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per accedere alla tutela risarcitoria occorre che vi sia una lesione che incida sul bene della vita finale

il quale funge da sostrato materiale dell'interesse legittimo e che non consente di configurare la tutela di interessi c.d. procedimentali puri, di mere aspettative o di ritardi procedimentali

Tar Campania, Napoli sentenza numero 2645 del 24 maggio 2016

Secondo la giurisprudenza prevalente, condivisa dal Collegio, il risarcimento previsto dall’ art. 2 bis, comma 1, della l. 7 agosto 1990, n. 241 deve essere ricondotto, relativamente all’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità, all’alveo proprio dell’art. 2043 c.c., (cfr. T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4334)

e, pertanto, per accedere alla tutela risarcitoria occorre che vi sia una lesione che incida sul bene della vita finale, il quale funge da sostrato materiale dell’interesse legittimo e che non consente di configurare la tutela di interessi c.d. procedimentali puri, di mere aspettative o di ritardi procedimentali (Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6407; v. inoltre in generale sulla riconducibilità della fattispecie all’art. 2043 c.c.: Cons. St., sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675; sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757; sez. V, 16 aprile 2014, n. 1860; sez. V, 13 gennaio 2014, n. 63; sez. IV, 28 maggio 2013, n. 2899; sez. IV, 7 marzo 2013, n. 1406; sez. V, 21 giugno 2013, n. 3408).

E’ dunque pregiudiziale, per l’accoglimento della domanda risarcitoria, l’accertamento della spettanza del bene della vita richiesto dall’istante.

Pertanto, solo quando il procedimento sia da concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario o se sussistano fondate ragioni per ritenere che l’interessato avrebbe dovuto ottenerlo, il solo ritardo nell’emanazione di un atto è elemento sufficiente per configurare un danno “ingiusto”, con conseguente obbligo di risarcimento (Cons. St., sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6407; sez. V, 13 gennaio 2014, n. 63).

Le conseguenze economiche derivanti dalla semplice inosservanza dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi sono state autonomamente disciplinate dalla legge, a regime, ex art. 2 bis, comma 1 bis, l. n. 241 del 1990, in via sperimentale ex art. 28, d.l. n. 69 del 2013, con norme in ogni caso non applicabili ratione temporis alla presente fattispecie, con la previsione di misure patrimoniali (d’indole sanzionatoria e struttura indennitaria predeterminata) alternative al risarcimento del danno, in quanto agganciate a presupposti e condizioni applicative completamente autonomi e diversi (Cons. St., sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6407 cit.)

riportiamo qui di seguito il testo integrale di Tar Campania, Napoli sentenza numero 2645 del 24 maggio 2016

N. 02645/2016 REG.PROV.COLL.

N. 05856/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5856 del 2011, proposto da:
Francesca ricorrente, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Romano, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Napoli, Via Toledo, n. 156;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Rosaria Palma dell’Avvocatura Regionale, con domicilio eletto la sede legale in Napoli, via S. Lucia, n. 81;

per l’annullamento

“del provvedimento acquisito al protocollo regionale n. 550731 del 13/07/2009 (2011), successivamente notificato, con riferimento al decreto dirigenziale n. 529 del 11/07/2011, di non accoglimento dell’istanza per il riconoscimento della figura di tecnico competente in acustica, presentata dall’ing. Francesca ricorrente”

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 aprile 2016 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il presente ricorso, ritualmente notificato in data 24 e 25 ottobre 2011 e depositato in data 23 novembre 2011, Francesca ricorrente ha chiesto l’annullamento “del provvedimento acquisito al protocollo regionale n. 550731 del 13/07/2009 (2011), successivamente notificato, con riferimento al decreto dirigenziale n. 529 del 11/07/2011, di non accoglimento dell’istanza per il riconoscimento della figura di tecnico competente in acustica”, presentata da ella ricorrente.

A sostegno del gravame, con quattro motivi di ricorso, sono stati dedotti vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.

Si è costituita a resistere in giudizio la Regione Campania depositando la relazione tecnica illustrativa del competente Settore prot. n. 886629 del 22 novembre 2011, deducendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone, pertanto, il rigetto.

All’udienza pubblica del 6 aprile 2016 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto, per carenza di prova.

Con il primo e secondo motivo di ricorso, che si ritiene di poter esaminare congiuntamente, sono state dedotte le seguenti censure: I violazione ed erronea applicazione della l. n. 447/95, art. 2, commi 6 e 7, del d.p.c.m. 31 marzo 1998, art. 2. Parte ricorrente lamenta di avere ampiamente dimostrato, con idonea documentazione presentata già in data 12 novembre 2009, non solo di essere in possesso del requisito minimo, ovvero del titolo di studio universitario di laurea in architettura e della conseguente iscrizione all’ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Milano (domanda n. 16525), ma anche di tutti gli ulteriori requisiti sanciti dalla legge che assume essere stata violata, e tali da garantirle una valida esperienza nel settore dell’acustica ambientale.

II Erronea ed ambigua valutazione dei requisiti prescritti dall’art. 49, commi 4-bis e 4-ter della l. n. 122/2010, che ha innovato l’art. 19 della l. n. 241/1990. Parte ricorrente lamenta l’ambiguità della motivazione della nota regionale prot. n. 550731 del 13 luglio 2011 in riferimento alla segnalazione di inizio attività prodotta da ella ricorrente in data 10 agosto 2010, con la quale, in ragione del silenzio dell’amministrazione resistente, avrebbe rappresentato di voler beneficiare della suddetta normativa, ritenendosi titolare del diritto di esercitare l’attività di tecnico competente in acustica ambientale, avendone i relativi requisiti.

I motivi sono infondati.

Occorre preliminarmente precisare che con il ricorso in epigrafe la ricorrente ha sostanzialmente impugnato sia il decreto dirigenziale n. 529 dell’11 luglio 2011 di non accoglimento dell’istanza per il riconoscimento della figura di tecnico competente in acustica, adottato nei suoi confronti dalla Giunta Regionale della Campania, Area Generale di Coordinamento Ecologia, Tutela Ambientale, Disinquinamento, Protezione civile, sia la nota prot. n. 550731 del 13 luglio 2011, che, oltre a trasmettere il suddetto decreto dirigenziale, contiene comunicazioni negative nei suoi confronti.

Il Collegio deve innanzitutto rilevare che, ai sensi dell’art. 63, comma 1, e dell’art. 64, comma 1 c.p.a. spetta al ricorrente l’onere delle prove che sono nella sua piena disponibilità (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 29 maggio 2014, n. 2782).

Invero, nel processo amministrativo, ai sensi dell’art. 64, comma 1, c.p.a., vige il principio dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 c.c., di talché il Giudice amministrativo può esercitare i suoi poteri istruttori, tra l’altro, in caso di ravvisata incompletezza dell’istruttoria, fermo restando che nessun accertamento può essere disposto a suffragio di una tesi difensiva ove la parte interessata non abbia fornito al riguardo quanto meno un principio di prova (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 13 settembre 2013, n. 4546, Consiglio di Stato, sez. IV, 14 gennaio 2013 n. 160).

Nella fattispecie oggetto di gravame la domanda di annullamento di parte ricorrente non è supportata neppure da un principio di prova che possa consentire al Collegio di operare una verifica sulle sue asserzioni, sia con riguardo alla suddetta nota che con riferimento al diniego.

Ed infatti la ricorrente si è limitata a produrre, a sostegno delle proprie ragioni, la sua domanda, assunta al protocollo comunale il 12 novembre 2009, finalizzata allo svolgimento dell’attività di tecnico competente in acustica ambientale, senza, tuttavia, produrre la documentazione allegata all’istanza stessa, documentazione necessaria, come rappresentato dalla ricorrente stessa nella medesima istanza, “allo scopo di dimostrare il possesso dei requisiti” da ella posseduti.

Nè parte ricorrente ha, altresì, prodotto l’istanza del 10 agosto 2010 con la quale assume di aver rappresentato di voler beneficiare della normativa di cui all’art. 49, commi 4-bis e 4-ter della l. n. 122/2010, che ha innovato l’art. 19 della l. n. 241/1990, ritenendosi titolare del diritto di esercitare l’attività di tecnico competente in acustica ambientale, avendone i relativi requisiti. Inoltre, in riferimento a tale istanza, non ha neppure contestato, come era sua onere, la circostanza rappresentata nella relazione tecnica illustrativa prot. n. 886629 del 22 novembre 2011 della Giunta Regionale della Campania, Area Generale di Coordinamento Ecologia, Tutela Ambientale, Disinquinamento, Protezione civile, che la suddetta nota non avrebbe neppure potuto qualificarsi quale scia, in quanto non corredata delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà di cui agli artt. 46 e 47 del d.p.r. n. 445 del 2000, così come esplicitamente prescritto dalla suddetta normativa che parte ricorrente assume apoditticamente violata.

Pertanto deve ritenersi provato quanto dedotto dalla Regione Campania e non oggetto di contestazione da parte ricorrente, ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a..

Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente ha altresì dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990, in quanto il provvedimento impugnato conterrebbe le medesime motivazioni del preavviso di rigetto e non avrebbe tenuto conto delle osservazioni dettagliate presentate da ella ricorrente, volte a dimostrare il possesso dei suoi requisiti.

Anche tale motivo è infondato.

La giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, ha chiarito che il suddetto art. 10bis, che disciplina l’istituto del cd. “preavviso di rigetto”, ha lo scopo di far conoscere alle amministrazioni, in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte in base agli esiti dell’istruttoria espletata, quelle ragioni, fattuali e giuridiche, dell’interessato che potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale, derivante, appunto, dalla ponderazione di tutti gli interessi in campo e determinando una possibile riduzione del contenzioso fra le parti; tuttavia, l’obbligo di motivazione gravante sulla P.A. a fronte delle osservazioni proposte a seguito del preavviso di rigetto non impone, ai fini della legittimità del definitivo diniego dell’istanza dell’interessato, la puntuale e analitica confutazione delle singole argomentazioni svolte dall’interessato, essendo sufficiente la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno del provvedimento finale (cfr. ex multis T.A.R. Cagliari, sez. I, 19 settembre 2014, n. 720).

La preventiva comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10- bis della legge n. 241 del 1990 non può ridursi a mero rituale formalistico, sicché, nella prospettiva del buon andamento dell’azione amministrativa, il privato non può limitarsi a denunciare la mancata o incompleta comunicazione del preavviso di rigetto, ma è anche tenuto ad allegare gli elementi, fattuali o valutativi che, se introdotti in fase procedimentale avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento.

Tuttavia, nella fattispecie oggetto di gravame, a fronte della circostanza che il provvedimento impugnato dà espressamente atto del mancato accoglimento delle osservazioni formulate dalla ricorrente, quest’ultima non ha prodotto le osservazioni presentate a seguito della comunicazione di preavviso di rigetto inviatale dall’amministrazione regionale resistente, non consentendo al Collegio di vagliare l’eventuale carenza di istruttoria da parte dell’amministrazione resistente. Al riguardo, pertanto, valgono le medesime considerazioni in ordine alla carenza di prova già rappresentate in sede di valutazione del primo e secondo motivo di ricorso.

Con il quarto e ultimo motivo di ricorso, parte ricorrente ha dedotto la violazione dell’obbligo di conclusione del procedimento in termini ragionevoli ex art. 2 della l. n. 241/1990, ed ha, conseguentemente, richiesto la condanna dell’amministrazione resistente al pagamento del danno da ritardo, ai sensi dell’art. 2 bis, comma 1, della l. 7 agosto 1990, n. 241, per il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento per cui è causa, danno che sussisterebbe, a suo avviso, indipendentemente dal contenuto del provvedimento, in quanto occorrerebbe considerare il tempo come bene della vita.

Il motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza prevalente, condivisa dal Collegio, il risarcimento previsto dall’ art. 2 bis, comma 1, della l. 7 agosto 1990, n. 241 deve essere ricondotto, relativamente all’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità, all’alveo proprio dell’art. 2043 c.c., (cfr. T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4334) e, pertanto, per accedere alla tutela risarcitoria occorre che vi sia una lesione che incida sul bene della vita finale, il quale funge da sostrato materiale dell’interesse legittimo e che non consente di configurare la tutela di interessi c.d. procedimentali puri, di mere aspettative o di ritardi procedimentali (Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6407; v. inoltre in generale sulla riconducibilità della fattispecie all’art. 2043 c.c.: Cons. St., sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675; sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757; sez. V, 16 aprile 2014, n. 1860; sez. V, 13 gennaio 2014, n. 63; sez. IV, 28 maggio 2013, n. 2899; sez. IV, 7 marzo 2013, n. 1406; sez. V, 21 giugno 2013, n. 3408).

E’ dunque pregiudiziale, per l’accoglimento della domanda risarcitoria, l’accertamento della spettanza del bene della vita richiesto dall’istante.

Pertanto, solo quando il procedimento sia da concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario o se sussistano fondate ragioni per ritenere che l’interessato avrebbe dovuto ottenerlo, il solo ritardo nell’emanazione di un atto è elemento sufficiente per configurare un danno “ingiusto”, con conseguente obbligo di risarcimento (Cons. St., sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6407; sez. V, 13 gennaio 2014, n. 63).

Le conseguenze economiche derivanti dalla semplice inosservanza dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi sono state autonomamente disciplinate dalla legge, a regime, ex art. 2 bis, comma 1 bis, l. n. 241 del 1990, in via sperimentale ex art. 28, d.l. n. 69 del 2013, con norme in ogni caso non applicabili ratione temporis alla presente fattispecie, con la previsione di misure patrimoniali (d’indole sanzionatoria e struttura indennitaria predeterminata) alternative al risarcimento del danno, in quanto agganciate a presupposti e condizioni applicative completamente autonomi e diversi (Cons. St., sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6407 cit.).

Conclusivamente, alla luce dei su illustrati motivi, il presente ricorso deve essere respinto.

Le spese, secondo la regola della soccombenza, vanno poste a carico di parte ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento di complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00) in favore di parte resistente, a titolo di spese, diritti e onorari di causa, oltre IVA e C.P.A come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF

Fabrizio D’Alessandri, Consigliere

Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 24/05/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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