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Art. 38 comma 2 introduce precetto autonomo valevole anche se non recepito espressamente

Gennaio 28, 2014 9:52 am by: Category: 2. Cauzioni Leave a comment A+ / A-
Con il quarto motivo l’istante deduce che il disciplinare di gara non richiama l’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, contesta la tesi della stazione appaltante secondo cui sarebbe onere di ogni concorrente, nei casi di incertezza, rendere la dichiarazione sostitutiva previa visura presso il casellario giudiziale, si richiama alla tassatività delle cause di esclusione e sostiene che l’Amministrazione avrebbe confuso la necessità del possesso dei requisiti di partecipazione con la sussistenza di precedenti penali irrilevanti.I rilievi sono infondati.

Pur in assenza di comminatoria nella lex specialis di gara, stante l’eterointegrazione di quest’ultima con la suddetta norma di legge l’inosservanza dell’obbligo di rendere al momento della presentazione dell’offerta le dichiarazioni prescritte dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 comporta l’esclusione del concorrente (Cons. Stato, III, 2.7.2013, n. 3550; TAR Sicilia, Palermo, III, 17.10.2012, n. 2050). Invero il citato art. 38 comma 2 introduce un precetto autonomo, valevole anche nel caso in cui il bando non lo recepisca espressamente o non ne presidi l’osservanza prevedendo l’estromissione dalla gara.

L’onere di visionare la banca dati del casellario giudiziale, cui fa riferimento non solo il gravato atto confermativo, ma anche il facsimile di dichiarazione sostitutiva allegato al disciplinare di gara, rappresenta un obbligo di diligenza a carico di chi, come il soggetto interessato, era comunque consapevole dell’illecito penale commesso; infatti l’U.S.L. aveva accertato, nel sopralluogo svolto alla presenza dell’attuale vicepresidente della Banca esponente, l’inottemperanza da parte di quest’ultimo all’ordinanza contingibile e urgente a lui rivolta (documento n. 16 depositato in giudizio dal Comune), inottemperanza costituente il reato per il quale si è poi proceduto alla condanna con il decreto penale de quo.

Per il resto vale il richiamo al combinato disposto degli artt. 38 e 46 del d.lgs. n. 163/2006, sul quale il Collegio si è soffermato in sede di trattazione della prima censura.

a cura di Sonia Lazzini

passaggio tratto dalla sentenza  numero 1465 del 28 ottobre 2013 pronunciata dal Tar Toscana, Firenze

Sentenza integrale

N. 01465/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00212/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 212 del 2013, proposto da:
Banca Popolare dell’Ricorrente e del Lazio, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Tozzi e Adele D’Elia, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Firenze, via La Pira n. 21;

contro

Comune di Arezzo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Pasquini e domiciliato per legge presso la Segreteria del T.A.R. Toscana in Firenze, via Ricasoli n. 40;

nei confronti di

Cassa di Controinteressata s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Duccio Maria Traina, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Lamarmora n. 14;

per l’annullamento

– del provvedimento del 27.12.2012, n. 3474, con cui il direttore del Servizio Finanziario del Comune di Arezzo, in esito all’esame dei chiarimenti forniti dalla scrivente in data 14.12.2012, ha determinato di annullare, in via di autotutela, il provvedimento n. 2942 del 22.11.2012 di aggiudicazione del servizio di tesoreria comunale a Banca Ricorrente Soc. Coop.;

– del provvedimento del 24.1.2013, n. 9322 con cui, in riferimento al preavviso di ricorso, la stazione appaltante ha confermato il provvedimento n. 3474 del 27.12.2012;

– di ogni altro atto connesso.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Arezzo e di Cassa di Controinteressata s.p.a.;

Viste le memorie difensive delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 settembre 2013 il dott. Gianluca Bellucci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La Banca Popolare dell’Ricorrente e del Lazio società cooperativa, ad esito della procedura selettiva per l’affidamento in concessione del servizio di tesoreria del Comune di Arezzo, è stata dichiarata aggiudicataria in forza di provvedimento del 22.11.2012. Tra i documenti da essa presentati vi era la dichiarazione sostitutiva del vicepresidente attestante l’inesistenza di sentenze di condanna passate in giudicato o di decreti penali di condanna irrevocabili (documento n. 14 depositato in giudizio).

Successivamente il direttore del servizio finanziario del Comune di Arezzo, con nota del 10.12.2012, ha evidenziato che il vicepresidente della società istante risultava, stando alla banca dati del casellario giudiziale, destinatario di decreto penale di condanna esecutivo, per violazione dell’art. 650 c.p., diversamente da quanto dichiarato in sede di gara, ed ha quindi invitato la ricorrente a documentare eventuali circostanze giustificanti l’omessa attestazione della predetta condanna (documento n. 2 depositato in giudizio).

La Banca istante, con missiva del 13.12.2012, ha replicato che il citato vicepresidente non era mai venuto a conoscenza della pronuncia del giudice penale, ed ha manifestato l’intendimento di chiedere la remissione in termini ai fini dell’opposizione alla pronuncia stessa e di valutare la possibilità di presentare domanda di oblazione ex art. 162 bis c.p. (documento n. 3).

L’Amministrazione, ritenuto di non accogliere le osservazioni dell’interessata e vista l’assenza di un accertamento giudiziale circa il prospettato difetto di notifica del decreto di condanna, con provvedimento del 27.12.2012 ha annullato, in autotutela, l’aggiudicazione, dando atto della prosecuzione del servizio da parte dell’attuale concessionaria Cassa di Controinteressata s.p.a..

Il Comune ha confermato il suddetto provvedimento con atto del 24.1.2013, evidenziando l’onere di ciascun concorrente di rendere la dichiarazione sostitutiva previa visura presso l’ufficio del casellario giudiziale.

Avverso tali determinazioni la ricorrente è insorta deducendo:

1) Sussistenza dei requisiti di legge; eccesso di potere per irragionevolezza.

E’ irrilevante l’omessa dichiarazione del precedente penale in questione, essendo il medesimo costituito da reato non incidente sulla moralità professionale.

2) Eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà.

Con il preavviso di ricorso l’istante ha avvisato la stazione appaltante circa la richiesta di remissione in termini rivolta al giudice penale (remissione che presuppone l’accertamento del difetto di notifica del decreto in argomento), e tuttavia il Comune non ha atteso la pronuncia giudiziale.

3) Violazione dell’art. 46, commi 1 e 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006.

In base al principio di tassatività delle cause di esclusione, recepito dalla predetta norma, le prescrizioni del bando non possono introdurre cause di esclusione più stringenti di quelle previste dal legislatore; il citato art. 46, inoltre, ammette la possibilità di regolarizzare la documentazione di gara e quindi impone alla stazione appaltante, in casi come quello in esame (nel quale rileva un’irregolarità sanabile), di non disporre l’esclusione dal procedimento selettivo; la causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c, del d.lgs. n. 163/2006 è tassativa e non può prescindere dalla valutazione di gravità del fatto.

4) Quanto al contestato provvedimento confermativo: violazione della lex specialis di gara; affermazione perplessa; violazione dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006; travisamento.

Il disciplinare di gara non fa riferimento all’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, con la conseguenza che appare infondata la tesi espressa nel suddetto provvedimento, secondo cui la documentazione di gara contempla l’obbligo di dichiarare, in applicazione dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, tutte le condanne penali, indipendentemente dalla connessione con il requisito della moralità professionale. La ricorrente non si è mai trovata in una situazione di incertezza in ordine alla sussistenza di carichi penali tale da porre l’onere di effettuare una visura presso la banca dati del casellario. La stazione appaltante confonde il possesso dei requisiti di partecipazione alla gara con la sussistenza di precedenti irrilevanti.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Arezzo e la controinteressata Cassa di Controinteressata s.p.a..

Con ordinanza n. 129 del 20.2.2013 è stata respinta l’istanza cautelare.

L’appello cautelare è stato accolto dal Consiglio di Stato, con pronuncia n. 1807 del 17 maggio 2013, ai soli fini della sollecita trattazione della causa nel merito, ferma restando nelle more l’efficacia dell’impugnato provvedimento.

All’udienza del 25 settembre 2013 la causa è stata posta in decisione.

 

DIRITTO

Con la prima censura la ricorrente deduce che l’amministrazione non può esimersi dalla valutazione dell’illecito cui fa riferimento il decreto penale di condanna, e quindi non può escludere il concorrente dalla gara per il solo fatto di non avere dichiarato tutte le condanne penali; aggiunge che l’omissione assunta a motivo dei provvedimenti impugnati non è tale da determinare il difetto dei requisiti previsti dalla legge, e che, comunque, non è consentito dall’ordinamento vigente l’introduzione, nel bando, di cause di esclusione o di obblighi di dichiarazione più stringenti di quelli previsti dall’art. 38, comma 1, lett. c, del d.lgs. n. 163/2006.

I rilievi sono infondati.

L’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, richiamato dalla contestata determinazione datata 24.1.2013, impone a ciascun concorrente di indicare tutte le condanne penali riportate; la suddetta norma muove evidentemente dalla necessità di presentare dichiarazioni complete e fedeli.

Invero, nelle procedure di evidenza pubblica la completezza della dichiarazione prevista dal citato art. 38 comma 2 costituisce di per sé un valore da tutelare, in quanto consente la celere e consapevole decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara e in quanto, comunque, una dichiarazione incompleta è lesiva degli interessi tutelati dalla norma, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla selezione (Cons. Stato, III, 16.3.2012, n. 1471).

L’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006, pur circoscrivendo le ipotesi di esclusione dalla gara, non può venire in soccorso al concorrente che non abbia adempiuto all’obbligo di rendere la dichiarazione prescritta dall’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, giacchè il citato art. 46 comma 1 bis legittima l’estromissione dal procedimento selettivo sia qualora una norma di legge o di regolamento la commini espressamente, sia qualora la norma di legge (nella fattispecie in esame costituita dall’art. 38 comma 2) imponga adempimenti doverosi pur senza prevedere espressamente l’esclusione (Cons. Stato, III, 16.3.2012, n. 1471).

In definitiva, la mancata dichiarazione di sentenze penali di condanna, ancorchè relative a reati non incidenti sulla moralità professionale, costituisce una causa autonoma di esclusione dalla gara, a prescindere dalle prescrizioni contenute al riguardo nel bando, stante la statuizione di cui al combinato disposto dell’art. 38, comma 2, e dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006 (TAR Basilicata, I, 15.9.2011, n. 472).

Depone in tal senso anche l’art. 75 del d.p.r. n. 445/2000, richiamato dall’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, in base al quale la non veridicità della dichiarazione sostitutiva comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti (e quindi l’esclusione dalla gara), senza che tale norma, la cui applicazione prescinde dalla condizione soggettiva del dichiarante e dalle giustificazioni da lui addotte, lasci alcun margine di discrezionalità all’Amministrazione (Cons. Stato, V, 27.4.2012, n. 2447; TAR Toscana, II, 9.5.2013, n. 782).

Del resto la parte istante è stata resa preventivamente edotta della necessità di attestare le eventuali condanne subite, giacchè il facsimile di dichiarazione sostitutiva costituente l’allegato n. 3 del disciplinare di gara prevede espressamente l’indicazione, da parte dell’interessato, di tutti i provvedimenti di condanna, compresi i decreti penali irrevocabili.

Né la stazione appaltante avrebbe potuto concedere alla ricorrente la rimessione dei termini necessari per chiedere ed ottenere dal giudice penale il riconoscimento del difetto di notifica del decreto penale in questione e la revoca del medesimo: rileva infatti il dato oggettivo della mancata dichiarazione della pregressa condanna, conoscibile dall’interessato attraverso la visura del casellario giudiziario, e, comunque, l’esigenza di un imparziale, ordinato e tempestivo svolgimento della selezione preclude la concessione di una irrituale rimessione in termini, la quale determinerebbe l’inosservanza delle scadenze e procedure stabilite dalla lex specialis di gara e la violazione della par condicio dei concorrenti (TAR Puglia, Bari, I, 14.1.2011, n. 59).

Con il secondo motivo l’istante sostiene che l’omissione assunta a motivo dell’annullamento dell’aggiudicazione è dipesa dalla impossibilità di conoscere il decreto penale de quo, il quale non è stato notificato al reo, non essendo sua la firma apposta sull’avviso di ricevimento della raccomandata con cui sarebbe stato inviato il decreto stesso; ciò precisato, la deducente obietta che il Comune avrebbe dovuto concedere i termini necessari ad ottenere l’accertamento giudiziale della mancata notifica.

L’assunto non è condivisibile.

La legittimità dei provvedimenti amministrativi, compresi gli atti relativi ai procedimenti selettivi di evidenza pubblica, in base al noto principio tempus regit actum deve essere apprezzata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della loro adozione (Cons. Stato, VI, 3.9.2009, n. 5195; TAR Valle d’Aosta, 20.6.2012, n. 56).

Orbene, nel caso in esame, al momento dell’adozione delle impugnate determinazioni, risultava acclarato che il decreto era stato notificato presso il domicilio della parte interessata e apparentemente sottoscritto dalla stessa, talchè il disconoscimento della firma, eccepito alla stazione appaltante, non trovava alcun riscontro oggettivo: solo dopo l’annullamento disposto in autotutela dal Comune è intervenuta l’ordinanza di restituzione in termini ai fini dell’opposizione, emessa dal g.i.p. sull’assunto della probabilità che l’istante non avesse avuto notizia del decreto di condanna (documento n. 1 depositato in giudizio in data 19.2.2013).

Valgono per il resto le considerazioni espresse dal Collegio nella parte finale della trattazione della precedente doglianza.

La terza censura si incentra sulla violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione dalla gara, come recepito dall’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006, nonché sulla violazione dell’art. 46, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, secondo cui i concorrenti possono essere ammessi a completare o chiarire il contenuto dei certificati e documenti prodotti.

Il rilievo è infondato.

Vale, come visto nella trattazione del primo motivo, il combinato disposto dell’art. 38, comma 2, e dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006.

In relazione al comma 1 dell’art. 46, invocato dalla deducente, occorre considerare che la mancata dichiarazione di un precedente penale non costituisce una irregolarità sanabile, stante il chiaro precetto dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, che pone a carico di ciascun concorrente l’onere della dichiarazione in argomento entro i termini previsti dalla lex di gara; invero la possibilità di regolarizzazioni attiene a vizi o dimenticanze di carattere meramente formale, cui non è riconducibile l’omissione di dichiarazioni imposte dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 (Cons. Stato, III, 2.7.2013, n. 3550; TAR Campania, Napoli, I, 1.3.2010, n. 1206). Pertanto nel caso di specie non è invocabile il beneficio dell’integrazione documentale ammessa dal citato art. 46 comma 1. Peraltro l’amministrazione, in sede di verifica del possesso dei requisiti ex art. 11, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006, ha invitato la ricorrente a documentare entro il 14.12.2012 la sussistenza di circostanze legittimanti l’omessa attestazione, e tuttavia la ricorrente, pur disconoscendo la firma apposta sull’avviso di ricevimento del decreto penale e preannunciando istanza di rimessione in termini da indirizzare al Tribunale penale di Arezzo, non ha potuto confutare il dato oggettivo dell’attuale esistenza della pronuncia di condanna e della sua registrazione nella banca dati del casellario giudiziale.

Con il quarto motivo l’istante deduce che il disciplinare di gara non richiama l’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006, contesta la tesi della stazione appaltante secondo cui sarebbe onere di ogni concorrente, nei casi di incertezza, rendere la dichiarazione sostitutiva previa visura presso il casellario giudiziale, si richiama alla tassatività delle cause di esclusione e sostiene che l’Amministrazione avrebbe confuso la necessità del possesso dei requisiti di partecipazione con la sussistenza di precedenti penali irrilevanti.

I rilievi sono infondati.

Pur in assenza di comminatoria nella lex specialis di gara, stante l’eterointegrazione di quest’ultima con la suddetta norma di legge l’inosservanza dell’obbligo di rendere al momento della presentazione dell’offerta le dichiarazioni prescritte dall’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 comporta l’esclusione del concorrente (Cons. Stato, III, 2.7.2013, n. 3550; TAR Sicilia, Palermo, III, 17.10.2012, n. 2050). Invero il citato art. 38 comma 2 introduce un precetto autonomo, valevole anche nel caso in cui il bando non lo recepisca espressamente o non ne presidi l’osservanza prevedendo l’estromissione dalla gara.

L’onere di visionare la banca dati del casellario giudiziale, cui fa riferimento non solo il gravato atto confermativo, ma anche il facsimile di dichiarazione sostitutiva allegato al disciplinare di gara, rappresenta un obbligo di diligenza a carico di chi, come il soggetto interessato, era comunque consapevole dell’illecito penale commesso; infatti l’U.S.L. aveva accertato, nel sopralluogo svolto alla presenza dell’attuale vicepresidente della Banca esponente, l’inottemperanza da parte di quest’ultimo all’ordinanza contingibile e urgente a lui rivolta (documento n. 16 depositato in giudizio dal Comune), inottemperanza costituente il reato per il quale si è poi proceduto alla condanna con il decreto penale de quo.

Per il resto vale il richiamo al combinato disposto degli artt. 38 e 46 del d.lgs. n. 163/2006, sul quale il Collegio si è soffermato in sede di trattazione della prima censura.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, attesa la particolarità della vicenda in esame.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2013 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Buonvino, Presidente

Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore

Alessandro Cacciari, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

 

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