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Accanto all’escussione provvisoria, anche condanna risarcimento danno alla pa per mancato contratto

L’impresa dovra’ risarcire il comune per la mancata sottoscrizione del contratto 

Al contempo, deve ritenersi fondata anche la domanda riconvenzionale notificata dal Comune di Sepino ed avente per oggetto la domanda di risarcimento del danno pari al minor prezzo percepito all’esito della seconda gara in conseguenza del rifiuto dell’originario aggiudicatario di addivenire alla stipulazione. 

Una tale differenza infatti, ai sensi del richiamato art. 11 del capitolato d’oneri, resta espressamente a carico dell’aggiudicatario inadempiente, a motivo della sua condotta scorretta ed assunta in violazione dell’obbligo di buona fede nelle trattative ex art. 1337 c.c.. 

Il rifiuto di stipulazione configura, infatti, un sostanziale recesso ingiustificato dalle trattative, con conseguente obbligo di risarcire l’affidamento leso e le mancate occasioni di guadagno che siano conseguenza immediata e diretta di una tale condotta scorretta, nella specie quantificate in via forfettaria dall’art. 11 della lex specialis di gara che il ricorrente ha formalmente accettato. 

Non può invece essere riconosciuto, a titolo risarcitorio, l’ulteriore importo che il Comune di Sepino riferisce di avere pagato quali spese per l’indizione della successiva gara, tenuto conto che tali spese trovano copertura nella cauzione provvisoria versata dal nuovo aggiudicatario anche per far fronte alle “spese di aggiudicazione”. In ogni caso le spese per la nuova gara trovano la loro naturale compensazione nell’utile ritraibile dal prezzo di vendita. 

Non può neppure essere riconosciuto, a titolo di perdita di chance, la differenza di prezzo tra quanto sarebbe stato pagato all’amministrazione in caso di aggiudicazione della prima gara da parte di altro concorrente nel 2006 (il secondo classificato aveva offerto euro 165.000,00) e quanto realizzato in sede di nuova aggiudicazione pari ad euro 150.175,00: innanzitutto è stata la stazione appaltante a scegliere di indire una nuova asta pubblica anziché disporre l’aggiudicazione in favore della seconda migliore offerta, quindi una tale voce di danno va imputata ad una scelta operativa del Comune e non è valutabile quale conseguenza immediata e diretta della condotta illecita ex art. 1223 c.c.; in ogni caso la predetta differenza di prezzo risulta già compensata ed in misura maggiore – anche con riferimento agli interessi ed alla rivalutazione – dal criterio di quantificazione forfettaria del danno contemplato dal richiamato art. 11 (differenza di prezzo tra originaria e successiva aggiudicazione). 

Quanto infine alla domanda di ristoro delle spese sostenute per predisporre la consulenza tecnica di parte nell’ambito del giudizio civile, osserva il collegio che tale tipologia di spese non concorre a definire le eventuali voci costitutive del danno ingiusto patito ma seguono il distinto regime del regolamento delle spese di giudizio. 

Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso principale deve essere respinto mentre la domanda riconvenzionale va accolta, nei limiti precisati, con conseguente condanna della ditta ricorrente al pagamento in favore del Comune di Sepino della somma di euro 10.350,00 oltre interessi e rivalutazione, in quanto debito di valore, a decorrere dal 25.6.2008, data della nuova dell’aggiudicazione, in cui si è concretizzato il pregiudizio economico subito (percezione di un minor prezzo) in conseguenza del comportamento scorretto tenuto dall’aggiudicataria. 

a cura di Sonia Lazzini 

passaggio tratto dalla  sentenza numero 476 del 10 luglio  2013  pronunciata dal Tar Molise, Campobasso

 

Sentenza integrale

N. 00476/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00321/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 321 del 2010, proposto dalla Impresa Ricorrente Ditta Individuale Vm_, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Bianchini presso il cui studio in Campobasso, P.zza Vittorio Emanuele II, 49 elegge domicilio;

contro

Comune di Sepino in persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso dall’avv. Giuliano Di Pardo presso il cui studio in Campobasso, via Berlinguer, N. 1 elegge domicilio;

per la condanna

del Comune di Sepino, accertata la esclusiva responsabilità precontrattuale del Comune di Sepino per la revoca dell’aggiudicazione dell’asta pubblica indetta per il giorno 13.11.2006 ed aggiudicata nella medesima data all’impresa ricorrente e per la mancata stipula del contratto definitivo quale conseguenza dell’illegittimo comportamento assunto dall’amministrazione:

– alla restituzione della somma di euro 9.500,00 prestata dall’ricorrente a titolo di deposito provvisorio nel novembre 2006 quale condizione imprescindibile per essere ammessi alla partecipazione all’asta, comprensiva di interessi e rivalutazione monetaria;

– al risarcimento del danno consistente nella diminuzione patrimoniale derivata dall’aver fatto legittimo affidamento sulla conclusione del contratto, danno che può quantificarsi nella somma di euro 10.000,00 che l’Ricorrente ha dovuto restituire al sig. G_ Giovanni quale doppio della caparra da questi prestata per l’acquisto del materiale legnoso;

– al risarcimento dei danni occorsi alla ditta Ricorrente e consistenti nei mancati guadagni correlativi alle altre occasioni contrattuali perdute, danni che, in quanto di difficile quantificazione, possono essere determinati dall’Ill.mo TAR adito mediante ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 c.c.;

– nonché per l’annullamento, ove occorra, ovvero per la declaratoria di illegittimità dell’eventuale provvedimento di revoca della disposta aggiudicazione della gara avente ad oggetto il materiale legnoso ritraibile dalla utilizzazione della sezione ricorrente Selva dei Cerri del Comune di Sepino in capo alla ditta Vm_.

Nonché per la condanna, chiesta in via riconvenzionale dal Comune di Sepino, al risarcimento del danno quantificato nella somma di euro 10.325,00 quale minor prezzo percepito in conseguenza della mancata stipula del contratto da parte del ricorrente primo aggiudicatario.

 

Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sepino e la domanda riconvenzionale notificata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2013 il dott. Luca Monteferrante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Il Comune di Sepino, con avviso pubblicato in data 5.10.2006 ha indetto un’asta pubblica per la vendita del materiale legnoso ritraibile dal bosco di proprietà “Selva dei cerri” sez. III, da aggiudicare con il criterio della candela vergine.

Alla procedura di gara, svoltasi il 13.11.2006, partecipavano 11 ditte tra le quali l’impresa ricorrente Vm_ che, a garanzia dell’offerta, effettuava il prescritto deposito cauzionale provvisorio di euro 9.500,00 rendendo dichiarazione di accettazione delle condizioni di gara e del capitolato.

Al termine dell’asta, il Ricorrente risultava aggiudicatario avendo offerto l’importo di euro 170.000,00. Il verbale di aggiudicazione veniva approvato con determina n. 612 del 13.11.2006 ma non seguiva la stipula del contratto ed il lotto veniva aggiudicato ad altra ditta, all’esito di nuova asta pubblica, previa revoca dell’aggiudicazione già disposta in favore della ditta Ricorrente cui il Comune di Sepino contestava, dapprima, il mancato versamento della cauzione definitiva e, successivamente, il rifiuto della stipulazione, disponendo l’incameramento della cauzione provvisoria ed intimando il pagamento della differenza di prezzo tra la prima e la seconda asta, secondo quanto previsto dall’art. 11 del capitolato.

Con atto di citazione notificato in data 29 agosto 2008 l’impresa Ricorrente ditta individuale Vm_ ha adito il Tribunale di Campobasso, rassegnando conclusioni analoghe a quelle riportate in epigrafe, deducendo la responsabilità precontrattuale del Comune di Sepino per avere, dapprima, ingenerato, attraverso l’aggiudicazione dell’asta pubblica, un legittimo affidamento circa la stipula del contratto definitivo, omettendo, successivamente, di addivenire alla stipula dello stesso nei termini prescritti dall’art. 109, comma 1, del DPR n. 554/1999, e infine, determinandosi, circa un anno dopo l’aggiudicazione, a disporre in modo illegittimo la revoca dell’aggiudicazione medesima. Contesta, in particolare, il ricorrente di non essere mai stato convocato per la stipula del contratto e di non avere mai ricevuto dal Comune richiesta della documentazione a tal fine necessaria, se non a distanza di un anno dall’aggiudicazione.

Inoltre le sue richieste per una rinegoziazione del prezzo sarebbero state sistematicamente disattese nonostante nell’arco di tempo di svolgimento del procedimento i prezzi della legna avessero registrato un calo significativo, sino a rendere antieconomica l’offerta formalizzata in sede di gara. Il carattere antieconomico della vendita era altresì aggravato da una discordanza tra lo stato dei luoghi e quanto riportato nei documenti di gara, con riferimento alla assenza di strade di accesso al lotto che avrebbe comportato un aggravio dei costi per procedere all’esbosco.

Infine, la decisione di incamerare la cauzione provvisoria sarebbe stata disposta in violazione dell’art. 5 del capitolato d’oneri, considerato che l’importo versato sarebbe ivi previsto per fronteggiare spese nella specie non sostenute dal Comune (stipula del contratto, spese di consegna, di martellata, di misurazione, di rilievi e di collaudo).

La condotta tenuta dal Comune di Sepino sarebbe stata pertanto foriera di danni, per mancate occasioni di guadagno ritraibile dalla vendita della legna, di cui l’esponente chiedeva il ristoro, oltre alla richiesta di restituzione della cauzione provvisoria illegittimamente incamerata.

Il Tribunale di Campobasso con sentenza n. 225/2010 ha declinato la giurisdizione in favore del giudice amministrativo.

Riassunta la causa innanzi al TAR Molise con il presente ricorso, l’ricorrente ha reiterato la domanda di condanna dell’amministrazione comunale al risarcimento del danno, previo accertamento dell’illegittimità del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione disposta in proprio favore.

Si è costituito in giudizio il Comune di Sepino per resistere al ricorso, eccependo che la mancata stipula del contratto di appalto sarebbe dipesa in via esclusiva dalla condotta tenuta dalla ricorrente. Il medesimo Comune proponeva domanda riconvenzionale per chiedere la condanna dell’impresa ricorrente al pagamento in proprio favore della somma di euro 10.350,00 pari al minor prezzo percepito in conseguenza del rifiuto dell’aggiudicataria di addivenire alla stipula del contratto, con conseguente necessità di indire una nuova gara che si concludeva con l’aggiudicazione ad un prezzo inferiore.

Alla pubblica udienza del 13 marzo 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso principale è infondato.

Come riferito nelle premesse in fatto, al termine dell’asta pubblica il Ricorrente rimaneva aggiudicatario avendo offerto l’importo di euro 170.000,00. Egli era ben consapevole dell’esito della gara per avervi partecipato formulando l’offerta. Il verbale di aggiudicazione veniva approvato con determina n. 612 del 13.11.2006.

A mente dell’art. 10 del capitolato d’oneri l’impresa aggiudicataria, entro 10 giorni dall’aggiudicazione, era tenuta a presentare un ulteriore deposito cauzionale pari al 10% dell’importo contrattuale ai fini della stipula del contratto ma il Ricorrente ometteva di provvedere.

Con nota prot. 1108 del 20.2.2007 il Comune sollecitava l’aggiudicatario a prestare la cauzione al fine di procedere alla stipula del contratto, pena la revoca della aggiudicazione ai sensi dell’art. 11 del capitolato (cfr. doc. 6 in fascicolo Comune di Sepino).

Poiché il Ricorrente ometteva di provvedere, il Comune con nota prot. 6509 del 15.10.2007 comunicava l’avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione con contestuale incameramento del deposito di euro 9.500,00 prestato a garanzia dell’offerta (cfr. doc. 7 in fascicolo Comune di Sepino).

L’ricorrente faceva allora pervenire solo in data 22.10.2007, ad un anno dalla aggiudicazione, la polizza fideiussoria richiesta ai sensi dell’art. 10 del capitolato d’oneri (cfr. doc. 10 in fascicolo Comune di Sepino).

La successiva fase di sottoscrizione del contratto non poteva tuttavia perfezionarsi a causa dei rinvii chiesti dal Ricorrente che, nel frattempo, con nota prot. 513 del 22.1.2008, faceva pervenire un’istanza di “transazione”, assumendo la non economicità dell’affare (cfr. doc. 9 in fascicolo Comune di Sepino).

Con ultima nota AR del 23.1.2008 il Comune di Sepino tornava a sollecitare la sottoscrizione del contratto, fissando a tal fine la data del 29.1.2008 ore 16,00 ma l’aggiudicatario non si presentava (cfr. doc. 10 in fascicolo Comune di Sepino).

Nel frattempo il ricorrente notificava due richieste di risarcimento danni (il 7.3.2008 ed il 15.5.2008), a suo dire causati dalla mancata convocazione per la stipula del contratto d’appalto, intimando il Comune di restituire il deposito cauzionale prestato in sede di gara per un importo di euro 9.500,00 (cfr. doc. 11 e 12 in fascicolo Comune di Sepino).

Il Comune riscontrava siffatte diffide e confermava l’incameramento del deposito cauzionale (cfr. doc. 13), revocava l’aggiudicazione e, con determina n. 261 del 22.5.2008 (cfr. doc. 14), indiceva una nuova gara il cui esito veniva comunicato al Ricorrente con nota prot. 4918 del 4.7.2008 con cui si confermava l’incameramento del deposito provvisorio eseguito in sede di partecipazione alla gara e si chiedeva altresì il versamento della somma di euro 10.325,00 quale minor prezzo conseguito con la seconda aggiudicazione, differenza che, ai sensi dell’art. 11 del capitolato, resta a carico dell’aggiudicatario inadempiente (cfr. doc. 17).

Alla luce delle cronologia dei fatti come attestati dalla documentazione versata in atti, risulta che in realtà la mancata stipula del contratto è dipesa non dal Comune di Sepino ma dall’indisponibilità del ricorrente che ha, dapprima, ritardato nel prestare il deposito cauzionale posto a carico dell’aggiudicatario dall’art. 10 del capitolato d’oneri e, successivamente, non si è presentato per la sottoscrizione del contratto nonostante i solleciti formali indirizzatigli dal Comune. Ne discende che anche la revoca dell’aggiudicazione deve ritenersi legittimamente assunta e, come tale, inidonea a generare fattispecie di danno ingiusto, anche in termini di lesione del diritto di credito o di perdita di chance (con particolare riferimento al contratto di vendita del legname che sarebbe stato stipulato con potenziali acquirenti della partita di legname) con la conseguenza che tutte le domande risarcitorie, a vario titolo avanzate dall’impresa ricorrente, devono essere respinte, non potendosi neppure imputare al Comune di Sepino alcuna condotta scorretta, in violazione dell’obbligo di buona fede ex art. 1337 c.c..

Peraltro l’indisponibilità alla conclusione del contratto da parte del ricorrente trova anche ampia e significativa giustificazione nella missiva del 22.1.2008 inviata al Comune di Sepino con la quale egli chiedeva una definizione in via transattiva dell’operazione, ritenendo l’aggiudicazione non conveniente. Non era dunque il Comune di Sepino a nutrire motivi di riserva circa il perfezionamento dell’appalto quanto piuttosto il ricorrente, a causa del prezzo di aggiudicazione ritenuto eccessivamente alto, adducendo peraltro pretese “divergenze tra quanto indicato nel piano di taglio e quanto riscontrato sul posto” (con riferimento alle strade di accesso allo lotto boschivo), giuridicamente irrilevanti, avendo egli dichiarato, in sede di predisposizione della domanda di partecipazione, di “essersi recato sul luogo del taglio ed avere preso visione delle condizioni locali, delle circostanza generali e particolari relative all’utilizzazione…” (cfr. doc. 3 in fascicolo Comune di Sepino). Anche la richiesta di rinegoziare il prezzo non poteva essere presa in alcun considerazione dal Comune di Sepino, stante il chiaro tenore del capitolato d’oneri per cui “L’aggiudicatario non potrà mai pretendere diminuzione di prezzo per qualsiasi ragione”.

A fronte del rifiuto ingiustificato dell’aggiudicatario di addivenire alla stipulazione, il provvedimento di incameramento della cauzione deve ritenersi atto legittimo in quanto espressamente prestata a garanzia della serietà dell’offerta, ai sensi dell’art. 5 del capitolato d’oneri; il potere di disporre l’incameramento riguarda non solo l’ipotesi della mancata tempestiva prestazione del deposito cauzionale richiesto a garanzia della corretta esecuzione del contratto, come espressamente previsto dall’art. 10 del capitolato d’oneri, ma anche tutti i casi in cui non sia stato possibile addivenire alla stipulazione del contratto per fatto imputabile all’aggiudicatario, come accaduto nella presente vicenda.

Nel caso di specie l’incameramento è stato legittimamente disposto e comunicato con nota prot. 6509 del 15.10.2007, quando erano ormai decorsi ben 11 mesi dall’aggiudicazione e prima del tardivo ravvedimento del ricorrente che inviava al Comune di Sepino polizza fideiussoria, a titolo di cauzione definitiva, solo in data 22.10.2007.

La condotta del Comune di Sepino risulta dunque immune dalle censure mosse dalla ricorrente, tenuto conto che l’art. 11 del capitolato d’oneri testualmente recita: “Se l’impresa non costituirà la cauzione stabilita dal precedente art. 10 entro il termine ivi previsto [non oltre 10 giorni dall’aggiudicazione], l’Ente appaltante potrà senz’altro rescindere il contratto dandone comunicazione all’Impresa stessa mediante raccomandata con ricevuta di ritorno e disporre liberamente per una nuova gara restando a carico dell’Impresa medesima l’eventuale differenza in meno della nuova aggiudicazione, esclusa ogni differenza in più e restando inoltre incamerato il deposito provvisorio eseguito per concorrere alla gara”.

Infine non è superfluo evidenziare che l’importo di cui al deposito provvisorio, ai sensi dell’art. 5 del capitolato d’oneri, serve, in ogni caso, anche “a pagare le spese di aggiudicazione, di contratto, di consegna, di martellata, di misurazione, di rilievi e di collaudo che sono tutte a carico del deliberatario”, secondo quanto rammentato dal Comune al ricorrente con missiva prot. 4165 del 11.6.2008.

Al contempo, deve ritenersi fondata anche la domanda riconvenzionale notificata dal Comune di Sepino ed avente per oggetto la domanda di risarcimento del danno pari al minor prezzo percepito all’esito della seconda gara in conseguenza del rifiuto dell’originario aggiudicatario di addivenire alla stipulazione. Una tale differenza infatti, ai sensi del richiamato art. 11 del capitolato d’oneri, resta espressamente a carico dell’aggiudicatario inadempiente, a motivo della sua condotta scorretta ed assunta in violazione dell’obbligo di buona fede nelle trattative ex art. 1337 c.c..

Il rifiuto di stipulazione configura, infatti, un sostanziale recesso ingiustificato dalle trattative, con conseguente obbligo di risarcire l’affidamento leso e le mancate occasioni di guadagno che siano conseguenza immediata e diretta di una tale condotta scorretta, nella specie quantificate in via forfettaria dall’art. 11 della lex specialis di gara che il ricorrente ha formalmente accettato.

Non può invece essere riconosciuto, a titolo risarcitorio, l’ulteriore importo che il Comune di Sepino riferisce di avere pagato quali spese per l’indizione della successiva gara, tenuto conto che tali spese trovano copertura nella cauzione provvisoria versata dal nuovo aggiudicatario anche per far fronte alle “spese di aggiudicazione”. In ogni caso le spese per la nuova gara trovano la loro naturale compensazione nell’utile ritraibile dal prezzo di vendita.

Non può neppure essere riconosciuto, a titolo di perdita di chance, la differenza di prezzo tra quanto sarebbe stato pagato all’amministrazione in caso di aggiudicazione della prima gara da parte di altro concorrente nel 2006 (il secondo classificato aveva offerto euro 165.000,00) e quanto realizzato in sede di nuova aggiudicazione pari ad euro 150.175,00: innanzitutto è stata la stazione appaltante a scegliere di indire una nuova asta pubblica anziché disporre l’aggiudicazione in favore della seconda migliore offerta, quindi una tale voce di danno va imputata ad una scelta operativa del Comune e non è valutabile quale conseguenza immediata e diretta della condotta illecita ex art. 1223 c.c.; in ogni caso la predetta differenza di prezzo risulta già compensata ed in misura maggiore – anche con riferimento agli interessi ed alla rivalutazione – dal criterio di quantificazione forfettaria del danno contemplato dal richiamato art. 11 (differenza di prezzo tra originaria e successiva aggiudicazione).

Quanto infine alla domanda di ristoro delle spese sostenute per predisporre la consulenza tecnica di parte nell’ambito del giudizio civile, osserva il collegio che tale tipologia di spese non concorre a definire le eventuali voci costitutive del danno ingiusto patito ma seguono il distinto regime del regolamento delle spese di giudizio.

Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso principale deve essere respinto mentre la domanda riconvenzionale va accolta, nei limiti precisati, con conseguente condanna della ditta ricorrente al pagamento in favore del Comune di Sepino della somma di euro 10.350,00 oltre interessi e rivalutazione, in quanto debito di valore, a decorrere dal 25.6.2008, data della nuova dell’aggiudicazione, in cui si è concretizzato il pregiudizio economico subito (percezione di un minor prezzo) in conseguenza del comportamento scorretto tenuto dall’aggiudicataria.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

– respinge il ricorso principale;

– in accoglimento della domanda riconvenzionale, condanna la ditta ricorrente al pagamento in favore del Comune di Sepino della somma di euro 10.350,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria a decorrere dal 25.6.2008 sino al soddisfo;

– condanna l’impresa ricorrente alla rifusione in favore del Comune resistente delle spese di giudizio che si liquidano in euro 2000,00 oltre IVA e CAP e con diritto alla restituzione del contributo unificato versato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Goffredo Zaccardi, Presidente

Orazio Ciliberti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 

 

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