad introdurre vulnus alla regolarità del procedimento di selezione del contraente non può trovare sostegno nel solo dato formale delle indicazioni che si rinvengono nel verbale redatto per ogni adunanza della commissione preposta all’esame delle offerte, ma deve essere suffragata da circostanze ed elementi che, su un piano di effettività e di efficienza causale, abbiano inciso sulla c.d. genuinità dell’offerta, che va preservata in corso di gara.” ( cfr. Ap. n. 8 del 2014).
Dal momento che nel caso all’esame Operosa non offre principi di prova circa una ipotizzabile manomissione dei plichi il mezzo va pertanto respinto.
Con il quarto motivo l’appellante deduce la violazione dell’art. 78 comma 2 del codice appalti, rilevando che la Commissione ha attribuito i punteggi alle singole offerte tecniche solo dopo un esame complessivo delle stesse.
Il mezzo è infondato in punto di fatto.
Come infatti risulta dagli atti e come del resto chiarito dalla sentenza gravata, nella seduta precedente l’apertura delle offerte economiche la Commissione ha verbalizzato i punteggi attribuiti alle offerte tecniche nelle varie sedute.
Tale modus operandi non costituisce vizio della procedura avendo la giurisprudenza chiarito che la verbalizzazione successiva allo svolgersi delle sedute, è del tutto ammissibile purché – come nel caso all’esame- sopraggiunga in tempi idonei ad evitare la insorgenza di errori o omissioni nella ricostruzione dei fatti (cfr. V Sez. n. 1507 del 2010).
Peraltro il mezzo in rassegna esibisce, come eccepiscono le controparti, anche motivi di inammissibilità per concreto difetto di interesse, in quanto la valutazione dell’offerta tecnica di Operosa è stata del tutto elogiativa avendo la stessa conseguito 57 punti su 60 disponibili ( e cioè il massimo su tutti i sub criteri tranne uno) laddove l’aggiudicataria ha conseguito solo 53 punti complessivi.
Con il quinto motivo l’appellante deduce che illegittimamente il bando configura come elementi di valutazione delle offerte le certificazioni di qualità possedute dalle imprese concorrenti, certificazioni le quali invece costituiscono requisiti soggettivi di ammissione alla procedura.
Il mezzo, come eccepito dalle appellate, è per la verità inammissibile per difetto di interesse in quanto Operosa ha esibito tutte le certificazioni aziendali
previste dal bando in relazione al criterio 4 ed ha perciò ottenuto il punteggio massimo ( 10/10) ivi previsto: pertanto l’appellante non può dolersi di una regola che in sostanza non le ha arrecato alcun danno ma solo vantaggi.
Nel merito peraltro il mezzo risulta non fondato.
In sintesi, è vero che in generale costituisce principio regolatore delle gare pubbliche il divieto di commistione fra i criteri soggettivi di pre-qualificazione e quelli oggettivi afferenti alla valutazione dell’offerta ai fini dell’aggiudicazione, criterio derivante dall’esigenza di premiare le offerte più competitive.
Purtuttavia, come è stato osservato, il filo che separa il canone oggettivo di valutazione dell’offerta ed il requisito soggettivo del competitore è particolarmente sottile, stante la potenziale idoneità dei profili di organizzazione soggettiva a riverberarsi sull’affidabilità e sull’efficienza dell’offerta e, quindi, della prestazione.
Sussistono cioè ipotesi in cui la regola generale recede, allorchè la lex specialis valorizzi non già i requisiti soggettivi in sé intesi bensì quei profili soggettivi diretti a riverberarsi in modo specifico sull’espletamento dell’attività appaltata, con riferimento precipuo alle caratteristiche del personale e delle attrezzature da adibire alle prestazioni interessate dell’appalto. ( cfr. V Sez. n. 5105 del 2009).
Applicando dette coordinate al caso di specie e tenendo presente in particolare la graduazione dei punteggi previsti dal disciplinare, deve ritenersi che la lex specialis ha legittimamente attribuito rilevanza, in sede di valutazione dell’offerta tecnica, non ai requisiti soggettivi in sé considerati ma al potenziale grado di incidenza di determinati aspetti della organizzazione aziendale sull’espletamento dei servizi da affidare.
Con l’ultimo motivo Operosa torna a dedurre la violazione dell’art. 72 codice e dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento in quanto la commissione di gara non avrebbe reso pubblici i chiarimenti forniti alla cooperativa su sua espressa richiesta: ciò lascia infatti presumere che siano rimasti riservati i chiarimenti che potrebbero essere stati resi dalla stazione appaltante in esito a eventuali richieste di altri concorrenti.
Il mezzo è sostanzialmente inammissibile.
In primo luogo, come ben posto in luce dal T.A.R. sull’aspetto più rilevante della questione in rassegna, Operosa non ha fornito alcun principio di prova dal quale presumere che anche altre imprese abbiano richiesto effettivamente chiarimenti alla amministrazione ricevendone risposte non divulgate agli altri concorrenti: la censura, quindi, resta quindi del tutto generica.
Per il resto, la circostanza che la risposta al quesito formulato dalla ricorrente non sia stata pubblicata nel sito della stazione appaltante può – a tutto voler concedere – aver recato vantaggio e non danno ad Operosa, la quale quindi difetta di interesse a dedurre una violazione dei principi di trasparenza che potrebbe aver danneggiato le imprese rivali.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono l’appello principale va pertanto respinto con integrale conferma della gravata sentenza.
L’esame dell’ appello incidentale resta pertanto assorbito.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in via forfettaria nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento di euro 3.000,00 oltre accessori in favore della S.A.C. s.p.a. e euro 3.000,00 oltre accessori in favore di PFE s.p.a., per le spese e gli onorari di questo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente
Antonino Anastasi, Consigliere, Estensore
Gabriele Carlotti, Consigliere
Giuseppe Barone, Consigliere
Alessandro Corbino, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)