decisione numero 1122 del 25 febbraio 2013 pronunciata dal Consiglio di Stato
Sentenza integrale
N. 01122/2013REG.PROV.COLL.
N. 03902/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3902 del 2009, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro legale rappresentante pro-tempore, Soprintendenza Archeologica di Pompei, in persona del Soprintendente pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Impresa Controinteressata s.r.l. in proprio e nella qualità di mandataria in ATI con Controinteressata 2 s.r.l. – Gerardo Controinteressata 3, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Delfino, con domicilio eletto presso la signora Ada De Marco in Roma, piazza della Libertà, 20;
nei confronti di
Dell’alfa Costruzioni Generali s.r.l., in persona del legale rappresentante, non costituita in questo grado;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE VIII n. 1144/2009, resa tra le parti, concernente gara per esecuzione lavori e fornitura opere edili ed impiantistiche
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Impresa Controinteressata s.r.l., in proprio e nella qualità di mandataria in ATI con Controinteressata 2 s.r.l. – Gerardo Controinteressata 3 ;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Grumetto e l’avvocato Gianfranco Di Sabato, per delega dell’avvocato Alberto Delfino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza archeologica di Pompei impugnano la sentenza 27 febbraio 2009, n. 1144, con la quale, in accoglimento del ricorso proposto – dapprima dinanzi al capo dello Stato e poi trasposto in sede giurisdizionale a seguito della opposizione delle parti intimate – dalla società Controinteressata srl, in proprio e nella qualità di mandataria in ATI costituenda con le imprese Carrannante srl e Gerardo Controinteressata 3, sono stati annullati gli atti – ivi compresa l’aggiudicazione in favore della società dell’Alfa Costruzioni generali srl – della gara indetta dalla suddetta Soprintendenza per l’esecuzione dei lavori e la fornitura delle opere edili ed impiantistiche per la realizzazione di edifici destinati a locali spogliatoio e servizi igienici per il personale addetto ai servizi di vigilanza negli scavi di Pompei.
Le Amministrazioni appellanti deducono la erroneità della impugnata sentenza che, in accoglimento del ricorso di prime cure n. 2210 del 2008, ha ritenuto illegittima la partecipazione alla gara (e quindi l’aggiudicazione della stessa in favore) della società Dell’Alfa Costruzioni Generali s.r.l. disponendo l’annullamento degli atti di gara impugnati.
Assumono le Amministrazioni appellanti che quella in cui è incorsa la società Dell’Alfa Costruzioni Generali s.r.l. sarebbe al più una irregolarità documentale, stante la parziale incompletezza della dichiarazione resa dalla stessa in sede di gara a proposito del requisito di carattere generale di “non aver commesso errore grave nell’esercizio dell’attività professionale”; ad avviso delle Amministrazioni appellanti, tale incompletezza sarebbe emendabile ai sensi dell’art. 46 del d.lgs. 7 aprile 2006, n. 163, nonché in base al principio della massima partecipazione alle gare d’appalto, atteso che il concorrente aveva comunque reso, per quanto in forma generica, la dichiarazione di possedere il requisito di cui alla lettera f) dell’art. 38 del d.lgs cit.163 del 2006. Concludono le appellanti per l’accoglimento dell’appello e per l’integrale rigetto del ricorso di primo grado, in riforma della impugnata sentenza.
Si è costituita l’impresa originaria ricorrente per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.
All’udienza del 29 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è fondato e va accolto.
Anzitutto va disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame per mancata specifica deduzione dei motivi di censura. Dall’atto di appello si ricava inequivocabilmente qual sia la censura dedotta a carico della gravata sentenza, dal momento che tutto il ricorso ruota intorno alla erronea interpretazione, da parte dei giudici di primo grado, delle disposizioni del bando di gara e del codice dei contratti in materia di ammissibilità o meno della regolarizzazione o della integrazione delle dichiarazioni rese in sede di gara.
3.-Nel merito le censure d’appello meritano condivisione.
In materia di partecipazione ad appalti pubblici deve essere mantenuta una distinzione ben netta tra l’attività di mera integrazione o di specificazione di dichiarazioni già rese in sede di gara, rispetto alla distinta ipotesi della introduzione di elementi o fatti nuovi, successivamente alla data di scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte; soltanto quest’ultima attività deve ritenersi assolutamente non consentita, in quanto violativa della fondamentale regola della par condicio competitorum.
Per converso, laddove si tratti di esplicitare o di chiarire una dichiarazione o il contenuto di un atto già tempestivamente prodotto agli atti di gara, l’attività di integrazione non soltanto è consentita ma la stessa risulta dovuta, nel senso che la stazione appaltante è tenuta, in omaggio al principio di leale collaborazione codificato all’art. 46 del Codice dei contratti pubblici, a richiedere o a consentire la suddetta integrazione, in modo da rendere conforme l’offerta, anche in relazione al materiale documentale di corredo, a quanto richiesto dalla lex specialis di gara. In tal caso è il principio di massima partecipazione alle gare ad imporre tale soluzione interpretativa finalizzata a consentire un’effettiva concorrenza tra le imprese in gara.
Nel caso in esame non è dubbio che la impresa Dell’Alfa Costruzioni Generali s.r.l. aveva fin dalla data di presentazione delle offerte redatto la dichiarazione afferente la sussistenza dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del d.lgs. 7 aprile 2006, n. 163, prevedendo espressamente il caso contemplato alla lettera f) del comma 1 della predetta disposizione.
Soltanto in sede di enunciazione specifica delle singole ipotesi ivi previste, la partecipante ha omesso di dichiarare di non aver commesso alcun errore grave nell’esercizio dell’attività professionale. In realtà, tale affermazione era già contenuta nel riferimento sintetico alla sussistenza dei requisiti previsti dall’intera portata della lettera f), integralmente riportata nella suddetta dichiarazione circa il possesso dei requisiti di ordine generale. Di tal guisa, non appare contraria alle suddette regole partecipative, nè altrimenti violativa del principio della par condicio, l’attività del seggio di gara che ha chiesto alla impresa partecipante di integrare la dichiarazione già compiutamente resa con il riferimento sintetico alla citata lettera f (con tutte le ipotesi ivi contemplate) con il completamento della descrizione dei suoi contenuti con riferimento alla affermazione di”non aver mai commesso errore grave nell’esercizio dell’attività professionale”.
Non appare convincente, sul punto, la gravata sentenza che pure richiama la pacifica e condivisibile giurisprudenza sul principio di tassatività delle clausole di esclusione dalle gare pubbliche per omissioni espressamente contemplate e sanzionate dal bando di gara.
Anche nel caso di specie, non par dubbio che la lex specialis di gara (il punto 10 del bando) comminasse la sanzione della esclusione per il caso di omessa dichiarazione.
Ma è decisivo osservare che la dichiarazione sul possesso del requisito di carattere generale non era stata completamente omessa: l’impresa partecipante aveva dichiarato in sede di presentazione della domanda di non trovarsi nelle condizioni ostative di cui al comma 1, lettera f), dell’art. 38 cit., e però in sede di enunciazione delle singole fattispecie ostative (e di copiatura per esteso del contenuto della disposizione) aveva omesso – evidentemente per errore materiale- di riportare, in aggiunta alla dichiarazione di “non aver commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione di lavori affidati da questa stazione appaltante” anche l’ulteriore dichiarazione di non aver commesso “ un errore grave nell’esercizio della attività professionale”.
4.- Quanto ai motivi di primo grado rimasti assorbiti nella impugnata sentenza e specificamente riproposti in questa sede dalla originaria ricorrente, vale osservare che gli stessi non appaiono fondati e vanno pertanto respinti.
In particolare, con il ricorso di primo grado l’odierna società appellata Controinteressata srl aveva rilevato un’altra ragione di esclusione a carico dell’impresa rimasta poi aggiudicataria della gara; secondo la prospettazione della originaria ricorrente, l’aggiudicataria non avrebbe correttamente fornito le giustificazioni preventive della propria offerta, limitandosi ad indicare in modo incongruo un’analisi generica dei prezzi che concorrono a formare l’importo complessivo posto a base di gara.
Osserva il Collegio che la suindicata censura di primo grado non appare meritevole di condivisione.
E’ ben vero, anzitutto, che il punto V.3.3. del bando di gara disponeva che le offerte fin dalla presentazione dovevano essere corredate “delle giustificazioni di cui all’art. 87, comma 2, relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo posto a base di gara”, tuttavia la portata di tale previsione era chiarita dalla ulteriore previsione secondo cui “il disciplinare di gara precisa le modalità di presentazione delle giustificazioni”.
Il disciplinare stabiliva sul punto che il plico n. 3 doveva tra l’altro contenere “la lista delle categorie di lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dei lavori, messa a disposizione del concorrente completata in ogni sua parte in base alla quale è determinato il prezzo globale”. Nel prosieguo venivano poi chiarite le caratteristiche di tale lista con la precisazione delle informazioni da riportare in ciascuna colonna.
Orbene non risulta – né sul punto alcuna contestazione specifica è stata dedotta dalla originaria ricorrente – che l’offerta della Dell’Alfa Costruzioni Generali s.r.l. fosse difforme dal modello dichiarativo imposto dal disciplinare o incompleta con riguardo alle informazioni necessarie a fornire le giustificazioni della offerta.
Quanto al giudizio valutativo sull’offerta tecnica della aggiudicataria, anche sul punto la ricorrente di primo grado ha dedotto censure di incongruità del punteggio attribuito, soprattutto con riferimento all’apprezzamento manifestato dal seggio di gara in ordine alle soluzioni tecniche migliorative.
Non appare al Collegio che le valutazioni tecnico-discrezionali che hanno portato la commissione di gara a ritenere migliorative le proposte contenute nella offerta della società poi risultata aggiudicataria siano illogiche o altrimenti manifestamente incongrue.
Anzitutto, la scelta di realizzare un paramento “a faccia vista” era chiaramente funzionale a migliorare l’aspetto estetico del manufatto al fine di meglio integrarlo nel contesto circostante. Alla stessa conclusione deve pervenirsi in ordine alle soluzioni tecniche migliorative rispetto al progetto-base, rappresentate dal raddoppio degli scaldalfa previsti per i servizi e l’aumento del numero e dello spessore delle lastre di silicato di calcio in funzione antincendio.
In definitiva, anche in relazione ai suddetti profili, oggetto specifico delle censure di primo grado, il ricorso originario non accolto risulta fondato.
Pertanto, l’appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza, va respinto integralmente il ricorso di primo grado n. 2210 del 2008.
5.- La ritenuta infondatezza, in accoglimento dell’appello, del ricorso di primo grado in ordine alla piena legittimità (ritenuta da questo giudice d’appello) della partecipazione alla gara della impresa risultata aggiudicataria, implica la integrale riforma della impugnata sentenza anche nel capo che ha pronunciato il risarcimento del danno per equivalente in favore della ricorrente di primo grado.
Per quanto detto, quest’ultima non avrebbe avuto titolo, in quanto graduata in posizione non utile, per conseguire l’aggiudicazione della gara e pertanto nessuna riparazione pecuniaria per equivalente risulta dovuta in suo favore.
Le spese del doppio grado di giudizio, da liquidare unitariamente in favore delle appellanti amministrazioni che hanno assunto una difesa comune, seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n.3902/09), come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge integralmente il ricorso di primo grado n. 2210 del 2008.
Condanna l’appellata impresa Controinteressata s.r.l., in proprio e nella qualità, al pagamento delle spese e competenze del doppio grado di giudizio in favore delle Amministrazioni appellanti, che liquida unitariamente in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre iva e cpa .
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)